Nato e cresciuto a "pane e pallone" non poteva che dedicare la sua vita al calcio. Prima come giocatore, ora come allenatore. Senza perdere di vista le priorità: famiglia e lavoro. Con un padre innamorato del calcio e con sette fratelli (uno, un certo Gigi Piras, è diventato una bandiera del Cagliari in serie A), anche loro attirati dal pallone, Pierpaolo Piras, selargino doc, ha fatto una scelta di vita: restare in Sardegna, raggiungendo la serie D. "Ho avuto richieste da squadre di C2 e C1. Ma a diciotto anni sono diventato papà. Così, senza rimpianti, ho deciso di dare la priorità al lavoro e alla famiglia".

A proposito di famiglia, tutti calciatori in casa? "Praticamente sì. Per questo ho iniziato a giocare a calcio a cinque anni. Il campo era la strada. Grandi sfide con gli amici del vicinato. Ma la passione per il pallone mi è stata trasmessa da mio fratello Gigi. Quando ha esordito in serie A con il Cagliari io avevo dodici anni. L'ho sempre visto con la maglia rossoblù. Ma anche gli altri miei fratelli hanno giocato: Marco, Pino, Giuseppe, Antonio - anche lui ha esordito nel Cagliari in serie B - Sergio e Aldo. L'unico che ha giocato solo da bambino per poi lasciare è stato Mauro. Insomma una famiglia di calciatori, contagiati da nostro padre Mario, grande appassionato e tifoso di tutti i figli. Riusciva a seguici tutti: non so come abbia fatto". Il calcio è stato la sua vita? "Il calcio mi ha dato e mi dà tanto. Ho fatto tante conoscenze, socializzato e sono nate amicizie indissolubili. Sono felice di aver scelto questo sport. Mi ha dato un'educazione e mi ha tolto dalla strada. Purtroppo ho visto diversi ragazzi che hanno fatto una brutta fine anche perché non hanno giocato a calcio".

Ancora oggi è nel mondo del calcio? "Sono un allenatore. Il calcio è una malattia incurabile. Vorrei giocare ancora, come ho fatto fino all'anno scorso negli amatori. Ma i problemi a un ginocchio mi hanno costretto a fermarmi. Con grande dispiacere ho appeso le scarpette al chiodo". Ha giocato in serie D. Qualche rimpianto? "Nessuno. Ho sempre fatto delle scelte di vita. Ho giocato in D con la San Marco, con il Selargius e con l'Arbus. Ho avuto richieste da squadre di C1 e C2, da Torres, L'Aquila, Cerveteri. Certo forse sarei potuto approdare in categorie superiori, magari raggiungere la serie B. Oppure non fare nulla. Ho deciso di sposarmi con la mia attuale moglie fin da giovane. E ho scelto di stare in Sardegna, dando priorità alla famiglia e al lavoro. E oggi posso dire di aver fatto bene". Carattere forte, che rapporti aveva con i compagni? "In campo pretendevo molto da me stesso ma anche dai miei compagni. Per questo mi arrabbiavo. Sì ammetto di aver qualche volta urlato ma sempre per il bene del gruppo. Questo mi è sempre stato riconosciuto. Per questo ho tanti amici ex compagni ma anche tra i tanti avversari incontrati in campo. Un legame particolare ce l'ho con Giampaolo Zaccheddu: era un calciatore di livello superiore a tutti ed è una grande persona. E poi devo citare mio fratello Sergio: abbiamo giocato tanti anni insieme" E con gli allenatori? "Ho sempre rispettato i ruoli. Mi arrabbiavo più con i miei compagni che non seguivano le indicazioni dell'allenatore. Ci tenevo molto al gruppo e alla vittoria finale. Ricordo tanti allenatori. Tra i principali c'è Renzo Cappellaro, nel mio primo anno al Quartu: era molto tattico, preparato. Mi ha fatto diventare un vero giocatore, insegnandomi i movimenti da attaccante. E poi Elvio Salvori e Mario Tiddia a Selargius, Bernardo Mereu alla Villacidrese. E Giorgio Melis. Insomma grande maestri".

