«La paura di vincere non esiste». Detta così, la teoria esposta nel suo libro dal maestro di tennis Andrea Paramucchi, 52 anni, di Roma, un passato da aspirante tennista professionista («ho avuto un punto nella classifica Atp, sono stato numero mille al mondo», sorride) , oggi responsabile dello Sporting Panda sulla Nomentana, sembra facile.

Andrea Paramucchi, 52 anni (foto p. c.)
Andrea Paramucchi, 52 anni (foto p. c.)
Andrea Paramucchi, 52 anni (foto p. c.)

Anche se la storia dello sport è costellata di esempi opposti: Il Brasile che perde in casa la finale di Coppa del mondo contro l’Uruguay nel 1950 davanti ai suoi tifosi; New Zealand che spreca otto match ball in Coppa America di vela contro Oracle nel 2013; il 5 maggio dell’Inter che perde all’ultima giornata lo scudetto in favore della Juventus dopo la sconfitta con la Lazio nel 2022; nel basket Livorno che batte Milano, anzi no, nella finale scudetto del 1989, perché il canestro decisivo è stato annullato all’ultimo secondo; il gol di Magath che diede all’Amburgo nel 1983 una Coppa dei Campioni destinata secondo l’unanime pronostico alla Juve di Platini. Anche se poi il tennis è lo sport per antonomasia in cui il famoso braccetto paralizza nei momenti più importanti un po’ tutti, dai principianti ai giocatori di club sino ai campioni (gli esempi più recente sono le tensioni che hanno attanagliato Serena Williams nel 2015 e Nole Djokovic nel 2021 a un passo dal Grande Slam a New York).

Paramucchi ha presentato il suo libro al circolo tennis di Decimomannu, su iniziativa del maestro Virgilio Prenza (moderatore Enrico Pilia, responsabile delle pagine sportive de  L’Unione Sarda).
Perché questo libro?
«Secondo me avevo qualcosa da dire che non avevo mai sentito in giro e che potrebbe essere di aiuto agli altri: ai ragazzini che si avvicinano allo sport, ai tecnici che lo insegnano, ai genitori che magari credono di capire certe dinamiche ma in realtà sono i primi a dover imparare certi aspetti dell’agonismo. Così ho detto: mettiamolo per iscritto».
L’uovo di Colombo?
«Io credo che all’interno di ogni partita di tennis siano presenti alcune dinamiche che si ripetono, quasi in forma matematica, ma la gente non le conosce e quindi non ci lavora. Aspetti mentali e psicologici sui quali occorre riflettere per migliorarsi».

Il libro di Andrea Paramucchi, "la paura di incere non esiste" (foto p. c.)
Il libro di Andrea Paramucchi, "la paura di incere non esiste" (foto p. c.)
Il libro di Andrea Paramucchi, "la paura di incere non esiste" (foto p. c.)

Lei parla dell’aspetto mentale.
«Esattamente. Prendiamo l’ultima finale slam, tra l’azzurro Sinner e il russo Medvedev. Si sono verificate certe dinamiche che occorre a mio avviso conoscere per essere pronti a intervenire, a risolverle, e che tanti non vedono».
Ci spieghi.
«Cercherò di analizzare i due aspetti, quello dal punto di vista di Yannick e l’altro cercando di entrare nella testa di Danili. I primi due set non sono stati giocati alla pari, il russo dominava, aveva messo la testa di Yannick sott’acqua e non lo faceva respirare. Secondo me Sinner avrebbe dovuto tentare qualcosa, per venire fuori da quella situazione. Questo è l’aspetto fondamentale del mio libro: occorre capire certi meccanismi mentali che si ripresentano nei match. Sinner era favorito e non riusciva a esprimere il suo tennis, a giocare sereno. Certe aspettative te le porti appresso in campo come un macigno e a quei livelli giochi un po’ più teso, la passa esce dalle corde della racchetta 10 km all’ora più lenta e gli avversari ti spaccano».

Italy's Jannik Sinner celebrates with the Norman Brookes Challenge Cup trophy after defeating Russia's Daniil Medvedev in the men's singles final match on day 15 of the Australian Open tennis tournament in Melbourne on January 28, 2024. (Photo by Martin KEEP / AFP) / -- IMAGE RESTRICTED TO EDITORIAL USE - STRICTLY NO COMMERCIAL USE --
Italy's Jannik Sinner celebrates with the Norman Brookes Challenge Cup trophy after defeating Russia's Daniil Medvedev in the men's singles final match on day 15 of the Australian Open tennis tournament in Melbourne on January 28, 2024. (Photo by Martin KEEP / AFP) / -- IMAGE RESTRICTED TO EDITORIAL USE - STRICTLY NO COMMERCIAL USE --
Yannick Sinner ritira la coppa che spetta al vincitore degli Australian Open 2024 (Photo by Martin KEEP/AFP)

Come se ne esce?
“Se ti rendi conto che hai la testa sott’acqua, usa quel set per cercare di uscirne, per riuscire di nuovo a respirare. Che ne so, tira quattro pallate a braccio sciolto per sbloccarti, per liberarti, perché evidentemente c’è qualcosa che ti tiene e dalla quale ti devi affrancare».

