La peste degli altri deve far paura. Nessuno può dirsi al sicuro. Quello che sta succedendo in Lombardia segue un copione che la Sardegna, in particolare Nuorese e Ogliastra, conosce molto bene. La peste negli allevamenti del Nord Italia crea apprensione, molto più di quando rimaneva confinata nella esotica Sardegna.

Un anno e mezzo dopo il suo esordio tra Liguria e Piemonte, il virus della Psa, in una variante diversa da quella isolana, ha fatto il suo ingresso nei primi allevamenti intensivi in Lombardia. L’effetto è stato drammatico. In pochi mesi ha creato uno stato di emergenza. Tutto il settore suinicolo nazionale teme adesso un contagio di massa e perdite per centinaia di milioni di euro. C’è una differenza che salta agli occhi. Al Nord non ci sono suini bradi che pascolano sui prati. Pavia non ha il Supramonte e neppure una millenaria storia di allevamento brado. I maiali sono tutti confinati dentro allevamenti intensivi, quelli che il buon senso e i cambiamenti climatici imporrebbero di rivedere. L’effetto del virus è devastante.

Ad oggi sono circa 33mila i maiali abbattuti dalle autorità sanitarie in otto allevamenti intensivi raggiunti dal contagio, tutti in provincia di Pavia, ma il conto è destinato ad aumentare. Negli ultimi giorni il virus corre verso Brescia.  Secondo gli esperti, inoltre, esiste un rischio molto elevato di nuovi focolai anche in altre regioni nei prossimi mesi. Lungimiranza del tutto ovvia. Per dirla con una metafora animale i buoi sono ormai scappati, bisogna salvare il salvabile.
I giornali nazionali scrivono, in maniera curiosa, come il virus della Peste suina africana responsabile abbia fatto la sua comparsa “in Italia”, tra le provincie di Genova e Alessandria, nel gennaio del 2022.  Nell’arco di 18 mesi l’areale di infezione si è esteso a Lombardia e Emilia Romagna, Lazio, Calabria, Campania e Basilicata. Nessuno quindi, in “Italia”, può dirsi al sicuro. Ma neppure in Sardegna, come dimostrano i tre casi rilevati a Dorgali, le analisi sui quali hanno rivelato come il virus sia arrivato dall’esterno. È necessario preoccuparsi, perché rischiano di andare in fumo 30 anni di battaglie e migliaia di capi abbattuti.
 

In Lombardia sono stati abbattuti migliaia di animali in otto allevamenti. Ma la percezione degli eventi è diversa. 

Nei giorni scorsi l’associazione Essere Animali ha filmato con un drone alcuni gli abbattimenti di massa che le autorità veterinarie di Pavia stanno portando avanti in questi giorni, seguendo i regolamenti europei che impongono la soppressione e lo smaltimento di tutti gli animali e di qualsiasi materiale organico negli allevamenti raggiunti dal virus.

L’associazione, come riportano diversi quotidiani nazionali, ha diffuso scene cruente di centinaia di capi soppressi in “camere a gas” realizzate all’interno di appositi container e poi stoccati con delle ruspe per lo smaltimento. Secondo Essere Animali. «A pagare il prezzo più alto sono le decine di migliaia di maiali che saranno abbattuti in questi giorni, tra atroci sofferenze e in assenza di un adeguato stordimento». L’epidemia era largamente annunciata.


In provincia di Pavia il primo caso accertato di animale selvatico ucciso dal virus risale a giugno 2023, mentre il contagio nel primo allevamento è avvenuto a inizio agosto 2023, ma è stato segnalato solo nei giorni scorsi. A causa di questo ritardo tre persone sono finite sotto indagine da parte della Procura di Pavia.

La grande paura riguarda la diffusione negli allevamenti in pianura Padana, dove si concentra l’85 per cento dei suini allevati in Italia, che comporterebbe perdite economiche per decine o centinaia di milioni di euro.



All’inizio il piano di difesa dalla peste si basava sulla creazione di barriere e recinzioni per evitare lo spostamento degli animali selvatici, partendo dal principio che prima o poi la peste passa dai cinghiali ai maiali. Un piano mai attuato. Anzi proprio la caccia in braccata avrebbe favorito la presenza del virus incentivando lo spostamento degli animali, ma anche per la massiccia presenza di uomini e mezzi nei territori contaminati.

Anche in Lombardia hanno quindi scoperto che il virus infatti può sopravvivere per mesi sul terreno, e quindi contaminare facilmente la suola di una scarpa.
 

La peste non è mai una buona notizia, neppure quando colpisce all’estero.

In Europa la Svezia è l’ultima ad aggiungersi a una lista di oltre 2 focolai in 14 Paesi, tra cui Bosnia, Croazia, Serbia, Romania, Germania, Polonia, Moldavia, Bulgaria, Kosovo, Lituania, Slovacchia, Ucraina. Ad oggi gli unici che sono riusciti a combattere il virus sul proprio territorio, oltre i sardi, sono il Belgio, che realizzando 350 chilometri di barriere artificiali è riuscito a eradicare l’infezione, e la Germania, che con ingenti investimenti e 3500 chilometri di barriere ha circoscritto l’epidemia ai territori orientali, lungo il confine con la Polonia. La Polonia aveva invece basato la propria strategia sulla caccia al cinghiale, come in Italia, con risultati del tutto fallimentari.

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