Gigi Piras, fratello di Pierpaolo, con la maglia del Cagliari a San Siro
Gigi Piras, fratello di Pierpaolo, con la maglia del Cagliari a San Siro
Gigi Piras, fratello di Pierpaolo, con la maglia del Cagliari a San Siro

Come conciliava il calcio con il lavoro e la vita privata? "Ho una santa moglie. Lei ha pensato a crescere i nostri tre figli. Io ero impegnato con calcio e lavoro ma ho comunque fatto sentire la mia presenza in famiglia. E anche ora che alleno il Seulo mi supporta e, soprattutto, sopporta" Cosa è cambiato nel calcio? "I ragazzi di oggi non hanno passione. Il calcio per loro è un tassello tra i tanti. Non lo vivono come una priorità e con impegno. Saltano gli allenamenti e anche le partite della domenica con facilità e superficialità. A livello di calcio giocato i cambiamenti sono pochi. I giocatori prima avevano molta più tecnica perché si giocava in cortile: eri costretto a stoppare il pallone e a usare destro e sinistro. In strada non avevi tempo per pensare, dovevi ragionare in una frazione di secondo. Oggi forse si corre di più. Ma la tecnica è calata, e di molto".

Il ricordo più bello? "Il primo campionato vinto nel 1989-90 con il Selargius e la promozione in serie D. Avevamo un paese con noi. Ogni domenica c'erano 500 persone sugli spalti. E ci seguivano anche fuori casa. Alla fine del girone d'andata eravamo nella parte bassa della classifica. Poi abbiamo vinto tutte le partite, con un solo pareggio, ottenendo la promozione. Eravamo una grande squadra: tra i tanti ricordo Settembre, Cogoni, Zaccheddu, Carta, Ruggeri. Quasi tutti di Selargius e che hanno disputato poi tanti campionati di serie D con ottimi risultati affrontando squadre laziali, toscane, abruzzesi. Siamo andati vicini alla serie C2. Tutto merito di un grande presidente: Cenzo Zaccheddu, dirigente competente e uomo di sport. Con lui potevi parlare davvero di calcio".

Pierpaolo Piras in campo
Pierpaolo Piras in campo
Pierpaolo Piras in campo

E il più brutto? "Una testata, involontaria, subita a Muravera. Avevo diciotto anni. Avevo perso i sensi e mi ero ritrovato in ospedale, rimanendo in osservazione per due giorni". C'è un campionato che non rigiocherebbe? "Tutte le stagioni mi hanno dato qualcosa. Forse la delusione maggiore è arrivata ad Arbus con la retrocessione. Ma solo per il risultato. Perché eravamo un grande gruppo e abbiamo giocato alla grande. Siamo stati però sfortunati".

L'avversario più fastidioso affrontato in campo? "Zoncheddu del Calangianus. Era un difensore tosto, difficile da superare".

Lo stadio che ricorda con nostalgia? "Quello di Grosseto. Un impianto bellissimo. Ma soprattutto la novità di arrivare in uno stadio organizzato come se fossimo in serie A. È stato il primo impianto che mi fatto respirare il calcio di alto livello, così come è accaduto poi con gli stadi di Como e Varese". Ha conosciuto tanti personaggi nel calcio. Chi l'ha colpita? "Mi colpiva il presidente del Santa Teresa: signor Muntoni. Un uomo sempre sereno. Facevamo delle trasferte insieme: gli piaceva il calcio e trasmetteva questa sua pensione". Cosa ha significato avere un fratello come Gigi Piras? "Sono sempre stato un suo super tifoso. È stato il primo attaccante intelligente nel calcio. Faceva benissimo la fase offensiva e quella difensiva. Leggeva prima degli altri quello che sarebbe successo in campo. Mi hanno detto che nel giocare somigliavo a Gigi. Lo seguivo e lo osservavo: cercavo di carpire i suoi segreti. Un grande a livello nazionale".

Pierpaolo Piras in panchina
Pierpaolo Piras in panchina
Pierpaolo Piras in panchina

Ma tra i fratelli Piras chi è il più forte? "Gigi. Ha fatto diciotto anni di serie A: non si può discutere. Non ci possono essere paragoni. Inarrivabile per molti: anche per molti di quelli che adesso giocano in serie A". Cosa cambierebbe nel calcio sardo? "Abolirei la regola dei fuoriquota nei dilettanti. Se un giovane è bravo gioca. Così invece sei obbligato a utilizzare ragazzi che a volte non si trovano. O che non ne hanno voglia. In serie A toglierei la Var: così non è più calcio". La scheda Nome: Pierpaolo Cognome: Piras Età: 55 Luogo di nascita: Selargius Dove ha vissuto: Selargius Dove vive ora: Selargius Squadre in cui ha giocato: Gigi Riva Stella di Mare, San Marco Cabras, Monreale Calcio Quartu, Selargius, Villacidrese, Arbus, Quartu, Pula Lavori fatti: militare all'Esercito, manovale, imbianchino Lavoro attuale: Capo squadra alla DeVizia Squadra preferita: Cagliari e Selargius Calciatore preferito: Hugo Sánchez
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