Il rosso e il blu nel cuore. "Mi sento questi colori cuciti sulla pelle. Tifo Cagliari e aver esordito con quella maglia in Coppa Italia è per me un onore".

Felice Falaguerra, nato a Morcone un comune di quattromila abitanti in provincia di Benevento, è un sardo d'adozione. Anzi cagliaritano, nonostante abbia girovagato per tutta l'Italia durante la sua carriera calcistica. E dappertutto ha lasciato il segno a suon di gol: ancora oggi, nei tornei amatoriali, la confidenza con la porta avversaria non gli manca.

"Ho imparato da subito il sacrificio e la sofferenza. Mi sono così tolto qualche soddisfazione come quella di aver avuto come compagno di squadra un mito, Enzo Francescoli, e aver esordito con il Cagliari in Coppa Italia".

Francescoli è il suo giocatore preferito?

"Prima era Maradona. Ma avendo avuto la possibilità di allenarmi con Francescoli ho potuto apprezzare le sue enormi qualità: oltre a quelle tecniche, immense, anche quelle umane. Una grande persona. Nel '90-'91 ero nella Primavera del Cagliari e Ranieri mi volle in prima squadra. Non ho mai esordito ma sono stato in panchina tre volte. Ho potuto carpire i segreti di grandi giocatori. Francescoli oltre alla classe immensa era di una umiltà meravigliosa: dava consigli ai giovani e non faceva pesare il suo nome".

Un campano che tifa Cagliari e si dice innamorato dei colori rossoblù: come è possibile?

"Sono arrivato a Cagliari trent'anni fa. Da subito ho sentito questa maglia come la mia. Mi piace tutto: la città e i cagliaritani. Dopo la prima stagione, con le tre panchine nelle partite con Atalanta e Bari, al Sant'Elia, e a Firenze, sono andato in prestito. Con Giorgi allenatore ho avuto la fortuna di giocare in Coppa Italia: titolare contro il Cesena. E pensare che ero fuori rosa".

Cioè?

"Il presidente Cellino mi voleva cedere. Probabilmente voleva tagliare con il passato, quello degli Orrù. Il mio procuratore ha insistito: fino a quando non sarà ceduto, Felice si deve allenare con il Cagliari, disse alla società. E mister Giorgi mi raccontò in privato: sulle scelte tecniche non può interferire nessuno. Mi convocò per la gara contro il Cesena di Coppa Italia. La mattina Bisoli scherzosamente mi lanciò il Corriere dello Sport addosso dicendomi: leggi, devi giocare dunque preparati per bene".

Ricorda quel giorno?

"Mi tremavano le gambe. Ma è stata un'emozione unica. Purtroppo dopo qualche settimana sono stato ceduto. È il mio rimpianto: ho indossato per troppo poco tempo questa maglia".

Nella sua vita s'è sempre stato il calcio?

"Ho iniziato relativamente tardi. A Caserta frequentavo i salesiani. Provavo tutti gli sport. Rientrato nel mio paese, ho iniziato con il basket. A quindici anni gli amici mi hanno chiamato per una partita di calcio. Il presidente della società del mio paese mi ha visto e mi ha voluto a tutti i costi. Il calcio è così diventato il mio grande amore".

Cosa le ha dato il pallone?

"Tanto, ma sempre ottenuto con il sacrificio. E mi ha insegnato a soffrire: a 24 anni mi sono rotto la caviglia. Quando tutto sembrava finito, sono rinato. Nella vita, questo mi ha trasmesso il calcio, non bisogna mai arrendersi. Dentro di me sapevo di poter arrivare in alto. E nel mio piccolo ci sono riuscito. Contro tutti".

Si spieghi.

"Quando sono passato al Castel di Sangro, l'anno dopo l'esordio con la squadra del mio paese, l'allenatore Bruno Nobili puntò su di me ma contro il volere della società che mi riteneva troppo giovane per giocare titolare. Così gli dissero: se lo fai giocare dal primo minuto e perdi ti cacciamo. Purtroppo andò proprio così". Il suo rapporto con i compagni? "Ottimo. Anche se non nascondo di aver avuto delle discussioni anche accese. Mi piacciono le regole e le persone che le rispettano. Ho visto ingiustizie e calciatori arrivati solo grazie alle conoscenze. Non ci potevo però fare molto. Sono stato comunque sempre un giocatore che ha fatto gruppo".

E con gli allenatori?

"I rapporti sono stati burrascosi. Sono sempre stato chiaro, schietto e leale. A Matera, in serie C2, il primo anno ero titolare. Siamo arrivati ai playoff anche grazie ai miei gol. Il giorno dello spareggio sono finito in panchina. Sono rimasto senza parole. Ho poi scoperto che era una partita probabilmente decisa a tavolino. Sapevano che non mi sarei mai inchinato a una schifezza del genere. Così mi hanno tenuto fuori".

Hanno cercato di corromperla?

