Ci sono persone capaci di dedicare la propria vita agli altri, persone che non amano mettersi in mostra e che trascorrono ogni giorno della loro vita come una tappa di una missione per la quale sentono di essere state chiamate. Con la loro silenziosa, quotidiana e instancabile azione, contribuiscono a migliorare la vita del prossimo e quasi sempre, la loro storia, rimane sconosciuta ai più.

Chi fa il giornalista di un quotidiano spesso incappa in queste piccole-grandi storie di persone incredibili, ma non sempre i ritmi della cronaca quotidiana consentono di fermarsi a narrarle. Ma a volte il tempo è doveroso trovarlo, ed eccovi quindi la storia della “signorina Renza", l'angelo degli anziani di Carbonia, così tutti hanno sempre chiamato Renza Floris, la donna che per una vita intera si è dedicata agli anziani della città del carbone. Ricostruire la sua storia è possibile grazie alla sua famiglia, in particolare il cognato Eugenio Ledda che l’ha affiancata per anni nel suo lavoro nella storica Casa dell’anziano di via Mazzini. Una storia che pochi conoscono, forse occorrerebbe che qualcuno in città studiasse il modo di onorarne il ricordo.

Renza era nata a Bolotana il 5 luglio 1928 ed era arrivata a Carbonia nel febbraio del 1945 da dove non è più andata via sino alla sua scomparsa  avvenuta il 12 gennaio del 2013 all'età di 84 anni. «Dopo aver terminato gli studi nell'allora Avviamento professionale - racconta Eugenio Ledda - fece un apprendistato di assistente sociale  nell'Onarmo (Opera nazionale per l'assistenza religiosa e morale degli operai)  che operava sin dalla nascita di Carbonia con la presenza di  sacerdoti specializzati nell'attività religiosa per gli operai. Don Vito Sguotti era uno di questi». La famiglia ricorda bene che Renza con l'Onarmo, prima ancora che nascessero i Patronati, data la mancanza di assistenza di fabbrica, ebbe modo risolvere  a molti operai tante pratiche con  i vari enti, tanti ricorsi agli uffici appositi di Cagliari e Roma. Tra queste anche quelle riguardanti  la possibilità di riconoscimento  della invalidità per silicosi, fatta ottenere  a molti minatori . «Intorno al 1954, don Vito era morto nel 1952, - continua Ledda - i sacerdoti dell'Onarmo subentrati nella direzione della Parrocchia San Ponziano  poterono avere  i locali dell'ex Albergo 7. Erano di proprietà dell'ex Istituto case popolari della Società mineraria carbonifera sarda e da questa vennero concessi all' Onarmo ai loro sacerdoti operanti in Carbonia  come comodato d'uso per tutte le opere assistenziali parrocchiali. Renza occupò alcune stanze per creare l'ufficio di assistenza e continuare il lavoro svolto fino ad allora in locali di fortuna. A questo però si aggiunge un impegno cui teneva molto. Utilizzando gli aiuti alimentari forniti dalla P.o.a (Pontificia opera di assistenza) nacque nei locali dell'Albergo 7 “il refettorio del povero” per la somministrazione di pasti caldi, sia a bambini che a singole persone e famiglie che si trovavano in condizioni particolari».

Sollecitata dai sacerdoti dell'Onarmo Renza si dedicò anche alla organizzazione delle colonie per i figli dei minatori reperendo i dormitori nei locali di Portopino, Calasetta e Carloforte. «Oltre alla Poa, Renza sollecitò anche altre organizzazioni assistenziali, tra le quali la Charitas Svizzera con cui aveva aperto un canale di accoglienza per le giovani ragazze che intendevano recarsi per lavoro in Svizzera.  Molte di queste, alloggiate in un pensionato, si recavano nelle fabbriche di filatura e tessitura e oggi hanno la pensione grazie a quel lavoro». Una via lavorativa, quella Svizzera, che stava affascinando anche Renza che, a un certo punto decise di prepararsi per la partenza. Ma accadde qualcosa che le fece desistere: monsignor Cogoni, il vescovo di Iglesias di allora, le chiese di non partire.  C'era tanto da fare nell'albergo 7, dove al posto del vecchio “refettorio del povero” la Diocesi aveva deciso di istituire la “Casa dell'Anziano Maria Immacolata”: nacque l'8 dicembre 1973 e Renza avrebbe dovuto guidarla.

26/07/2012 Carbonia La casa dell'anziano di Via Cannas foto Milena Mundula
26/07/2012 Carbonia La casa dell'anziano di Via Cannas foto Milena Mundula
26/07/2012 Carbonia La casa dell'anziano di Via Cannas foto Milena Mundula

Nell'atto costitutivo si legge che l'ospizio è stato costituito a Carbonia, “città priva di qualsiasi opera assistenziale. È e senza fondi propri ma si reggerà sulle quote degli ospiti e sulla carità delle anime buone confidando nella Provvidenza divina”. Per oltre quindici anni la “casa” è retta a conduzione familiare: «Quando nel 1988 la Regione Autonoma della Sardegna vara la Legge sul riordino delle strutture assistenziali - racconta il professor Ledda -  le finalità di carità e di amorevole assistenza vengono completamente stravolte dalle norme giuridiche e ciò sarà una grande preoccupazione per Renza. Uno dopo l'altro i canali che avevano dato modo di creare la struttura vengono meno. Il primo è lo Iacp che ha ereditato gli immobili della Società Mineraria e del comodato d'uso concesso all'Onarmo si è persa traccia per cui si è affrontata l'istituzione onerosa dell'affitto dell'Albergo 7. Il secondo è stato l'adeguamento alle norme giuridiche adattando la capienza delle camere a non più di tre letti e relativo bagno per ogni camera. Ci fu un grande dispendio di denaro per tali lavori che lo Iacp non ha potuto o voluto fornire per le ristrutturazioni».

Il prosieguo è una triste pagina della storia della città che L'Unione Sarda ha seguito nelle sue cronache di Carbonia. «La gestione ha subito un  drastico ridimensionamento con la capienza dei posti passando dai precedenti quarantacinque-cinquanta posti letto a non più  di trenta-trentadue secondo le norme giuridiche stabilite dalla Regione. Ciò ha comportato una conseguente riduzione delle entrate ed un velato pericolo di chiusura per il conseguente aumento delle uscite senza altre possibilità di provvidenze  varie. Pur essendo Renza andata in pensione dal suo lavoro di assistente sociale, ha continuato a dirigere la Casa  volontariamente, senza altra remunerazione che la sua pensione spesso impiegata per sopperire a momenti di magra nella gestione della struttura». La famiglia ricorda che «tutte queste preoccupazioni hanno minato non poco il suo stato di salute dandole il colpo di grazia con l'affidamento della gestione della Casa ad una cooperativa di Iglesias nel settembre del 2012.  Renza non si è più ripresa e nel gennaio  del 2013, il 12 per l'esattezza, dopo aver dedicato l'intera sua vita al bene degli operai prima , dei bambini e poi degli anziani di Carbonia, ci ha lasciati». Qualche anno dopo, la Casa dell'anziano ha chiuso i battenti e Carbonia, oggi, non ha più un ospizio. Enti e istituzioni del territorio non sono stati in grado di tenere aperto un così prezioso servizio che una donna sola, fortissima – la signorina Renza –  era riuscita a offrire alla città.

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