Sono gli irriducibili dei vitigni perduti, i cacciatori di antiche uve per lo più dimenticate ma ancora oggi protagoniste assolute di quella straordinaria biodiversità viticola che rende l’Italia, e la Sardegna in particolare, una vera Terra Promessa. Graspo, è il Gruppo di ricerca ampelografica per la salvaguardia e la preservazione dell’Originalità e biodiversità viticola. Nasce da un’idea di tre enologi con la passione per la ricerca attiva sul fronte del recupero di antichi vitigni abbandonati «nella convinzione che la biodiversità possa essere una risorsa importante per il futuro della viticoltura, sia in chiave di cambiamento climatico che per una migliore diversificazione dei vini anche in una proiezione prettamente commerciale», spiega Aldo Lorenzoni, enologo che assieme ai colleghi Luigino Bertolazzi e Giuseppe Carcereri de Prati gira l’Italia per raccontare quella biodiversità delle vigne, sempre più al centro delle attenzioni di ricercatori, studiosi, aziende e appassionati dei buoni vini. A dicembre hanno puntato la bussola nell’antica isola delle vigne: la Sardegna. «L’azione di Graspo - spiegano i tre studiosi - si è sviluppata inizialmente nell’ambito del territorio veneto e in particolare in alta Lessinia dove storicamente non erano mai state attivate indagini in questa direzione. Una operatività che si è poi allargata anche ad altre realtà in tutta Italia identificando varietà e areali dove il recupero di una più forte attenzione alla biodiversità viticola può essere strategica per delineare nuove prospettive produttive in un contesto oggi piuttosto omologato».

NELL’ISOLA Graspo ha trovato in Sardegna un terreno fertilissimo grazie anche al lavoro eroico di Akinas, Antigas Kastas de Ide pro Novas Arratzas de Inu de Sardinna. Un progetto curato magistralmente da Gianni Lovicu, responsabile del settore vitivinicolo di Agris, incentrato sui vitigni minori della Sardegna per valutarne la possibilità di ottenere vini apprezzati dal consumatore moderno ed eventualmente strategici in eventuali blend con vitigni più comuni e conosciuti. Cinque anni fa, era dicembre 2018, proprio grazie al lavoro curato dall’équipe di Lovicu sono stati iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite, una sorta di anagrafe ufficiale dove sono raccolte le carte d’identità di tutti i vitigni italiani riconosciuti e quindi anche potenzialmente vinificabili, ben 21 antichi vitigni. Quindici da vino, di cui sei a bacca nera: Fiudedda, Gregu nieddu, Medrulinu, Nera del ponte, Niedda Carta, Saluda e passa. E nove invece a bacca bianca: Alvarega, Argu Mannu, Codronisca, Crannaccia Arussa, Cuccuau, Licronaxu, Mara bianca, Selezione Vèdele, Bianca remungia. Sei infine le uve da tavola: tre a bacca nera, Axina de tres bias, Apesorgia nera, Axina furistera; una bacca rossa, Tittiacca rosa; e due a bacca bianca, Galoppu e Gabriella. Vitigni sardi senza età che si possono trovare nei vari angoli della vigna isolana. Le 21 varietà autoctone inserite nel Registro nazionale raddoppiano il numero di vitigni iscritti, da 20 a oltre 40. Un ricco patrimonio di biodiversità come pochi al mondo. Tutto ampiamente documentato nel poderoso studio di Akinas e portato a termine dal gruppo di lavoro con biologhe molecolari e bravissime genetiste di Agris alle prese con il Dna di oltre 2500 vitigni raccolti nelle banche dati di tutto il mondo. Un obiettivo quello di Akinas raggiunto anche grazie a quella preziosissima vigna di Agris, circa un ettaro e mezzo, nelle campagne di Ussana. È il vigneto della memoria, concepito e voluto da Lovicu dove si contano 4500 ceppi e 120 varietà di vitigni autoctoni, rari e spesso ancora sconosciuti. Sono le collezioni di germoplasma di Agris Sardegna (le più importanti dell’Isola) e talvolta coltivati nei vecchi vigneti.

Al centro Aldo Lorenzoni, a sinistra Giuseppe Carcereri e a destra Luigino Bertolazzi (foto Graspo)
Al centro Aldo Lorenzoni, a sinistra Giuseppe Carcereri e a destra Luigino Bertolazzi (foto Graspo)
Al centro Aldo Lorenzoni, a sinistra Giuseppe Carcereri e a destra Luigino Bertolazzi (foto Graspo)

GRASPO Piena sintonia quindi tra due mondi strettamente collegati tra loro. Il gruppo di ricerca ha accettato l’invito di Alessandro Corona sindaco di Atzara per un confronto «sulla valorizzazione dei vecchi vigneti, dei vitigni minori e del paesaggio rurale di interesse storico». Dunque prima tappa il Mandrolisai, terra di una stupenda Doc, «una delle denominazioni forse meno note ma tra le più suggestive ed identitarie di tutta l’Isola. Il Mandrolisai è un territorio dalla forte identità paesaggistica» con i comuni in provincia di Nuoro: Atzara, Ortueri, Sorgono, Tonara, Desulo e Meana; e Samugheo in provincia di Oristano. Atzara-Sorgono hanno ottenuto il riconoscimento del primo paesaggio rurale di interesse storico di tutta la Sardegna. Ora si è aggiunto Meana Sardo, che a metà dicembre ha presentato ufficialmente (con l’ex sindaco Marco Demuro che ha avviato l’iter per il riconoscimento e l’attuale primo cittadino, Salvatore Marras) la nuova iscrizione nel Registro nazionale dei Paesaggi rurali storici istituito dal ministero.

