Trascorrerà il Capodanno così come il Natale, con l’angoscia dentro e un sorriso pronto per tutti.

Perché Federico Melchiorri è un uomo tutto d’un pezzo, scrollato dal vento come una quercia di montagna, ma sempre in piedi a guardare dritto il destino.

In un anno sta vivendo due volte una vita già vissuta, un conto che credeva ormai regolato.

Una miniatura di sofferenze che si susseguono come la pellicola di un film che sta durando troppo.

A vent’anni il suo talento era già in fiore, esordio in serie A con la maglia del Siena, un assaggio dell’oro del calcio. Sarebbero bastati pochi anni in provincia per fare la giusta esperienza per decollare. E invece un cavernoma venoso (attorcigliamento dei vasi sanguigni del cranio) lo costringono ad un lungo stop. Sette mesi senza sapere se quel sogno dietro un pallone potrà mai riprendere. Sconfigge la malattia e questo è il suo più grande successo in bacheca e ricomincia come se fosse un bambino nuovamente iscritto alla scuola calcio. Dilettante per cinque anni in cui scopre che la porta è grande lo stesso in promozione come in serie C. Il suo strano percorso lo porta ad un nuovo decollo, perché i cow boy non mollano, gente come noi che non vive di fronzoli ma del duro lavoro e sacrificio. Con il Cagliari si sta riconquistando la serie A a suon di gol. Il 19 marzo a Vicenza entra e fa gol. Tutto in pochi giorni, la gioia e il ginocchio che cede. Il verdetto è durissimo, crociato anteriore da rifare e campionato finito. Non potrà gioire sotto lo striscione del traguardo ma Federico ricomincia a soffrire e lottare in silenzio. Ritorna sei mesi dopo e per chi ama il bel calcio, per chi ama i calciatori educati ed eleganti il suo gol è una favola. Un'altra favola al Sant’Elia che decolla pochi giorni dopo con una quasi doppietta a San Siro, il posto ideale per accendere le luci. Federico c’è anche se non sempre ci si accorge di lui. Talvolta trascurato, talvolta sacrificato. Segna ancora pur giocando poco e a Empoli vuole dimostrare, sul campo il suo valore. Tutto in novanta minuti. La storia di un uomo di sport, di un uomo leale che pesca nella sua coscienza l’idea di essere stato lui ad aver fatto fallo nel rigore che Rizzoli gli aveva appena concesso. Un gesto grandioso, un saggio di onestà che non tutti apprezzano. Ma Federico non vuole regali. A testa alta, così come gioca, lotta per vincere. Al costo di una nuova distorsione. Ora aspetta il responso. Una forbice di sacrifici che andranno da due mesi a nuovamente 180 giorni. Ma i cow boys non mollano e quelli come lui fanno bene al calcio, fanno bene allo sport, fanno bene al mondo. Per questo chi ama questo maledetto pallone lo aspetterà ancora. Il messia del calcio pulito, di chi soffre giorno per giorno ma non smette mai di lottare
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