Lettere di pietra: l’idea di uno scultore di Villasor
Gigi Porceddu, 59 anni, utilizza le pietre di fiumePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Gigi Porceddu ha 59 anni e un prurito nell’anima. «Unu scraffingiu», per usare la sua lingua, sardo campidanese di Villasor. Per un artista come lui è lo struggimento interiore dal quale arriva l’ispirazione che gli consente di far partorire dalle pietre di fiume le sue opere. Sculture che di recente hanno attraversato mezzo mondo per essere prima esposte e poi vendute in Giappone, per raccontare solo dell’ultima sua mostra.
Lo scraffingiu de s’anima trae spunto dalla vita di tutti i giorni e da decenni lo ha portato a incidere lettere nella pietra poi spedite a presidenti del Consiglio, della Regione, della Repubblica, ai sequestratori, anche al papa o alle redazioni dei giornali sempre con il solito intento: «Far vedere le cose che sono sotto gli occhi di tutti ma che evidentemente sfuggono a chi ha potere di decidere, a chi ha ridotto la Sardegna, l’Italia, il Mondo, in questo stato: la gente ha fame, non crede nel futuro, ha ripreso a emigrare soprattutto i giovani dai paesi dell’interno».
L’ultima lettera di pietra è rimasta un’incompiuta: «Ho scritto il testo, l’ho fatto tradurre da una mia amica, Carla, in russo, volevo dire a Putin qualcosa sulla sua guerra ma soprattutto che razza di persona è ai miei occhi. Mi è stato detto che non è possibile, in questo momento, spedire una pietra a Mosca. Peccato».
Gigi Porceddu ha a cuore le sorti del Mondo, certo, «dei fratelli ucraini e dei diseredati della terra», ma soprattutto della sua Sardegna. Uno stato d’animo che ha ispirato diversi progetti artistici come i lintus e pintus, i ritratti-caricature in terracotta di personaggi, migliaia, conosciuti nei suoi viaggi in tantissimi paesi della Sardegna e che sono in cerca di un museo in un Comune che possa ospitarli: «Anche se spero possano restare nella mia Villasor».
Adesso l’ultimo progetto di Gigi Porceddu è quello dei guerrieri nuragici, già comparsi in una trentina di muri delle strade della Sardegna, Porto Cervo compreso.
Perché i guerrieri?
«Tutto è nato qualche anno fa, durante alcuni corsi pratici per i bambini. Mi sono accorto che gli alunni, ma spesso anche gli insegnanti, conoscevano poco o niente la storia della Sardegna, la gloriosa epopea nuragica. Da qui ho avvertito la necessità dio fare qualcosa per colmare questa lacuna che diventa poi una voragine nella cultura soprattutto delle future generazioni».
Sono una sorta di bronzetti-murales.
«Sì, sono realizzati in cemento, poi colorati di vede e rifiniti con una vernice a base di bronzo. I sindaci di diversi paesi mi stanno contattando, hanno richiesto i miei guerrieri nuragici. Ne sono fiero, penso che da questo piccolo seme possa attecchire qualcosa di buono».
Per esempio?
«Una maggiore conoscenza della storia della Sardegna e della nostra identità socio culturale, diversa da quella italiana».
Arte e indipendentismo?
«Sì, sono convinto che la Sardegna sia una Nazione distinta dall’Italia e che debba avere la forza di staccarsi e di sedersi al tavolo dell’Europa con una propria identità culturale e morale. Anche se purtroppo dovremmo essere noi sardi per primi a rendercene conto, invece non accade. Abbiamo perso la fierezza dei guerrieri nuragici che adesso vorrei realizzare nei muri di tutti i paesi della Sardegna per dire a tutti che la nostra Isola non è una colonia dell’Italia».
Un progetto ambizioso.
«E gratuito. Non chiedo soldi, solo ospitalità per quei tue-tre giorni necessari per realizzare i bronzetti murales. Sono già in contatto con gli amministratori di Ulassai e Orgosolo, nel Campidano ne ho già realizzato una trentina».
I guerrieri nuragici rappresentano la sua ultima sfida?
«Sì, ma parallelamente proseguono le altre strade artistiche con le pietre di fiume».
Perché ha scelto un materiale così povero e difficile?
«Scolpire il marmo ha un costo anche dal punto di vista naturalistico, vengono distrutte montagne. Le pietre di fiume si trovano negli argini o nei letti, le modella il tempo, l’acqua, l’aria, sono presenti da ere geologiche e quando io le scelgo per un’opera devo solo far partorire ciò che è dentro di loro. Mi sento una levatrice, non uno scultore. E le mani vengono guidate da su scraffingiu de s’animu».
Le pietre anninnadore hanno conquistato il Giappone.
«Sono sculture, spesso madri, che cominciano a cullare sotto la spinta del vento. Fanno la ninna nanna. È un progetto al quale sono molto affezionato ed è anche questo legato alla cultura tradizionale sarda che è matriarcale».
«Può farcela, se riuscirà ad attirare i turisti per le bellezze dell’interno e per la cultura nuragica, non solo per il mare. E se alla Regione arriveranno politici davvero innamorati di una terra unica. Per questo motivo non sono molto ottimista e non sono andato a votare alle Politiche per un Parlamento che non mi rappresenta come sardo».