Un anno ad aspettare una visita specialistica. E adesso che c'è di mezzo il coronavirus le liste d'attesa nel Nuorese si allungano ancora di più. Ciò che è tremendamente difficile fare in pubblico, riesce invece molto bene nel privato. In una settimana o dieci giorni uno specialista si trova facilmente. Basta pagare. Alla faccia del diritto alla salute. Chi non può - messo impietosamente di fronte alla scelta (sottoporsi a una visita specialistica a pagamento o affrontare un viaggio della speranza estenuante verso altri presidi sanitari) - arriva paradossalmente a rinunciare alle cure, "perché non trova risposte diagnostiche tempestive ed efficaci e, di conseguenza, si rassegna alla mancata assistenza sanitaria. Questa prospettiva, purtroppo reale, è inconcepibile e vergognosa". La denuncia arriva dai segretari di Spi Cgil, Fnp Cisl, Uil Uilp, le organizzazioni sindacali di categoria che tutelano i pensionati, "estremamente preoccupati e allarmati dalla insostenibile situazione sanitaria e socio-sanitaria della provincia, verificatasi durante l'epidemia del coronavirus". Gianfranco Mussoni, Pietro Bassu e Massimina Puddu hanno analizzato impietosamente situazioni e cifre che sono sotto gli occhi di tutti. Approfondendo anche aspetti che l'emergenza della cronaca tende a mettere in secondo piano.

"La Sanità nel Nuorese, già prima del Covid - osservano i tre sindacalisti - era in grosse difficoltà a causa del definanziamento operato negli anni e giustificato da processi di riorganizzazione che hanno prevalentemente tagliato i servizi, senza esaminare le sopravvenute nuove necessità. Il depotenziamento dei servizi è da ritenersi inqualificabile, considerando che ad oggi, in piena emergenza sanitaria, quelli stessi servizi e la loro funzionalità sono pressoché paralizzati: tutto questo ha investito la quotidianità della popolazione mettendo in notevole difficoltà le fasce più fragili, bisognose di cure e di assistenza irrinunciabili".

Il caso della pensionata positiva spedita come un pacco postale da Sassari a Nuoro e qui parcheggiata purtroppo non è frutto di una sfortunata coincidenza. Succede che le ambulanze stazionino davanti ai Pronto soccorso dell'Isola con a bordo pazienti in attesa di ricovero. "In tutti i reparti", ripetono i rappresentanti sindacali dei pensionati riferendosi al San Francesco di Nuoro, "mancano i medici, gli infermieri e mancano gli operatori socio-sanitari". E quelli in servizio sono costretti a orari di lavoro massacranti. "È assurdo - osservano Mussoni, Bassu e Puddu - pensare che si possa fare un turno di 8 ore lavorative (quando non sono 10 o 12 di seguito) senza pausa per bere, per i bisogni primari e personali di ciascuno".

Le accuse mosse dai sindacalisti sono pesanti. I leader dei pensionati di Cigl, Cisl e Uil parlano apertamente di improvvisazione nella gestione dei reparti Covid e dei posti di terapia intensiva "senza medici e infermieri specializzati, senza la logistica idonea per l'isolamento dei pazienti". L'ospedale è nudo impreparato ad affrontare un'emergenza difficile da gestire perché manca l'assistenza primaria sul territorio. Le Unità speciali di continuità assistenziale del Nuorese sarebbero dovute essere quattro, ma - altra promessa tradita - ne è stata istituita soltanto una, in città nel padiglione "Foresteria" (zona Hospice) dell'Ospedale Cesare Zonchello. Ovviamente un solo presidio su un territorio così vasto non riesce a soddisfare le numerose richieste. Dai sindacalisti di categoria arriva un quadro articolato e puntale dei disservizi che caratterizzano la gestione della pandemia. Il pensiero vola ai "pazienti Covid" che "vivono una situazione di solitudine e abbandono quasi totale: isolati durante la degenza domestica, al termine del periodo di isolamento/quarantena non riescono a eseguire il tampone programmato che accerti la loro guarigione, restando, pertanto, loro malgrado costretti a rimanere chiusi a casa pur stando bene; ciò accade anche quando il tampone viene eseguito nelle more dell'esito dello stesso. Ciò crea non pochi problemi soprattutto ai precari, lavoratori e lavoratrici, che rischiano la perdita del posto lavoro". L'ospedale da campo allestito davanti al San Francesco, per i sindcalisti, resta "una soluzione di emergenza" e comunque sia "deve essere accompagnato da un proprio organico specializzato. La politica deve prendere atto e trovare una soluzione che è imprescindibile dalla chiamata di nuovi operatori".

L'appello alla Regione, secondo il cui presidente Christian Solinas invece la situazione è sotto controllo, è perentorio: serve un efficace intervento dell'assessore regionale alla Sanità. Sia sul fronte delle cure sia sul fronte della prevenzione, dove le difficoltà sembrano insormontabili. Eseguire un tampone rapido per il tracciamento è difficile, anche su questo fronte la sanità pubblica abdica a favore del privato. "Per eseguire il tampone molecolare l'unica possibilità è rivolgersi ad operatori privati di Olbia, circostanza che lo rende inaccessibile per le persone in quarantena che non possono uscire dal domicilio e che, di conseguenza aspettano anche 10-15 giorni dopo la quarantena prima di essere rassicurati dall'esito del test".

L'attualità dice che si registrano focolai nelle case di riposo (l'ultimo a Borore, quasi tutti gli ospiti positivi) e fa capire che "tutte le strutture per anziani di qualsiasi tipo esse siano, devono essere profondamente ripensate e riorganizzate. Gli anziani non possono essere abbandonati, non possono morire in solitudine. Quanto sta accadendo oggi nelle strutture per anziani e disabili necessita di un intervento urgente. L'elevato numero di pazienti contagiati e, purtroppo, di morti a causa della pandemia non è assolutamente accettabile".
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