Che fine fanno i rifiuti non riciclabili? Nell’ultimo anno circa 75mila tonnellate di frazione secca “indifferenziata” sono state bruciate dal Tecnocasic, l’inceneritore alle porte di Cagliari che da ottobre 2020 ha iniziato il suo percorso di revamping: i due impianti più vecchi verranno smontati e sostituiti con altrettanti forni a griglia di ultima generazione. Aumenterà la portata dell’inceneritore e si allargherà il bacino dei Comuni serviti, con l’obiettivo finale di chiudere le discariche della Sardegna, attualmente 6 secondo i dati diffusi dall’Ispra.

“I lavori sono già stati avviati, il primo forno è stato smantellato”, spiega Sandro Anedda, amministratore unico dell’azienda, controllata dal Cacip (il consorzio industriale del capoluogo), che ha affrontato lo scorso inverno uno stop degli impianti di circa sei mesi. In quel periodo i rifiuti indifferenziati e ingombranti sono stati smaltiti nelle discariche di Iglesias e Villacidro.

E almeno un altro “fermo” degli impianti arriverà da qui alla fine dei lavori, pronosticata nel 2024: “I programmi per ora sono rispettati in pieno, il prossimo stop è previsto tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023. Saranno installati forni di ultima generazione, simili a quelli utilizzati del nord Europa, all’avanguardia e affidabili”. Qual è la differenza con quelli utilizzati ora? “Garantiscono periodi di funzionamento più lunghi con una minore integrazione di carburante, e hanno bisogno di poche attività di controllo sulle emissioni dei fumi. L’impianto attuale è vecchio e ha spesso necessità di manutenzioni”, racconta Anedda.

Il revamping costerà 70 milioni, in parte finanziati dalla Regione, in parte dal Cacip. Il piano dei rifiuti prevede che l’impianto rinnovato bruci a regime circa 110mila tonnellate di rifiuti all’anno, accogliendo anche i Comuni dell’Oristanese – che nell’attesa depositano il “secco” nelle discariche”. L’altra metà della Sardegna dovrebbe invece essere servita dall’inceneritore di Tossilo.

Plastica in attesa di riciclo (Archivio Us)
Plastica in attesa di riciclo (Archivio Us)
Plastica in attesa di riciclo (Archivio Us)

I lavori però hanno ridotto la capacità dell’impianto cagliaritano. E oltre al problema della gestione dei rifiuti, c’è anche quello del destino dei 225 dipendenti. Nei giorni scorsi la Giunta regionale ha dato il via libera agli interventi straordinari a favore dei lavoratori del Tecnocasic direttamente coinvolti dalla riduzione delle attività, stanziando 756mila euro. I fondi serviranno a garantire “l'attivazione di misure di politiche del lavoro”.

Per ora l’impianto ha mantenuto invariati i livelli di occupazione senza far ricorso agli ammortizzatori sociali. Ma nei prossimi mesi alcuni dipendenti verranno distaccati e lavoreranno per altri enti (in particolare il Comune di Cagliari), e sono previsti diversi prepensionamenti (circa una decina, anche se il programma iniziale parlava di 30 persone).

"Si tratta di una misura finalizzata a ridurre al minimo i contraccolpi della crisi, evitando licenziamenti, e a trovare soluzioni alternative per i lavoratori favorendone la riqualificazione", ha spiegato nei giorni scorsi l’assessora al Lavoro Alessandra Zedda.

Per rinnovare l’impianto serviranno ancora due anni: solo nel 2024 si potranno vedere gli effetti di questi investimenti anche sulla Tari pagata dai cittadini. Ora smaltire una tonnellata di rifiuti costa 166 euro ai Comuni. “Più si brucia, più scendono le tariffe”, spiega Sandro Anedda, “l’obiettivo è poter accogliere di nuovo i rifiuti dell’Oristanese e chiudere progressivamente le discariche: l’esempio di Roma testimonia che prima o poi questi depositi di esauriscono”.

Le discariche censite dall’Ispra in Sardegna sono sei, e si trovano a Iglesias, Villacidro, Arborea, Ozieri, Sassari e Olbia. In tutto accolgono 174mila tonnellate di rifiuti all’anno.

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