«Per conoscere bene il territorio e per entrare nel cuore delle persone che lo vivono devi essere accompagnato dalle persone giuste e noi abbiamo avuto la fortuna di incontrare due straordinari personaggi come il professore economista Carlo Marcetti di Unica e Paolo Manca già presidente della Strada del Vino del Vermentino di Gallura ma con una particolare passione per il Mandrolisai e le sue uve Cannonau, Bovale e Monica». E così si caratterizza molto bene quel viaggio nell’Isola che Graspo definisce «una immersione completa nell’anima di questa Sardegna verace in grado di stupire per idee e dinamismo». Dalla cantina Fradiles, («una della realtà forse più significative di Atzara»), alle vigne di Granatza da Francesco Sedilesu a Mamoiada. Dallo studio del Monica bianca o Pansale anch’esso diffuso in tutta l’Isola, («anche se la sua valorizzazione come vino è dovuta ad aziende della Baronia, della Marmilla e del Logudoro»), al Nasco incontrato dal produttore enologo Piero Cella. «Un vitigno antico, quasi scomparso e recuperato in tempi recenti. Tipico del meridione della Sardegna, si trova anche nel Mandrolisai. E il vino che nelle manifestazioni ed esposizioni dell’Ottocento spopolava in assoluto, tanto da essere esportato anche in Russia». E poi il Girò, «sempre da Piero Cella declinato come vino dolce, varietà a buccia rossa, diverso dal Girò classico, diffuso negli areali dell’Isola. È adatto per produzioni di vini rosati, freschi, ma le sue potenzialità sono ancora tutte da scoprire».

Il libro pubblicato da Graspo "La Biodiversità viticola" (r. r.)
Il libro pubblicato da Graspo "La Biodiversità viticola" (r. r.)

Il libro pubblicato da Graspo "La Biodiversità viticola" (r. r.)

IL LIBRO Un grande lavoro insomma testimoniato dettagliatamente in pubblicazioni, articoli su varie testate, comunicato sui social come Associazione Graspo. Un impegno costante ed appassionato riconosciuto a livello nazionale dal premio Go Wine 2023 per la Biodiversità e dalla guida ai 100 migliori vini del Corriere della sera per la ricerca enologica. Tutta questa articolata attività è testimoniata infine in una ampia pubblicazione dal titolo: “La Biodiversità viticola, i custodi, i vitigni, i vini”. Un libro che fa sintesi del lavoro fatto fino ad oggi e diventa lo strumento ideale per accompagnare le degustazioni di questi originalissimi vini. «Si tratta di un testo realizzato proprio con questo scopo, un libro da bere, una esperienza che affonda saldamente le radici nei vitigni del passato ma che presenta o ripresenta sorprendentemente vini moderni che guardano al futuro», spiegano gli autori. «Non si tratta quindi di un mero catalogo di vitigni a rischio estinzione o a rischio erosione genetica ma di una esperienza immersiva in questo mondo dimenticato, fatto di storie di autentico eroismo, se parliamo dei tanti viticoltori custodi incontrati, ma anche un racconto di quanto gli ampelografi di tutta Italia hanno fatto per identificare e preservare questi vitigni. Con umiltà ed attenzione vengono riportati racconti e testimonianze che ci aiutano a comprendere meglio gli aspetti tecnici e legislativi che sottendono le azioni di ricerca ampelografica, abbinando a ogni vitigno un custode, un ricercatore o un racconto con l’obiettivo di stimolare nel lettore la curiosità, non solo relativa al singolo vitigno, ma all’affascinante e complesso mondo della ricerca ampelografica». Nella prossima primavera previsti gli impianti di almeno 50 varietà a rischio estinzione, in tre campi collezione di diversi areali, per validare il loro comportamento sia in vigna che in cantina. «Sono i vitigni che Graspo ha individuato, seguito, studiato e vinificato negli ultimi tre anni di ricerca anche grazie a tanti viticoltori custodi». Una esperienza di oltre 100 mila chilometri in tanti territori italiani, incontrando 250 produttori, eseguendo numerosissimi prelievi di materiale vegetale con oltre 250 analisi del Dna per stabilire l’identità dei vitigni, scoprendo ad oggi 10 nuove varietà di uva e realizzando solo nell’ultima vendemmia quasi 100 micro-vinificazioni.

VINITALY Nei quattro giorni del 55esimo Vinitaly 2023, Graspo ha curato numerose iniziative di comunicazione e degustazione. Una serie di degustazioni esclusive, mai presentate prima in altre manifestazioni frutto di vinificazioni accurate con vitigni scoperti da Graspo o con vitigni che da almeno 100 anni non sono stati vinificati in purezza. Per concludere: «Il volume, quindi, non è solo un racconto dei 60 vitigni ritrovati», confermano gli enologi di Graspo, ma è un prezioso libro dell’eredità viticola italiana «che dal passato trae ispirazione per i vini del futuro».

© Riproduzione riservata