Gaza, le “emozioni che soffocano” nelle immagini della vincitrice del World Press photo 2025
Si è chiusa a Palau la mostra di Samar Abu Elouf: quasi duemila visite per l’evento di Isole che parlanoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
C’è un prima e un dopo a Gaza. Un prima che, pur col cessate il fuoco di oggi, non tornerà facilmente. Il prima e il dopo di Gaza colpisce e va a segno nella mostra “Gaza When Emotions Suffocate”, della fotogiornalista palestinese Samar Abu Elouf, che si è chiusa dopo oltre un mese di esposizione al cine teatro Montiggia di Palau. Una produzione originale proposta nell’ambito della XXIX edizione del Festival Internazionale Isole che Parlano, rassegna che spazia tra la musica e la fotografia dando voci, suoni e immagini ai popoli del mondo. La mostra si è chiusa con un bilancio di 1850 visite e 810 studentesse e studenti con 68 insegnanti provenienti da diverse scuole galluresi che hanno partecipato alle visite guidate “Il suono dell’immagine” curate dal fotografo Nanni Angeli, condirettore artistico del festival e curatore della mostra che potrebbe presto essere proposta in altri centri.
Mostrare il prima e il dopo di Gaza, la vita e la morte, andare oltre le immagini delle macerie è stata una scelta ben precisa della fotogiornalista palestinese e della direzione artistica del festival. Sessanta immagini scattate tra Gaza e il Qatar (dove oggi vive Samar Abu Elouf) con un occhio privilegiato alla vita delle donne, ai giovani, ai bambini.
Il premio
La foto più nota della mostra è il ritratto di Mahmoud Aijour, un bambino di nove anni che ha subito l’amputazione di entrambe le braccia dopo essere stato ferito in un attacco (e aver perso i genitori). Uno sguardo intenso e potentissimo che comunica ancora di più della pur evidente menomazione e che nella sua delicatezza e sobrietà colpisce più di tante immagini esplicite. È la vincitrice del World Press Photo of the Year 2025. Uno scatto, si legge nelle motivazioni, “che riesce in ciò che il grande fotogiornalismo sa fare: offrire un punto d’accesso stratificato a una storia complessa”. Fa parte delle foto, esposte a Palau, tratte dal servizio pubblicato dal New York Times nel novembre 2024 con il titolo “Out of Gaza” che mostra le conseguenze più drammatiche della guerra: ritratti di persone ferite a Gaza che, pur con danni permanenti e mutilazioni invalidanti, sono riuscite a raggiungere il Qatar per ricevere cure mediche e sopravvivere.
Altrettanto potente lo scatto a colori con un gruppo di bambini che guardano al cielo terrorizzati, quello in primo piano tiene in braccio la sorellina ferita. «Questa foto – ha raccontato in un’intervista – è stata scattata il primo giorno di guerra e nel momento in cui l’ho immortalata ho capito che non sarebbe stata una foto come le altre».
Immagini di vita
Il percorso della mostra passa dalle scene di vita quotidiana prima della guerra alla distruzione. Le pentole vuote nelle mani dei bambini un tempo erano piene di cibo nei giorni della festa in mano a donne sorridenti con abiti colorati. I giovani stavano sdraiati in spiaggia come fanno in tutto il mondo e i bambini si arrampicavano sui giochi. «Ogni pezzo trasmette un sentimento, una storia, un momento di amore per la vita a Gaza. Prima della guerra le immagini incarnano l’amore per la vita semplice e i sogni che crescono nonostante anni di assedio. Durante la guerra nelle foto si vede il dolore, le urla alla ricerca della sopravvivenza della vita, una vita che non sarà mai più la stessa», scrive nella presentazione Samar Abu Elouf.
Nel dopo ci sono i medici costretti a scrivere i referti su un foglietto poggiato sul corpo del ferito a sua volta sdraiato per terra perché non ci sono più letti, i giornalisti che pregano sui corpi dei colleghi coperti dai giubbotti press. In nessuna guerra ne sono morti così tanti per testimoniare.
«L’arte – scrive ancora la fotografa - qui non è solo una forma, è un invito alla connessione umana, a comprendere ciò che sta oltre l’immagine e connettersi con le storie, le emozioni e i sentimenti delle persone immortalate». Un atto di profonda umanità e, oggi che c’è un presente incerto e un futuro da scrivere, un monito a non dimenticare Gaza.