Un cin cin per la Cina. L’Italia del vino alza di nuovo i calici alla ripresa dell’export e alle prossime sfide che la vedranno impegnata per conquistare sempre di più i palati asiatici. Due anni di pandemia fortunatamente non sono stati sufficienti ad affossare il mercato, anzi, i vari lockdown che a ogni latitudine hanno chiuso in casa milioni di appassionati bevitori, hanno svuotato i ristoranti, ma contemporaneamente spinto le vendite online dando così lo “scettro del potere” al consumatore finale, libero di scegliere le etichette preferite senza la mediazione di camerieri o sommelier. La carta dei vini a cui attingere digitalmente è diventata così immensa e ha permesso a milioni di persone di conoscere vini italiani che forse mai avrebbe assaggiato senza la pandemia. 

La riapertura nel 2021 dei locali in tutto il mondo ha fatto il resto: spingendo le esportazioni italiane del 13% nei primi dieci mesi e ponendo nuovi obiettivi alle cantine nostrane, ora protagoniste privilegiate di un mercato più che mai effervescente, ma che vive proprio in virtù del boom post pandemia un’agguerrita competizione mondiale per aggiudicarsi anche una minima fetta dei miliardi di potenziali clienti cinesi.

Croce e delizia

Il colosso asiatico lancia tuttavia segnali incostanti: perché se da un lato si conferma il bacino più remunerativo per gli operatori che commerciano vino on line, dall’altro ha fatto registrare un costante rallentamento degli ordini, aggravato da ostacoli doganali ogni giorno più impegnativi.

“La flessione degli acquisti, secondo le previsioni di alcuni esperti riportate dal sito specializzato vino-joy.com, sembra destinata a proseguire, tra la chiusura prolungata delle frontiere, la diffusione probabile della variante omicron e le scosse di assestamento del mercato provocate dell'uscita di scena dell'Australia a seguito della guerra dei dazi”, spiega la Federvini, l’associazione di categoria associata a Confindustria. “Gli ultimi dati hanno mostrato che le importazioni di vino del paese da gennaio a novembre sono diminuite dello 0,3% in volume a 388,6 milioni di litri ma il valore complessivo è scivolato del 13,7%, a 1,54 miliardi di dollari, rispetto allo stesso periodo del 2020”.

Vini con gli occhi a mandorla

Tra i retroscena di questo calo emerge una suggestiva quanto inaspettata crescita delle produzioni locali. Sì, anche la Cina ha voluto sperimentare la viticoltura sfruttando la vastità del Paese che in alcuni territori si presta apparentemente molto bene alla crescita della vite.

“Ciò che sembra essere emerso dall'anno scorso è il crescente interesse dei consumatori per i vini di produzione nazionale”, conferma Federvini. “Alcune aziende vinicole del paese in Ningxia, tra cui Silver Heights, Xige Winery e Château Leirenshou, hanno tutte registrato vendite molto positive l'anno scorso. L'azienda vinicola Silver Heights a Ningxia ha visto le sue vendite crescere di oltre il 60% in valore l'anno scorso, proprio grazie al mercato interno”. Tim Tse, fondatore dell'esclusivo club del vino House of Roosevelt a Shanghai, nell'ottobre scorso ha lanciato per la prima volta una lista con vini esclusivamente cinesi, 127 aziende. L'accoglienza dei consumatori è stata decisamente positiva. "I vini cinesi stanno diventando sempre migliori - dice Tse - abbiamo più di 2.000 etichette nella lista, i prodotti cinesi hanno sicuramente un posto nel mondo del vino".

Opportunità

La Cina è comunque grande. E sempre più ricca. La crescente capacità di acquisto del Paese garantirà quindi per lungo tempo alle cantine italiane la possibilità di proporre vini di fascia medio alta a chi può e vuole permettersi il meglio dell’enologia mondiale.

I nostri imprenditori dovranno però essere bravi non solo a prendere per la gola una nuova clientela, ma anche a superare il percorso a ostacoli rappresentato dalla burocrazia cinese. “Alle difficoltà di mercato si aggiunge la stretta sulle regole di importazione”, concludono gli industriali del vino. “L'autorità doganale cinese ha annunciato nell'aprile del 2021 nuove misure in aprile, stabilendo che tutti gli impianti di produzione, lavorazione e stoccaggio di cibo e bevande all'estero devono essere registrati entro la fine dell'anno per poter accedere al mercato cinese. Tuttavia, le procedure dettagliate per ottenere i codici di registrazione richiesti sono uscite solo in ottobre, e il sito web di registrazione per le aziende che possono autoregistrarsi è entrato in funzione solo in novembre. Dopo molte lamentele, la scadenza è stata rivista e le nuove regole si applicheranno solo ai vini prodotti dopo il 1 gennaio 2022”.

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