Anni 80, non tutti sanno che Gigi Riva flirtò a lungo con il tennis dopo aver lasciato il calcio nel 1976. Amore tardivo ma intenso, come lui stesso confessò nell’unica intervista concessa su tennis e dintorni senza (quasi mai) accennare al calcio.

Gigi Riva al Sant’Elia (foto archivio Unione Sarda)
Gigi Riva al Sant’Elia (foto archivio Unione Sarda)
Gigi Riva al Sant’Elia (foto archivio Unione Sarda)

Si presentava al Campo Rossi di Cagliari, all’epoca uno dei club più frequentati della città, di primo pomeriggio, spesso dopo essersi allenato al mattino con il maestro Alessandro Mantovani. Nella mano destra la borsa con il cambio, nella sinistra la racchetta, una Snauweart, regali dell’amico che gli trasmise l’amore per questo sport, Piercarlo Viotti. «Al Rossi mi organizzavano almeno due partite di doppio al giorno, avevo ancora tante energie da spendere dopo aver lasciato il calcio», raccontava il mito del calcio azzurro.

Giocò a tennis per un decennio. «Avevo smesso con il pallone a trentadue anni, avevo aperto in città una concessionaria di auto, le cose andavano tutto sommato abbastanza bene ma mi mancava qualcosa, lo sport attivo. Fu Piercarlo Viotti, all’epoca rappresentante di una casa di articoli sportivi sponsor del Cagliari in quegli anni, a lanciare la sfida. Sarai stato anche bravino a pallone, ma a tennis contro di me, ex cestista, non c’è storia. Fu così, per scherzo, per scommessa, che provai. Mi piacque, mi appassionai. E alla fine vinsi contro Piercarlo», disse sorridendo.

E al Campo Rossi trovò un ambiente ideale per lui così schivo, così allergico a certi schemi, un club dove non era il campione idolatrato dappertutto, né il dirigente della squadra di calcio più amata: un luogo ovattato, dove nessuno gli chiedeva autografi o di raccontargli chissà quale aneddoto legato all’indimenticabile scudetto rossoblù o alla finale della Coppa Rimet persa allo Stadio Atzeca di Città del Messico contro Pelè. Per tutti al Rossi Gigi Riva era soltanto un amico che voleva imparare a giocare a tennis e che ci teneva a vincere. Sempre.

Da sinistra, Gigi Riva, Alessandro De Meis, Amedeo Ghisu e Cicci Madrau al Campo Rossi (foto concessa dalla famiglia Ghisu)
Da sinistra, Gigi Riva, Alessandro De Meis, Amedeo Ghisu e Cicci Madrau al Campo Rossi (foto concessa dalla famiglia Ghisu)
Da sinistra, Gigi Riva, Alessandro De Meis, Amedeo Ghisu e Cicci Madrau al Campo Rossi (foto concessa dalla famiglia Ghisu)

Cicci Madrau, Annibale Di Lorenzo, Giuseppe Goriani, Raffaele Buono, scelto spesso come partner per le sfide più difficili, il numero uno del club Alessandro De Meis, Annibale Di Lorenzo, Italo Sirigu, Ninni Deplano, Marco Gaspa, Stefano Marcia, Maurizio Santarini, Massimo Matta che all’epoca era un ragazzino e oggi è un maestro di tennis, Marco Ladu, Angelo Pitzalis, i doppisti Carlo Santarini, William Tolu, Lino Marroccu, Stefano Marcia, Marco Gaspa, Massimo Pellegrino, Giorgio Schinardi erano i suoi compagni di gioco al Campo Rossi, l’impianto sportivo a metà strada tra lo stadio Amsicora, teatro dell’indimenticabile scudetto, e il Sant’Elia, il nuovo tempio calcistico cagliaritano.

«Tecnicamente non ero granché», raccontò Riva sorridendo, <ma correvo molto e soprattutto facevo gioco di squadra: quasi sempre in coppia con Amedeo Ghisu, lui a destra, io a sinistra, da mancino giocavamo entrambi sempre sul diritto, eravamo difficili da battere anche per i classificati. Me la cavavo bene a rete, la tattica era sempre la stessa: all’attacco prima possibile. E odiavo chi faceva soltanto pallonetti». Non poteva essere altrimenti.

Gigi Riva in coppia con Amedeo Ghisu, anno 1980, Campo Rossi (foto concessa dalla famiglia Ghisu)
Gigi Riva in coppia con Amedeo Ghisu, anno 1980, Campo Rossi (foto concessa dalla famiglia Ghisu)
Gigi Riva in coppia con Amedeo Ghisu, anno 1980, Campo Rossi (foto concessa dalla famiglia Ghisu)

Questa storia di sport, davvero minima rispetto alla leggenda scritta da Riva con il pallone tra i piedi, è soprattutto una storia di amicizia. C’è una data che era indimenticabile per Gigi: il 16 ottobre del 1986. «Ero all’Estero con la Nazionale di calcio, avevo il ruolo di accompagnatore ufficiale, ricevetti una telefonata dagli amici del Campo Rossi. Gigi, scusa, siamo costretti a darti una brutta notizia: Amedeo Ghisu è morto. Aveva qualche anno più di me, era un preside, sembrava burbero, era una persona fantastica, ha lasciato una famiglia bellissima, colpa di un malore che lo strappò agli affetti dei suoi cari all’improvviso, dopo una seduta di footing. Non ebbi più il coraggio di ritornare al Campo Rossi. Troppi ricordi, troppo dolore, avrei rivisto il mio caro amico in ogni angolo del circolo. Mi trasferii al Margine Rosso, sino a quando non mi ruppi un polpaccio. Addio al tennis, passai al golf».

Gigi Riva: il Cagliari ha ritirato la maglia numero 11 (foto archivio Unione Sarda)
Gigi Riva: il Cagliari ha ritirato la maglia numero 11 (foto archivio Unione Sarda)
Gigi Riva: il Cagliari ha ritirato la maglia numero 11 (foto archivio Unione Sarda)

In queste parole c’è tutto Gigi Riva, il suo rispetto per l’amicizia, il suo grande cuore: nessuno poteva immaginare che un giorno avrebbe potuto tradirlo lasciando attoniti, tristi, i tifosi, i suoi ex compagni del Cagliari dello scudetto, l’intero popolo sardo ma anche i suoi vecchi compagni di circolo del Campo Rossi che fu.

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