L'ex giocatore del Milan Robinho e i suoi "complici" hanno manifestato "particolare disprezzo" nei confronti "della vittima che è stata brutalmente umiliata" e hanno "da subito cercato di sviare le indagini offrendo agli inquirenti una versione dei fatti falsa e previamente concordata".

E' quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui la Corte d'Appello di Milano ha confermato, lo scorso dicembre le condanne a 9 anni di carcere per il calciatore e per un suo amico, Ricardo Falco, accusati di aver violentato una ragazza di 23 anni a Milano, nel 2013.

Una sentenza che aveva portato il Santos, squadra brasiliana dove Robinho era tornato a giocare per chiudere la carriera, a mettere fuori rosa il giocatore, nella bufera anche per alcune intercettazioni.

Altri persone che parteciparono al fatto si sono invece rese irreperibili.

Ad aggravare il quadro anche il fatto che, da quanto emerso dalle indagini, la vittima al momento della violenza non fosse in sé. Scrivono infatti i giudici: "L'illustrato quadro probatorio - scrivono i giudici - dimostra in modo inequivocabile, a parere della Corte, lo stato di totale incoscienza della persona offesa".

Per l'accusa l'ex giocatore del Milan e i suoi complici, la sera del 22 gennaio 2013, avrebbero fatto bere la ragazza fino al punto da renderla incosciente e poi l'avrebbero violentata nel guardaroba di un locale notturno della movida milanese.

Robinho e Falco sono stati anche condannati a versare in solido 60mila euro alla vittima, parte civile col legale Jacopo Gnocchi.

Le difese degli imputati faranno ricorso in Cassazione. Nel frattempo Robinho, che non ha mai avanzato alcuna richiesta di risarcimento, resta in Brasile.

(Unioneonline/l.f.)
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