Il coach Vagnozzi ha suggerito a Sinner di giocare tre metri più indietro la risposta al servizio e la partita da quel momento è cambiata.
«Secondo me è stata importante quella scelta, certo, ma soprattutto l’atteggiamento mentale mutato di Medvedev. Perché è stato il russo a pensare, se vado due set a zero adesso sono io il favorito e se perdessi sarei davvero un idiota. Un ragionamento quasi inconscio, così lui è calato mentre Sinner, questa è la grandezza di campioni, non ha mollato, era li, pronto ad approfittare del calo di Medvedev. L’azzurro ha preso fiducia: gli ultimi tre set sono stati giocati alla pari, poteva vincere l’uno o l’altro, ma la situazione era diversa ormai rispetto ai primi due set in cui Sinner poteva fare qualcosa di diverso per riuscire a esprimere l’altissima qualità del suo tennis».

Daniil Medvedev of Russia reacts during his men's singles final match against Holger Rune of Denmark at the Italian Open tennis tournament in Rome, Italy, 21 May 2023. ANSA/ETTORE FERRARI
Daniil Medvedev of Russia reacts during his men's singles final match against Holger Rune of Denmark at the Italian Open tennis tournament in Rome, Italy, 21 May 2023. ANSA/ETTORE FERRARI
Daniil Medvedev ( ANSA/ETTORE FERRARI)

Lei professa un tennis libero.
«Se fossi stato il coach di Medvedev gli avrei detto: continua a tirare missili senza pensare al punteggio, a cercare di chiudere il punto al massimo in tre scambi come faceva all’inizio quando era ingiocabile, placati solo quando l’arbitro dice gioco partita e incontro perché se cominci a pensare magari perdi il filo del tuo tennis. E così è andata».
L’aspetto mentale è decisivo.
«Sì. Prendiamo a un ragazzino che partecipa a un torneo e che sbaglia banalmente un punto importante. Magari dal punto di vista tecnico è rimasto a mezzo metro dalla palla e ha sbagliato. Quello che non aveva mai fatto nei punti precedenti. Evidentemente quella palla aveva un peso specifico diverso e alla fine l’errore, certo, era tecnico, ma dettato dalla pressione, dai pensieri negativi che lo hanno bloccato».
L’idea è quella di allenarsi per giocare liberi.
«Il libro è tutto imperniato su questo aspetto, sui dubbi che assalgono qualsiasi tecnico a qualunque livello quando cerca di guidare un ragazzo o un campione: alla fine l’aspetto mentale è decisivo e questa può essere una risposta che sinora nessuno aveva dato».
Torniamo alla paura di vincere.
«No, è paura di perdere quando stai per vincere e dici: sto per vincere, se adesso perdessi sarei veramente uno schifo».
Succede spesso con i ragazzi.
«Io sono convinto che questa mia lezione, questa svolta filosofica nell’approccio mentale al tennis, possa essere utile a tutti, dai ragazzini che partecipano ai primi tornei sino ai campionissimi».

epa11105096 Novak Djokovic of Serbia reacts during a press conference after losing the Men's semi final match against Jannik Sinner of Italy at the Australian Open tennis tournament in Melbourne, Australia, 26 January 2024. EPA/MAST IRHAM
epa11105096 Novak Djokovic of Serbia reacts during a press conference after losing the Men's semi final match against Jannik Sinner of Italy at the Australian Open tennis tournament in Melbourne, Australia, 26 January 2024. EPA/MAST IRHAM
Novak Djokovic (EPA/MAST IRHAM)

È presentata anche come guida ai genitori incompetenti.
«L’ho scritto come forma di dialogo con mio padre che si definisce incompetente. Credo che i genitori abbiamo un ruolo fondamentale. Sto lavorando con una ragazzina di 14 anni che ha tante potenzialità e mi sto impegnando tantissimo anche con il padre. I genitori devono capire che devono fare un determinato percorso insieme ai loro figli. Se un ragazzino sbaglia una palla importante, non devono alzare gli occhi al cielo, non devono trasmettere certi messaggi negativi. Lo stesso discorso vale anche per certi tecnici».
Una lettura importante per i ragazzi.
«I ragazzi devono capire. Mi rendo conto che non è una lettura facile: ci sono citazioni bibliche, elementi di filosofia orientale e metafisica. Nel libro cerco di spiegare queste dinamiche che puoi vedere in ogni partita, se ci fai caso. Un certo tipo di tennis giocato in un certo modo è una palestra mentale, quasi una meditazione trascendentale verso un equilibrio spirituale che porta alla crescita personale. Io cito una dottrina induista: devi arrivare a trattare la vittoria allo stesso modo della sconfitta. In che modo? Devi riuscire a metterti su un piano più elevato, a giocare libero come se il campo non avesse le righe, per prepararti a vivere la tua esistenza in un piano superiore a quello appunto della vita e della morte. Il tennis si presta moltissimo a questo percorso: è uno sport individuale. Quando capisci che attraverso il tennis puoi conquistare te stesso, che altro c’è di più importante? L’obiettivo è dare il massimo delle tue potenzialità, non vincere».
Il campo da tennis per certi versi è una sorta di specchio della vita?
«Sì, devi imparare ad affrontarla per il verso giusto per te stesso. Mi è capitato di giocare in tanti circoli di tennis, anche quelli importanti di Roma. All’ora di pranzo arrivavano chirurghi, notai, avvocati, politici, giudici, persone di un livello alto dal punto di professionale: capitava di assistere a scene incredibili: insulti al compagno per un errore, a un avversario per un certo comportamento, palle rubate. Poi magari tornano nel loro studio professionale in giacca e cravatta, stimati e riveriti, godono di privilegi per il loro status sociale, ma probabilmente io li ho conosciuto per davvero, per come sono realmente dal punto di vista personale, per come si comportano in campo.

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