Oggi è l'anniversario della morte di uno dei giocatori più amati dai brasiliani: Socrates, scomparso il 4 dicembre 2011.

Per ricordarlo al meglio bisogna effettuare un tuffo nel passato: 5 luglio 1982,"Sarria" di Barcellona. In un pomeriggio torrido Brasile e Italia si giocano il passaggio alle semifinali del campionato del mondo. L'Italia conduce 1-0 (testa di Rossi), il Brasile reagisce sontuosamente. Al 12' Zico riceve palla spalle alla porta, si libera in un fazzoletto del suo mastino Gentile e pennella un filtrante in verticale, per l'inserimento del numero 8 e capitano verdeoro, che controlla e mette dentro in corsa sul primo palo, ingannando Zoff. È la rete dell'1-1 del Brasile e tutti gli italiani da quel momento ne conobbero l'autore: Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, in arte Socrates.

Quel gol, bellissimo, come sappiamo servì a poco alla sua squadra. L'Italia vinse 3-2 e quella fantastica partita mise le ali ai piedi agli azzurri per aggiudicarsi i mondiali.

Per i brasiliani la sfida persa (tripletta di Rossi, impossibile dimenticare) diventa la tragedia del Sarria, inferiore per tristezza solamente al Maracanazo, ovvero la capitolazione nella finalissima per il titolo, nel 1950 in casa con l'Uruguay.

Il Brasile del 1982, per il gioco espresso, rimase però per sempre nel cuore di ogni sportivo che segue il calcio ed è tuttora una delle squadre più amate dai brasiliani, malgrado non abbia vinto nulla. Ma il talento non si dimentica e gli uomini di Telè Santana ne avevano da vendere: Zico, Junior, Eder, Cerezo, Falcao, per esempio. E Socrates, appunto. Tutti nomi del firmamento calcistico mondiale.

Socrates si chiamava così perché suo padre, di razza amazzonica, aveva letto la Repubblica di Platone, che di Socrate fu uno dei discepoli preferiti. Socrates calciatore nasce a San Paolo il 19 febbraio 1954 e dimostra subito il suo talento da centrocampista offensivo: è altissimo, longilineo, con due gambe che sembrano pertiche. Ha inoltre tiro e tecnica sopraffina, unite a sapienza tattica ed intelligenza straordinaria.

Inizia a giocare nel Botafogo di Ribeirao Preto, nello stato di San Paolo, dove esordisce prestissimo in prima squadra. Nel 1978 il passaggio al prestigioso Corinthians, in cui diede il massimo, come atleta e come uomo.

Si laurea innanzitutto in medicina e per i brasiliani, amanti dei soprannomi, diventa "Il Dottore". La squadra del Corinthians è in grandi difficoltà economiche e i giocatori, sotto l'impulso del Dottore, s'inventano una straordinaria forma di autogestione economica e tecnica, da allora chiamata "democrazia corinthiana".

La formazione e le scelte societarie vengono prese dai giocatori, che affiancano l'allenatore Mario Travaglini.Ogni questione viene posta ai voti. All'inizio la stampa paulista li prende per matti, ma dietro a quella forma strana di gestione democratica era evidente un chiaro messaggio politico: la forma di protesta contro il regime militare brasiliano, la democrazia contro la dittatura.

Il Dottore era il leader carismatico della protesta, in campo e fuori. Il Corinthians inoltre è sempre stata la vera squadra del popolo paulista, fondata tra l'altro nel 1910 da un gruppo di operai, per opporsi agli altri ricchi club.

Come seguito sportivo, con quasi 30 milioni di tifosi, il Corinthians è inferiore solo al Flamengo di Rio de Janeiro. Con Socrates, Wladimir e Casagrande ( centravanti che giocò in Italia con Ascoli e Torino) i bianconeri, in quegli anni di democrazia, conoscono uno dei più bei periodi della storia del club. Nel 1982 e 1983 il Corinthians vince il campionato Paulista.

Al termine della stagione si scatena una festa popolare incredibile. Socrates è uno degli uomini più influenti del Brasile, come calciatore e come uomo. Con le sue idee riesce anche ad indirizzare una parte dell'opinione pubblica. Il suo carisma e le sue doti gli danno di diritto la fascia di capitano della nazionale più prestigiosa del mondo. Il Corinthians oltre ai titoli riesce ad appianare anche i debiti.

Una favola ed un'epopea calcistica che ancora oggi vengono ricordate con nostalgia da tutti i tifosi.

Nel 1984 Socrates, dopo 297 partite e 172 reti, lascia il club: destinazione Firenze. L'ingaggio è faraonico, ma con i viola il Dottore non sfonda: 28 gare e 6 reti. Con l'ambiente si comporta comunque in maniera gentile ed educata, anche se in realtà come carattere è un alieno rispetto ai suoi compagni. Un giornalista italiano un giorno gli chiede se ammirasse più Rivera o Mazzola. La risposta del brasiliano lascia tutti di stucco: "Sono venuto per leggere in italiano Gramsci e studiare il vostro movimento operaio".

Uno così, nel calcio italiano di quei tempi, non ci fa nulla. E infatti nella stagione successiva Socrates se ne torna senza polemiche in Brasile, riprendendo nel Flamengo e nel Santos, in cui chiude la carriera nel 1988.

A Ribeirao Preto comincia finalmente il mestiere di medico, in cui si fa onore, sempre in aiuto dei più deboli. Collabora, in veste di commentatore calcistico, per tanti anni in diverse TV brasiliane, mettendo in mostra la sua celebre arguzia e intelligenza. La vita che conduce non è però certamente monacale e nemmeno di buon esempio per un medico: fuma e beve a volontà. Si prende anche la cirrosi epatica.

Il 3 dicembre 2011, dopo una cena, si sente male e viene volto da una violenta infezione intestinale che non gli da scampo.

Il grande Socrates muore il giorno dopo, il 4 dicembre 2011, a soli 57 anni, e proprio nel giorno in cui il suo Corinthians vince il campionato nazionale.

I giocatori bianconeri lo omaggiano in campo e ai tifosi scappano molte lacrime in tribuna. Pelé definisce Socrates il giocatore più intelligente della storia brasiliana.

In Brasile, specie a San Paolo, il Dottore è ancora una leggenda: sportiva e umana.
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