Affascinanti e misteriose. Tanto da scatenare la fantasia degli uomini di scienza, dei pensatori del passato. Serpenti di mare capaci di resistere sulla terraferma, a differenza degli altri pesci che fuori dall'acqua ben presto morivano. Le anguille no, potevano farcela. C'era, tra le righe del grande libro della storia naturale, una verità nascosta che faceva surriscaldare le meningi degli studiosi più attenti. Ed era il mistero della nascita, l'origine di questo pesce serpentiforme che nuotava in una mare indecifrabile. Dove venivano al mondo, le piccole anguille? Dove nascevano? Lo scienziato e filosofo greco Aristotele, per esempio, pensava che prendessero vita dal fango putrido degli stagni, venissero al mondo lungo quei tratti di costa dove i fiumi scaricano le loro acque. Aristotele, nella sua Historia animalium, parla appunto di animale asessuato che si genera spontaneamente.

Racconta, Plinio il Vecchio nella sua monumentale opera, Naturalis Historia (Libro nono, dedicato agli animali acquatici), che le anguille «vivono otto anni, resistono anche senz'acqua per cinque, sei giorni quando spira l'aquilone (ovvero la tramontana), meno quando in inverno «soffia l'austro», l'ostro, il vento del sud».

Plinio va oltre. Narra che l'anguilla ritorna al mare ogni anno in gran numero lasciandosi dietro lagune e fiumi. Da attento osservatore di questioni naturali, cerca risposte anche nel mistero della riproduzione. Ebbene, è qui che la scienza sfocia nella fantasia. Scrive infatti che per riprodursi, si strofinano contro le rocce e dai frammenti della loro pelle si formano le piccole anguille. Una teoria condivisa anche dal bizantino Giorgio di Pisidia (VII secolo d.C.) nella sua opera dedicata alla creazione del mondo».

Furono i Romani, veri consumatori di anguille (furono loro a sviluppare l'anguillicoltura nelle Valli di Comacchio) a favorire le osservazioni sulla biologia di questa specie che destava. Martino IV, Simon de Brion, papa dal 1281 al 1285, che Dante colloca nella cornice dei golosi del Purgatorio, fu noto per la sua passione culinaria per le anguille del lago Bolsena, che amava assaporare annegate nella vernaccia e poi cotte sulla brace. Nel Medioevo l'anguilla finisce sul patibolo, violentemente demonizzata. E rivalutata soltanto nel Rinasciamento. Nel XVI secolo di anguillicoltura e di tecnica di pesca scrive Torquato Tasso. Sono lontani i tempi in cui si ipotizzavano anche accoppiamenti riproduttivi tra serpenti e anguille, tra murene e anguille, tra gronghi e anguille. E sono altrettanto distanti le convinzioni di una genesi spontanea.

Risale al 1600 e al medico naturalista Francesco Redi l'assoluta negazione dell'autogenerazione delle anguille, mentre nel 1783, il medico anatomista e docente universitario Carlo Mondini individua le ovaie dell'anguilla in alcuni esemplari maturi e annuncia la sua straordinaria scoperta all'Accademia delle Scienze e delle Arti di Bologna. Facendo anche precisi riferimenti alla riproduzione in mare. Argomenti ripresi e trattati dal biologo gesuita Lazzaro Spallanzani in uno studio sulle anguille del Comacchio.

È la seconda metà dell'Ottocento: Giovan Battista Grassi e Giuseppe Calandruccio catturano in mare e esaminano maschi sessualmente maturi descrivendo (lo faranno anche altri scienziati successivamente) e dimostrando che il Leptocephalus brevirostris (forme giovanili) non era una specie a sé ma la larva dell'anguilla. Nel 1928 lo studioso danese Johannes Schmidt aggiunge un importante tassello alla conoscenza sulle anguille. Individuando nel Mar dei Sargassi la loro area riproduttiva.

Il mistero è dunque svelato. È lì, in quello spicchio d'Atlantico tra le isole Bermude e Porto Rico, quasi a metà strada tra l'Europa e l'America, che tutte le anguille si riproducono. Lo fa l'anguilla europea (Anguilla anguilla) e lo fa la specie americana (Anguilla rostrata). Entrambe le specie, raggiunta la maturità sessuale nelle lagune, nei laghi e nei fiumi cominciano il loro viaggio, alla deriva, verso il mare dei Sargassi.

Depongono le uova e muoiono. Sono i leptocefali, appena usciti dall'uovo, a farsi trascinare dalla corrente del Golfo raggiungendo le coste europee. Una traversata lunga tre anni, contro i dodici mesi trascorsi dalle loro cugine per "toccar terra" in America e riconquistare le foci dei fiumi. Diventate cieche, risalgono i corsi d'acqua dolce per diventare adulti. Predatori di piccoli animali, prede della specie uomo. Catturata con le reti, le nasse, le lenze. I bertovelli, molto usati nelle zone lagunari della Sardegna.

Pesce ad alto rischio di estinzione, è stato sottoposto da alcuni anni a uno studio (Piano regionale di gestione dell'anguilla) condotto a Cagliari dal Dipartimento di Scienze della Vita e dell'ambiente e dall'agenzia Agris e finalizzato al ripopolamento.
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