Asunta Yong Fang Basterra Porto aveva quasi tredici anni quando venne ritrovata morta sul ciglio di una strada di campagna della Galizia, in Spagna, il 21 settembre 2013. Dopo qualche giorno i genitori furono accusati del suo omicidio e trasferiti in carcere.

L’omonima serie Netflix, pur romanzando alcuni elementi, ricostruisce questa storia che in Spagna fece molto scalpore.

Rosario Porto era un’avvocata appartenente a un’importante famiglia galiziana, mentre il marito, Alfonso Basterra Camporro, era un giornalista. Vivevano a Santiago di Compostela, con la loro unica figlia, Asunta, che avevano adottato in Cina quando aveva appena nove mesi.

L’anno della morte della ragazzina era stato molto difficile per la famiglia, poiché in gennaio Alfonso scoprì, per caso, che la moglie aveva una relazione extra coniugale e si separò da lei, andando però a vivere vicino all’appartamento della moglie per non perdere i contatti con la figlia.

Rosario a giugno fu ricoverata per depressione in ospedale e l’ex marito le fu sempre accanto.

Il 21 settembre intorno alle 22:30 i due ex coniugi si presentarono alla polizia per denunciare la scomparsa di Asunta: la madre dichiarò inizialmente di averla lasciata a casa per recarsi da sola nella casa di campagna di Teo, a venti minuti d’auto da Santiago. Nei giorni seguenti questa dichiarazione fu smentita dai filmati di una telecamera, che mostravano l’auto della donna con a bordo anche la figlia. A seguito di ciò e di altre contraddizioni, i genitori di Asunta vennero arrestati e accusati dell’omicidio della loro figlia. Ma il movente non fu mai trovato.

I media spagnoli si buttarono a capofitto nella vicenda, scandagliando la vita della famiglia Porto- Basterra: Rosario fu dipinta come una narcisista depressa che voleva sbarazzarsi della figlia, mentre il marito come il suo complice e succubo, che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di tornare con la ex moglie.

La ricostruzione del pomeriggio del 21 settembre fatta dalla polizia affermava che Asunta aveva pranzato con entrambi i genitori, a casa di suo padre, verso le 14; era poi tornata da sola verso le 17:30 all’appartamento della madre (che distava pochi metri), seguita dopo qualche minuto dopo dalla madre. Alle 18:20 l’auto della donna con a bordo anche Asunta fu ripresa da una telecamera, contraddicendo quanto affermato inizialmente da Rosario, ovvero che si fosse recata da sola nella residenza di campagna, lasciando la figlia a casa. La donna, secondo l’allarme che fu inserito nella casa, andò via intorno alle 21 e, tornata a Santiago, chiamò il marito, con cui poi si recò alla polizia a denunciare la scomparsa della figlia. All’una e trenta il corpo di Asunta venne ritrovato, non lontano dal paese di Teo, da due ragazzi.

Per il giudice delle indagini preliminari anche Alfonso era stato nella casa di campagna con moglie e figlia. Il suo telefono era stato spento per molte ore nel pomeriggio, come se non avesse voluto far tracciare i suoi movimenti, ma lui sosteneva di essere rimasto sempre a casa e che fosse una sua abitudine staccare la connessione del telefono quando leggeva un libro.

Il caso, però, si fece misterioso quando si scoprì che in luglio Asunta fu aggredita, mentre dormiva, da uno sconosciuto che la madre mise in fuga, ma senza mai denunciare il fatto alla polizia. Inoltre le analisi sul corpo della ragazza dimostrarono che da almeno tre mesi le veniva somministrato un potente ansiolitico, che Alfonso comprava per i problemi di depressione della moglie, ma che, secondo l’accusa, avrebbe dato alla figlia. Tanto che il giorno della sua morte, la ragazzina aveva assunto ben ventisette pastiglie del medicinale.

Si cercò anche un movente sessuale, gettando sul padre il sospetto di pedofilia.

La difesa degli imputati cercò di cavalcare la pista del terzo uomo, che avrebbe rapito e ucciso Asunta, visto che sulla maglietta della ragazzina fu ritrovato del materiale biologico. Ma il giovane a cui apparteneva, che era schedato per un’accusa di violenza sessuale da cui fu poi scagionato, dimostrò di trovarsi a Madrid il 21 settembre e, infine, il laboratorio di analisi dovette ammettere un inquinamento delle prove.

Il processo si concluse due anni dopo la morte di Asunta e finì con la condanna dei suoi genitori a diciotto anni di carcere. Rosario si è suicidata nella sua cella nel 2020; Alfonso uscirà dal carcere nel 2031: continua a proclamarsi innocente.

© Riproduzione riservata