L’inno ufficiale è tutto un altro, ma pochi georgiani (nel senso di statunitensi) se ne curano. Già, perché l’inno “del cuore” è di Ray Charles, nero come gran parte della popolazione dello Stato del sud, e si chiama “Georgia on my mind”.

È una nazione “piena” di storia, la Georgia: della riduzione e deportazione di schiavi africani, certo, ma la ha inciso molto anche nella nascita degli Stati Uniti d’America: era una delle tredici colonie britanniche raggruppate lungo la costa orientale del Nord America che hanno costituito il primo nucleo degli Usa, era stata esplorata e colonizzata nel 1732 e il suo nome era un omaggio al re britannico Giorgio II. Ed è proprio in Georgia, che si è scritta la storia dei diritti civili degli afroamericani e della musica southern, del Sud. Il suo motto è “Wisdom, Justice & Moderation” (Saggezza, giustizia e moderazione) e si riferisce ai tre pilastri che sorreggono la costituzione.

All’anagrafe geografica è la Georgia, ma per amici e familiari è The Peach State (lo Stato delle pesche) perché produce frutta di altissima qualità, in primis proprio le pesche, che sono anche riconosciute come frutto ufficiale dello stato dal 1995. Un altro soprannome è “The Empire State of the South” in quanto la Georgia, prima delle Guerra Civile, americana, era il secondo stato per vastità di territorio a est del Mississippi e si stava distinguendo per un notevole sviluppo dell’industria. Si guadagnò così questo appellativo.

La Georgia, dove la popolazione è particolarmente cordiale e i rapporti tra bianchi e afroamericani sono assai migliori che altrove, è tra gli stati più popolosi degli Usa, il quarto nella East Coast. La grande quantità di terreni agricoli si alterna alle vaste foreste, soprattutto di pini, che coprono il 60% del suo territorio.

Il 12 febbraio 1733 è una triste data storica: la nave Anne approdò nel porto dell’attuale Savannah con i primi coloni. Inizialmente in Georgia era vietata la schiavitù, ma il repentino sviluppo delle piantagioni stava dimostrando nella vicina Carolina del Sud che gli schiavi erano la forma di lavoro più redditizia. E allora, via le remore morali e spazio ai soldi, così arrivò la revoca del divieto di schiavitù nel 1749. Il numero degli schiavi crebbe rapidamente: entro il 1775 sarebbero diventati diciottomila e avrebbero costituito la maggioranza della popolazione della colonia. Con la Guerra civile americana, la Georgia si unì agli stati confederati separandosi dall’Unione e inviando 120mila soldati alla Confederazione.

La capitale dello stato è Atlanta, famosa nel mondo per essere la sede della Coca Cola e per aver ospitato, sino al 2021, gli studi della CNN, l’emittente televisiva statunitense “all news”. Ora sono a New York, il trasloco è avvenuto durante la pandemia da Covid. Il museo più divertente e originale della città è il World of Coca Cola, intitolato alla bevanda più conosciuta al mondo, nata per caso nel 1886 grazie a un errore del farmacista John Stith Pemberton che voleva in realtà creare uno sciroppo antidolorifico. Il risultato non fu una medicina, ma la bibita più bevuta nel pianeta, senza che il suo creatore se lo aspettasse.

Uno Stato tanto importante per la storia degli Usa merita sempre una vetrina internazionale e nel 1996 la ebbe: con le Olimpiadi, che hanno lasciato in eredità ad Atlanta una grande area verde nel centro città, il Centennial Olympic Park. Al suo interno c’è la “Fountain of the rings”: riproduce i cinque cerchi olimpici su una pavimentazione dove, quattro volte al giorno, dagli anelli spuntano getti d’acqua, con sottofondo musicale.

La capitale della Georgia è anche e soprattutto uno dei centri più importanti per la storia dei diritti civili degli afroamericani: lì c’è la casa natale di Martin Luther King, probabilmente il suo cittadino più famoso nel mondo, ministro della chiesa Battista, ucciso da una fucilata esplosa da un fanatico razzista quando aveva 39 anni. In un’area circoscritta della città, nel quartiere di Sweet Auburn, trionfa il Martin Luther King Jr. National Historical Park, con la casa natale e la tomba inserita in una grande vasca di acqua limpida.

Ma è il Center for Civil & Human Rights a raccontare la storia legata alle battaglie per i diritti civili degli afroamericani: il museo permette di entrare in una specie di macchina del tempo che attraverso testimonianze, documenti e simulazioni interattive spiega che cosa significasse essere un afroamericano negli Stati del Sud americani negli anni Sessanta. E non era certo un buon affare.

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