L’arte è uno strumento fondamentale per avvicinare popoli e favorirne la fratellanza. In passato come oggi. Un concetto di cui è convinta la storica dell’arte dell’Università di Madrid, Montserrat Fornells, che a Oristano ha tenuto una originale conferenza al Museo diocesano arborense “Costumbres”, sul legame fra la pittura sarda e spagnola all’inizio del Novecento. Durante la serata, organizzata in collaborazione con l’associazione Antonio Corriga, la storica dell’arte ha focalizzato l’opera dell’artista Antonio Ortiz Echagüe: studente dell'Accademia di Spagna a Roma, arriva in Sardegna alla fine del 1906 e si ferma fino al 1908. Qui si dedica a dipingere personaggi rurali con i loro costumi tradizionali, il loro lavoro e le loro feste, in linea con il “Costumbrismo” spagnolo rappresentato soprattutto da Zuloaga e Sorolla.

La sua precoce passione per i tipi popolari lo spinse a trascorrere in Sardegna gli ultimi anni di formazione da borsista e fu qui, come ricorda la storica dell’arte Fornells, “che dipinse la sua prima serie di soggetti etnografici, prendendo come modelli gli uomini e soprattutto le donne di Ittiri, Bono, Mamoiada, Dorgali, Atzara abbigliati nei loro costumi tradizionali. Il talento pittorico e il realismo di Ortiz Echagüe hanno trasformato ognuno di quei soggetti in una splendida opera d’arte. Ma anche in un documento iconografico fondamentale per ricostruire gli abiti, l’arredamento e i costumi di un tempo perduto, di un’epoca in cui ogni regione e ogni popolo conservano propri caratteri e specificità, di lì a poco cancellati dall’uniformità generata dall’avanzare del progresso”.

La storica dell'arte Montserrat Fornells durante la conferenza al Museo diocesano arborense. Foto Mocci
La storica dell'arte Montserrat Fornells durante la conferenza al Museo diocesano arborense. Foto Mocci
La storica dell'arte Montserrat Fornells durante la conferenza al Museo diocesano arborense. Foto Mocci

La storica dell’arte spagnola si sofferma, poi, sulle persone che hanno posato per l’artista, il quale ci ha restituito ritratti fedeli e a grandezza naturale. Il pittore ha saputo fissare non solo l’aspetto esteriore ma anche quello interiore “attraverso occhi particolarmente vivi e carichi di espressività. Il suo interesse si concentra a tal punto sulle figure da concedere pochissima importanza al contesto domestico in cui si trovano. A eccezione dei casi in cui qualche elemento d’arredo serve a costruire la composizione, per esempio Comida en Mamoiada o La fiesta della confrarìa de Atzara”.

In particolare con quest’ultima magnifica opera (420 centimetri x 252) vinse importanti premi internazionali a Roma, Madrid, Parigi e Monaco di Baviera. L’opera venne esposta anche in America e si rivelò una occasione per far conoscere al mondo il popolo sardo.

“I vestiti indossati da queste donne” spiega ancora Montserrat Fonrells, “giocano, al contrario, un ruolo fondamentale conferendo alle figure un’evidenza corporea e costituendo un elemento essenziale dell’opera, in quanto rivelatore di una vasta tradizione e di un ricco patrimonio folklorico. Indipendentemente dalla maggiore o minore vistosità, sono tutte eseguite con grande fedeltà al modello reale, grazie all’uso di grandi pennellate, cariche di pigmento, le quali definiscono le forme con precisione e disinvoltura. L’estrema sapienza cromatica assume piena evidenza nella padronanza dei bianchi e dei neri, accostati a colori così intensi come il rosso, il verde e il blu. Nei suoi dipinti c’è sempre un senso classico dello schema compositivo che tende alla centralità o alla simmetria, generando così un’impressione di equilibrio che viene potenziata dalle pose pacate dei modelli”. Tuttavia, come contrappunto a quest’assenza di movimento, la storica dell’arte fa notare che “la pennellata sciolta si rivela insolitamente attiva e ricca di dinamismo, lasciando sulla superficie pittorica le tracce dei suoi agili percorsi”. Nonostante la sua giovane età, Ortiz mise a fuoco proprio in Sardegna gli elementi che caratterizzeranno il suo linguaggio pittorico e raggiunse una maturità artistica che gli permise di percorrere felicemente il difficile cammino dell’arte.

Il suo lavoro ispirò alcuni pittori sardi contemporanei, in particolare Antonio Ballero e Filippo Figari, che presero i loro compaesani come modelli. Le loro opere giunsero alla creazione iconografica di un'identità sarda assimilata e sviluppata anche da altri artisti come Giuseppe Biasi, Mario Delitala, Carmelo Floris o Stanis Dessy, e più recentemente Antonio Corriga.

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