In un mondo assediato da conflitti e miseria è l’infanzia ad avere la peggio. E Save The Children, l’organizzazione umanitaria che più di tutte ha a cuore le sorti dei piccoli in ogni angolo del pianeta, democrazie occidentali comprese, lancia un nuovo allarme sulla base dell’ennesimo approfondito rapporto, Global Humanitarian Overview (GHO) redatto dalle azioni Unite e lanciato il 1 dicembre scorso a Ginevra. La GHO, appunto, è la valutazione annuale dei bisogni umanitari globali e delle risorse necessarie per farvi fronte. Lo scopo è quello di fornire una panoramica dei bisogni umanitari e dei requisiti di finanziamento nel 2023, richiedere risorse per gli appelli umanitari del prossimo anno e amplificare le voci delle persone colpite, in particolare donne e ragazze.

“Quest’anno – sottolinea Save The Children - oltre 149 milioni di bambini nel nostro pianeta  hanno avuto bisogno di assistenza umanitaria, il 20% in più rispetto all’anno scorso”.

Bambino africano con la madre (foto Save The Children)
Bambino africano con la madre (foto Save The Children)
Bambino africano con la madre (foto Save The Children)

Le cifre, impietose, sono la conseguenza dell’aumento dei conflitti e della violenza, dei  devastanti effetti dei cambiamenti climatici e della crisi. E la fotografia attuale impone la ricerca di nuove risorse per garantire assistenza umanitaria. “A livello globale, sono più numerosi che mai le bambine e i bambini che hanno bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere”, dichiara Gabriella Waaijman, direttrice della risposta umanitaria di Save the Children. “Quest'anno milioni di bambini sono stati colpiti da conflitti, shock climatici e crisi economiche, tutti fattori che hanno portato alla peggiore crisi alimentare a livello globale mai registrata prima. Le catastrofi naturali sono sempre più frequenti e gravi, come abbiamo visto nel caso delle devastanti alluvioni in Pakistan: i bambini con cui ho parlato si sono visti portare via tutto, dalle loro case alle loro scuole. Dove prima c'erano campi di grano ora c'è un enorme lago. Sono indispensabili maggiori finanziamenti, anche se i soldi non risolveranno i problemi di fondo che i bambini devono affrontare a livello globale. Abbiamo bisogno che i governi agiscano aumentando la diplomazia per porre fine a queste crisi e assicurare l'assistenza umanitaria a chi ne ha bisogno”, ha aggiunto Waaijman.

L’Afghanistan, da agosto dello scorso anno sotto il giogo dei talebani, è in cima alla lista nera dei paesi nei quali i bambini vivono in condizioni disperate. Il regime soffoca la libertà delle madri e di conseguenza espone i più piccoli a fame, ferocia e morte. Ma anche Paesi come Etiopia, Yemen e Pakistan figurano nell'elenco stilato da Save the Children sulle sette emergenze in cui il maggior numero di bambini ha bisogno di servizi essenziali come cibo, acqua potabile, alloggi e supporto psicosociale e per la salute mentale.

“L'Afghanistan è da tempo uno dei posti peggiori in cui vivere per i bambini - conferma Chris Nyamandi, direttore in Afghanistan di Save the Children - ma nell'ultimo anno la situazione per loro è diventata ancora più disperata. I bambini vanno a letto affamati. Milioni di bambini sono a rischio di malnutrizione acuta e di altre malattie potenzialmente letali. Le famiglie stanno adottando misure estreme per sopravvivere, come mandare i figli a lavorare o provando a sostentarsi solo con del pane”. Con l’arrivo dell’inverno, particolarmente rigido nello Stato asiatico, la situazione assume i contorni di un’apocalisse. “È una catastrofe umanitaria di dimensioni mai viste prima – prosegue Nyamandi - ed è destinata a peggiorare: le temperature sono già scese sotto lo zero in molte parti del Paese e milioni di bambini vivono senza un riparo adeguato o senza nemmeno una coperta che li tenga al caldo. Il fatto che, per i bambini, si tratti della più grande emergenza umanitaria al mondo, dovrebbe convincere la comunità internazionale a passare dalle parole ai fatti. I bambini soffrono anche a causa dell'incuria politica e della mancanza di fondi per la risposta umanitaria, nonostante l'Afghanistan sia in cima alla lista delle emergenze che hanno causato il più grave impatto sui bambini”.

Baschi blu delle Nazioni Unite e delle Forze Armate del Congo mettono in sicurezza una strada vicino al luogo di un attacco armato Foto Epa/Str
Baschi blu delle Nazioni Unite e delle Forze Armate del Congo mettono in sicurezza una strada vicino al luogo di un attacco armato Foto Epa/Str
Baschi blu delle Nazioni Unite e delle Forze Armate del Congo mettono in sicurezza una strada vicino al luogo di un attacco armato Foto Epa/Str

Nyamandi, instancabile nel denunciare i soprusi ai danni di bambini in Afghanistan (lo scorso anno raccontò la storia di una bambina venduta dai propri genitori per 500 dollari), non è l’unica voce di Save The Children in questo periodo. Dall’Africa se ne levano altre, ugualmente angosciate. “Le comunità con cui Save the Children lavora nella Repubblica Democratica del Congo hanno un bisogno estremo”, ha affermato Amavi Akpamagbo, direttore nella Repubblica Democratica del Congo di Save the Children. “Una recrudescenza del conflitto ha causato solo negli ultimi mesi la fuga di oltre 390 mila persone dalle loro case, aggravando ulteriormente la crisi alimentare. 3,3 milioni di bambini sotto i 5 anni sono malnutriti e il 45% dei decessi nella stessa fascia di età è legato comunque alla malnutrizione”. Il conflitto in Congo negli ultimi mesi si è acuito e perfino i caschi blu dell’Onu – per ammissione dello stesso segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres - hanno difficoltà a fronteggiare le offensive dei ribelli tutsi che – foraggiati dal Ruanda – conquistano villaggi, forti di un equipaggiamento tipico da esercito regolare.  “La crisi nella Repubblica Democratica del Congo è stata a lungo trascurata e la risposta umanitaria è stata sotto finanziata, ma i bambini non possono più aspettare. Sono necessari, con urgenza, più finanziamenti e una maggiore attenzione a questa crisi” ha aggiunto Amavi Akpamagbo. Il ruolo delle Nazioni Unite, in questo senso, resta fondamentale. E nella Global Humanitarian Overview la repubblica del Congo ha ovviamente priorità assoluta.

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