"Purtroppo sì. Ci hanno provato, inutilmente. I valori vengono prima di tutto. I risultati si ottengono con i sacrifici. Ho subito anche delle minacce con una pistola quando ero in Campania". Gli allenatori a cui è più legato? "Bruno Nobili certamente: è stato esonerato per avermi fatto giocare. Credeva in me. Poi Ranieri per avermi permesso di svolgere degli allenamenti con dei campioni. E Giorgi che mi ha fatto esordire in Coppa Italia". Il ricordo più bello? "La salvezza con il Cagliari di Ranieri e la grande gesta. E poi l'esordio in rossoblù: emozioni enormi".

Il momento più brutto?

"Quando mi sono rotto la caviglia. Giocavo a Castel di Sangro. Il 6 maggio 1996 siamo andati a Casal di Principe. Ero stato minacciato tutta la settimana perché riuscivo a quasi sempre a segnare contro quella squadra: loro si giocavano la promozione. Avevano tentato anche di corrompermi. Subito dopo il gol ho subito un'entrata bruttissima e la caviglia si è rotta. Avevo una squadra di serie B che mi seguiva: il Verona. Quell'infortunio ha bloccato tutto. Sono stati tre anni di inferno. Non riuscivo a riprendermi. Solo in Belgio, con un intervento chirurgico, sono riusciti a rimettermi in sesto. Ma ho perso il treno per arrivare in serie B".

Falaguerra festeggia dopo una rete con la Carbonia (L'Unione Sarda - foto Vercelli)
Falaguerra festeggia dopo una rete con la Carbonia (L'Unione Sarda - foto Vercelli)
Falaguerra festeggia dopo una rete con la Carbonia (L'Unione Sarda - foto Vercelli)

Il campionato indimenticabile?

"A Rovigo in serie D: quindici gol, il mio record. E poi con il Matera in C2, tranne il finale quando mi hanno messo in panchina".

Quello che non rigiocherebbe?

"La partita dell'infortunio. Ma alla fine forse scenderei in campo comunque: mi ha fatto capire che bisogna soffrire per ottenere qualcosa".

Falaguerra con la maglia del Cagliari (L'Unione Sarda - foto Vercelli)
Falaguerra con la maglia del Cagliari (L'Unione Sarda - foto Vercelli)
Falaguerra con la maglia del Cagliari (L'Unione Sarda - foto Vercelli)

L'avversario più fastidioso?

"Non ne ricordo. Certamente però il primo intervento, nella gara di Coppa Italia, non lo dimenticherò: Barcella del Cesena mi diede subito il benvenuto con un calcione. Il suo cognome non l'ho più scordato".

Il campo di calcio che ricorda con nostalgia?

"Sono tanti. Con il Cagliari ho visto l'Olimpico, anche se ero in tribuna, e lo stadio di Firenze dalla panchina. C'è poi il Cibali di Catania: ho anche segnato un gol quando ero al Matera. Tanti i campi infuocati in cui ho giocato: il pubblico avversario si faceva sentire, ho preso tanti calci e subito una serie infinita di minacce. Mi sono sempre difeso".

Articolo Unione Sarda del 28 ottobre 1993: Cesena-Cagliari di Coppa Italia, con l'esordio da titolare di Falaguerra
Articolo Unione Sarda del 28 ottobre 1993: Cesena-Cagliari di Coppa Italia, con l'esordio da titolare di Falaguerra
Articolo Unione Sarda del 28 ottobre 1993: Cesena-Cagliari di Coppa Italia, con l'esordio da titolare di Falaguerra

Qualche compagno di squadra che è arrivato in alto?

"All'Ischia c'erano Martusciello, ora secondo di Sarri e Ametrano, approdato anche alla Juve".

Il calcio è cambiato?

"Parecchio. Prima si giocava per la maglia. C'erano molti valori. Ora si gioca per altro: gli sponsor decidono quasi tutto. Oggi forse è più facile raggiungere alti livelli e metterti in mostra. Ma io sono contento di aver giocato in quel calcio: mi è servito nella vita".

Articolo Unione Sarda del 28 ottobre 1993: Cesena-Cagliari di Coppa Italia, con l'esordio da titolare di Falaguerra
Articolo Unione Sarda del 28 ottobre 1993: Cesena-Cagliari di Coppa Italia, con l'esordio da titolare di Falaguerra
Articolo Unione Sarda del 28 ottobre 1993: Cesena-Cagliari di Coppa Italia, con l'esordio da titolare di Falaguerra

La scheda

Nome: Felice

Cognome: Falaguerra

Età: 48 Luogo di nascita: Morcone (Benevento)

Dove ha vissuto: Caserta, Castel di Sangro, Forlì, Ischia, Cuneo, Matera, Cagliari

Dove vive ora: dal 2004 Cagliari

Squadre in cui ha giocato: Morcone, Castel di Sangro, Cagliari, Ischia, Olbia, Matera, Forlì, Rovigo, Villacidrese, Cuneo, Entella, Quartu 2000, Carbonia, Isili, Villanovatulo, Cardedu, Azzurra Monserrato Lavori fatti: rappresentante

Lavoro attuale: commesso da Acqua e Sapone

Squadra preferita: Cagliari

Calciatore preferito: Enzo Francescoli
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