Vertiginosamente devota. Una definizione che calza a pennello per l’arte di Domínikos Theotokópoulos, l’artista conosciuto come El Greco. Nacque a Creta nel 1541 dove iniziò la carriera come pittore di icone, si formò a Venezia, entrando in contatto con la grande pittura di Tiziano, Tintoretto e Veronese, per poi trasferirsi prima a Roma, dove aprì una propria fiorente bottega, e poi a Toledo, portando in Spagna un bagaglio culturale costruito sull'eleganza della pittura bizantina.

Con la sua forza carica di luce l’arte di El Greco esplode nella mostra che Palazzo Reale, a Milano, gli dedica fino a febbraio. Attraverso una  selezione di capolavori, la mostra di El Greco consente di ripercorrere l'intera carriera di questo straordinario pittore, che nella Spagna di fine Cinquecento trovò la sua totale consacrazione e la cui potenza espressiva, riscoperta e rivalutata nel XIX secolo, ispirò artisti come Delacroix, Manet, Cezanne, Picasso e gli Espressionisti.

La mostra di El Greco. Foto Mocci
La mostra di El Greco. Foto Mocci
La mostra di El Greco. Foto Mocci

El Greco è diventato un classico al di fuori del tempo e per questa sua peculiarità ha saputo influenzare perfino i grandi dell’arte del Novecento. Con oltre cinquanta opere la mostra rappresenta un evento, a più di vent’anni dall’ultima sua presenza in Italia. Un progetto dal respiro internazionale che vanta la collaborazione di  musei prestigiosi in tutto il mondo. Curata da Juan Antonio Garcia Castro, Palma Martinez – Burgos Garcia e Thomas Clement Salomon e il coordinamento scientifico di Mila Ortiz, la esposizione vanta il patrocinio dell’ambasciata di Spagna in Italia.

Il progetto espositivo vanta prestigiosi prestiti internazionali: un’occasione unica per scoprire l'opera dell’artista alla luce delle ultime ricerche sul suo lavoro. La mostra è infatti il frutto di una profonda e innovativa riflessione storico-critica, i cui punti di forza sono costituiti dall’attenta riconsiderazione dell’impatto dei modelli italiani nella formazione dell’artista e dall’interpretazione dell’ultimo periodo toledano. Il visitatore ha la possibilità di immergersi nel mondo artistico di El Greco entrando in alcune opere. Ma succede anche il contrario: alcuni lavori sembrano far venir fuori i personaggi rappresentati che appaiono quasi in tre dimensioni. Un effetto attraverso il sapiente gioco di luci e contrasti.

Il percorso espositivo è articolato in sezioni pensate in modo da restituire immediatamente al visitatore il rapporto dell’artista con i luoghi in cui ha vissuto. Parallelamente, una serie di confronti con la grande pittura romana e veneziana fa emergere il tema del labirinto: un modo per esprimere la vita di El Greco come una sorta di immenso romanzo di formazione ambientato tra le capitali culturali del Mediterraneo.

 Riprendendo il mito di Arianna, il labirinto è una metafora per approfondire l’evoluzione artistica che El Greco sviluppa partendo dal suo viaggio attraverso le città del Mediterraneo. La mostra racconta al visitatore l’influenza  che i grandi artisti italiani, tra cui Michelangelo, Parmigianino, Correggio, Tiziano, Tintoretto, i Bassano ebbero nella sua pratica. L’esposizione affronta anche il tema del cambio di scala rispetto a ciò che El Greco dipinge in terra italiana, per lo più opere di piccolo formato come il Trittico di Modena o l’Adorazione dei Magi del Museo Lázaro Galdiano di Madrid. Infine, il ritorno alla concezione frontale e diretta propria delle icone bizantine, con la quale El Greco ha costruito una concezione religiosa sconosciuta e impressionante, come le versioni dell’Apostolato o della Veronica col Volto Santo.
Opera, quest’ultima, che appare al visitatore come un incrocio di sguardi fra la Veronica e il volto di Cristo, impresso sul telo.

La Veronica. Foto Mocci
La Veronica. Foto Mocci
La Veronica. Foto Mocci


Cinque momenti fondamentali compongono la mostra.
La prima sezione sugli esordi del pittore nel circolo della produzione cretese di icone e il suo successivo apprendistato a Venezia e poi a Roma. La seconda espone opere realizzate da El Greco sotto il diretto influsso dei pittori italiani da lui ammirati per il colore e la luce, come avvenne per Tiziano e i Bassano, o per la maestria della figura nel caso di Michelangelo. Una sorta di dialogo fra El Greco e i suoi maestri.

Nella terza la mostra approfondisce la prima fase del lavoro a Toledo come pittore di scene religiose e dipinti devozionali. Una volta in Spagna, l’artista si confronta con la legge del mercato dell’arte vigente all’epoca nella città di Toledo e con il contesto della Controriforma. La quarta sezione illustra come l’artista torni, nell’ultima fase della propria esistenza, a richiamarsi al sistema compositivo delle icone della sua natia Creta. Si tratta di lavori di profonda introspezione, in cui si indaga a fondo la potenzialità espressiva dei gesti.
 

Il Laocoonte. Foto Mocci
Il Laocoonte. Foto Mocci
Il Laocoonte. Foto Mocci

Conclude la mostra una sezione in cui si rende omaggio all’unica opera mitologica realizzata da El Greco, il Laocoonte, capolavoro tardivo e geniale, pieno di messaggi che ancora oggi rimangono carichi di mistero. Per la realizzazione di questo progetto espositivo, grandi musei hanno concesso il prestito di capolavori, tra i quali i celebri San Martino e il mendicante e ll Laocoonte della National Gallery di Washington, il Ritratto di Jeronimo De Cevallos del Museo del Prado, le due Annunciazioni del Museo Thyssen-Bornemisza, il San Giovanni e San Francesco delle Gallerie degli Uffizi. La mostra vanta inoltre la presenza di opere straordinarie provenienti da istituzioni ecclesiastiche che per la prima volta arrivano in Italia, quali il Martirio di San Sebastiano della Cattedrale di Palencia, l’Espulsione dei mercanti dal tempio della Chiesa di San Ginés di Madrid e l’Incoronazione della Vergine di Illescas.

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