Il web ha il dono della sintesi. Recita Wikipedia: “Anders Behring Breivik è un terrorista norvegese, conosciuto in quanto autore degli attentati del 22 luglio 2011 in Norvegia che hanno provocato la morte di settantasette persone”. In questi giorni nel paese dei fiordi una notizia sconvolge l’opinione pubblica.

Dal carcere di massima sicurezza di Skien, in cui è rinchiuso da dieci anni, il serial killer di Utøya, continua a far male. È libero di scrivere lettere deliranti ai parenti delle vittime e ai sopravvissuti. Non certo per chiedere scusa, ma per ribadire le sue ragioni, i principi alla base del suo manifesto politico.

La presidente dell’associazione delle vittime, Lisbeth Røyneland ha riferito a un network norvegese: “È del tutto insostenibile che un assassino di massa possa inviare lettere alle sue vittime. Immagino che lo faccia per farci reagire in modo da attirare l’attenzione. La descrivo come una molestia. Vuole farci sapere che è lì e vuole spaventarci, in un certo senso”.

Breivik è libero di scrivere ai ragazzi che avrebbe voluto uccidere. Scrive ai sopravvissuti per spiegare loro perché avrebbero dovuto morire. Giovani speranze di un mondo multiculturale odiato dal nazista Breivik.

Dopo averne fatto strage con un fucile a pompa, una mitragliatrice e una pistola automatica, ora tortura il loro ricordo.

Breivik scrive al “Gruppo di sostegno 22 luglio” e  ai singoli sopravvissuti. Torbjørn Vereide  era uno dei ragazzi nell’isola, quel giorno. È scampato alla morte e oggi è un parlamentare laburista. “Ho un nodo allo stomaco. C’è qualcosa di assurdo in qualcuno che ti ha puntato un’arma contro, ha sparato e ha cercato di ucciderti, e ora ti manda una lettera. Ho sentito che il mio cuore si è fermato e la mia giornata è diventata pesante”, ha raccontato a NRK.

Breivik è libero di colpire.

In molti chiedono che si trovi il modo di farlo smettere, ma a quanto pare non è così semplice. Un giornale britannico ha interpellato il vicedirettore regionale del sistema carcerario Erling Fæste, “il motivo per cui consentiamo l’invio di lettere è che la legge sull’esecuzione delle sentenze stabilisce che ai detenuti è permesso l’invio lettere, a meno che ciò non possa portare a nuovi reati”. Fæst ha promesso di impegnarsi per evitare che le missive siano inviate direttamente ai sopravvissuti. Una brillante soluzione.

A gennaio il tribunale sarà chiamato a decidere sulla libertà vigilata. Non è uno scherzo. Le sue chance sono praticamente nulle, visto che non si è mai pentito. Per la strage è stato condannato a 21 anni di carcere, la pena massima prevista in Norvegia.

Breivik attualmente occupa tre celle di oltre 10 metri quadrati ciascuna, dotate di un televisore con videogiochi e lettore dvd.  Nella sua richiesta di una misura di detenzione meno afflittiva Breivik lamenta le condizioni di detenzione in regime di isolamento. In teoria, grazie al permeabile sistema giudiziario norvegese, Breivik potrebbe pure ottenere la libertà vigilata. Ha detto il suo avvocato. “Ha diritto a un controllo giurisdizionale della libertà condizionale alla fine del periodo minimo, che nel suo caso è di 10 anni. Questo e' un diritto che tutti i detenuti hanno e che egli desidera esercitare”. Secondo il legale, Breivik ha anche intenzione di presentare un'altra denuncia contro lo Stato norvegese per protestare contro "un così lungo isolamento" in prigione. Nel 2016 le sue denunce per trattamento "disumano" e "degradante", in violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, erano state respinte. Tanta arroganza suscita molto sdegno nell’opinione pubblica.

Breivik è libero di fare proseliti. Sul web è possibile consultare la versione integrale del suo Manifesto “2083 Dichiarazione d’Indipendenza per l’Europa”. Un viaggio nella mente allucinata di un malvagio da primato.

© Riproduzione riservata