Chi l’ha detto che avrebbe perso appeal alla ripresa delle altre attività sportive sospese per l’emergenza sanitaria? “Questa moda del padel, favorita dal blocco degli sport di squadra”, soprattutto il calcetto, “passerà appena si allenteranno le restrizioni dovute alla pandemia. Farà la fine dei racchettoni da spiaggia”, hanno continuato a ripetere per tutto l’inverno i detrattori del nuovo tennis. Una moda la chiamavano, quasi sottolineando un giudizio negativo e continuando a ignorare numeri-record di questa disciplina: almeno diecimila praticanti solo a Cagliari, almeno tre squadre che partecipano ai campionati nazionali, almeno una quarantina di campi tra capoluogo e Area Vasta sempre occupati, almeno una crescita del 1000% della vendita di racchette e accessori. Provate a chiedere ai rivenditori specializzati, che ancora oggi vendono tubi di palline come se fosse il pane; parlate con i maestri (ora sono 9 a Cagliari, erano 3 fino a un anno fa), che non hanno quasi più un “buco” libero fino a Ferragosto; fate un giro tra gli impianti, troverete cantieri aperti per la costruzione di nuovi campi. Ma se pensate ancora che sia solo una moda, provate pure a utilizzare l’applicazione PrenotaUnCampo dove sono presenti quasi tutti gli impianti: per trovare la disponibilità di un campo la sera (la fascia oraria più gettonata è quella tra le 18 e le 21.30, ma non va molto meglio all’ora di pranzo nei giorni feriali) bisogna avere una buona dose di fortuna. Oppure basta mettersi l’anima in pace, e decidere di prenotare a distanza di due settimane.

Ecco che cosa resta della “moda” del padel con la fine (quasi totale) delle restrizioni: un movimento sportivo di giovani, bambini, famiglie, anziani che continua a crescere, sfruttando il passaparola dei praticanti e l’input della Regione (con l’assessore al Turismo Gianni Chessa in prima linea) che lo scorso settembre ha organizzato a Cagliari una tappa del World padel tour, facendoci innamorare delle magie di “Bela” e “Tapia”. Una scommessa vinta, quindi. Vinta soprattutto da Angelo Binaghi, presidente della Federtennis, quando a gennaio del 2018, inaugurando il primo campo di padel a Cagliari (al Tc Cagliari di Monte Urpinu) aveva detto che “questo sport conquisterà migliaia di persone anche in Italia”, dopo aver fatto innamorare altri paesi come Spagna o il Messico (dove il padel è nato negli anni Settanta). Lo aveva detto in tempi non sospetti, prima che i detrattori provassero a etichettare questo sport, oggi traino e riferimento della contemporaneità motoria, come una semplice moda.

Matteo Casula (foto Instagram)
Matteo Casula (foto Instagram)
Matteo Casula (foto Instagram)

A padel, oggi, giocano tutti: calciatori (anche quelli del Cagliari), avvocati, psicologi, scrittori, commercialisti, notai, operai, disoccupati, impiegati, commessi, psicologi, ballerini... Uomini e donne, indistintamente. “Perché è una disciplina democratica, mette tutti d’accordo”, dice Matteo Casula, 24 anni, direttore sportivo del DLF Cagliari (Dopolavoroferroviario). Lui è uno spot per il padel in Sardegna: ingegnere biomedico, tennista mancino di talento (Seconda categoria), nel 2019 è diventato campione sardo di doppio maschile (con Alessandro Cannavera, un altro che con la racchetta ci sa fare parecchio) e di doppio misto (con Ilaria Pibiri, per lei basta citare i tre titoli Assoluti sardi di tennis vinti in singolare). Oggi insegna i segreti di smash e volée all’interno della “gabbia”. “Il successo di questo sport è dovuto principalmente a due aspetti: competizione, è un confronto a punti, e soddisfazione, già il primo giorno si riesce a buttare la palla dall’altra parte del campo”, spiega. E aggiunge: “La chiusura obbligata delle pareti che azzerano i tempi morti, i vetri da usare come sponde, la disposizione a coppie che determina la sfida, il ridotto ventaglio di colpi “vincenti” rispetto al tennis, ne fanno uno sport dinamico, empatico, coinvolgente e socializzante”. Nell’ultimo anno e mezzo è nata una vera e proprio community del padel, con uomini e donne che si incontrano prima sulle chat di whatsapp, dove si organizzano le partite, poi si “scontrano” in campo, quindi si conoscono fuori dal rettangolo 20X10.

Niente a che vedere con i racchettoni sulla spiaggia, dunque. Anche con quelli, è vero, abbiamo provato a giocare tutti almeno una volta e per questo motivo quel passatempo (anche un po’ noioso, a posteriori si può dire?) per un po’ di tempo è sembrato pure una moda. Ma il padel è tutta un’altra cosa. Il padel è uno sport.​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​

© Riproduzione riservata