Per alcuni è un principio fondamentale per ottenere il cosiddetto “giusto processo”, altri lo ritengono invece un rischio con troppe incognite, soprattutto con l’insidia di trovare alla fine i magistrati non più indipendenti rispetto al potere esecutivo. 

Ormai da anni si sta discutendo di una possibile riforma sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, una modifica del sistema attuale che renda definitivamente impossibile ai magistrati la facoltà di poter cambiare ruolo, nel corso della propria carriera, tra il settore giudicante e quello inquirente o fare il percorso inverso. 

Se ne è discusso anche a Cagliari, nella sala “Aldo Marongiu”, presso la Biblioteca dell’Ordine Forense all’interno del Tribunale, complice la presentazione di un libro di un magistrato, il sostituto procuratore generale di Caltanissetta, Gaetano Bono, che - nel suo “Meglio separate” - ha affrontato tutti i possibili rischi e le incognite di una definitiva separazione tra le due carriere. Un convegno organizzato dall’Associazione Giuristi Democratici e dalla Camera Penale di Cagliari che ha visto la partecipazione di magistrati, avvocati e docenti universitari. 

Oltre all’autore del libro hanno preso parte alla tavola rotonda l’avvocato Rodolfo Meloni (presidente della Camera penale del capoluogo sardo), Matteo Pinna, presidente dell’Ordine forense, l’avvocato Franco Villa, il procuratore aggiunto della Repubblica, Paolo De Angelis, l’avvocato Pierandrea Setzu (Giuristi democratici) e Maria Crisitina Onrnao, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Cagliari. 

«La riforma della separazione delle carriere è una questione complessa, che presenta sia aspetti positivi che negativi – ha chiarito Gaetano Bono - È importante valutare attentamente i vantaggi e gli svantaggi di una possibile riforma, prima di prendere una decisione». Ormai da tempo fioccano le polemiche sulla riforma che, nei fatti, creerebbe un solco insormontabile tra magistratura giudicante e inquirente, dividendo le due funzioni sin dall’ingresso in attività di un magistrato. Negli ultimi anni, si è assistito a un crescente dibattito sulla magistratura, in particolare sulla sua indipendenza e imparzialità. La riforma della separazione delle carriere è vista da alcuni come un modo per rafforzare l'indipendenza dei magistrati, mentre da altri è vista come un modo per limitare il loro potere.
«Bisogna capire come fare la riforma – prosegue Bono – bisogna essere consapevoli delle implicazioni negative che si avrebbero se la riforma fosse fatta male. Su tutte il rischio di sottoporre il pubblico ministero al potere esecutivo con tutti i rischi che ne deriverebbero».

Di parere diametralmente opposto Rodolfo Meloni, presidente della Camera penale di Cagliari: «La questione non  è se serve o non serve, bensì se è giusto o non è giusto – taglia corto l’avvocato – è lo strumento indispensabile per attuale il giusto processo».

Teme uno sconvolgimento dell’assetto costituzionale, in caso di riforma malfatta, il portavoce di Giuristi demorcratici, Pier Andrea Setzu, mentre la giudice Cristina Ornano chiede un confronto ampio, ma concreto, sui disegni di legge che sono ora in discussione alla Camera. «Tutti questi disegni di legge costituzionale vanno ben oltre la separazione delle carriere – spiega – ma finiscono con l’intaccare in maniera eversiva lo statuto costituzionale della magistratura in tutti i suoi punti essenziali e ci restituiscono, alla fine, un pubblico ministero supino e subalterno alla polizia giudiziaria che non controlla più e soprattutto al potere esecutivo. Una cosa che non rassicura i cittadini e ancora meno gli avvocati».

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