I reduci dello scudetto si stringono attorno al loro compagno più giovane. «Un amico», dicono in coro. «Anche quando la vita ci ha portato lontano da Cagliari, ha sempre tenuto i contatti con tutti». Li abbiamo sentiti uno ad uno.

Ricky Albertosi: «È inutile sottolineare che la sua firma in calce allo scudetto è incisa a caratteri cubitali. Attaccante di movimento, segnò gol fondamentali per il raggiungimento dell’obiettivo. Perdo un amico, che ricordo sempre pronto allo scherzo: un signore in campo e fuori. L’ultima volta che l’ho sentito, cinque mesi fa, mi disse che doveva sottoporsi a degli esami».

Pierluigi Cera: «Lo ricordo sempre gioviale, non si arrabbiava mai. Fu uno dei massimi protagonisti di quello storico e ineguagliabile tricolore».

Beppe Tomasini: «Ci ha lasciato uno dei più bravi ragazzi della squadra campione d’Italia, uno dei protagonisti più determinanti dello scudetto. Con il suo gioco arioso, apriva spazi importanti per Gigi Riva che, grazie a lui, fece un sacco di gol. Lo sentivo spesso: con lui, da quella formidabile stagione cagliaritana, si riusciva sempre a parlare di tutto. Aveva casa a Villasimius e quando veniva, d’estate, nell’Isola, capitava che venisse a casa mia a Torre delle Stelle. Era uno di famiglia».

Angelo Domenghini: «Era un mio amico. Un amico vero. Andavamo assieme a caccia in Sardegna, il lunedì, quando eravamo liberi. Arrivai a Cagliari con lui, perdo un amico vero: faccio le condoglianze alla famiglia».

Mario Brugnera: «Ho appreso della morte di Bobo dalla radio ed è inutile che riferisca del mio enorme dispiacere. Ci eravamo conosciuti ad Amsterdam, poco più che sedicenni, nella Nazionale giovanile. Io ero della Fiorentina, lui dell’Inter. La nostra amicizia è nata lì».

Ricciotti Greatti: «La commozione è troppo forte, eravamo grandi amici. La terra gli sia lieve».

Cesare Poli: «Siamo stati compagni di squadra sia al Cagliari che al Vicenza, si può dire che ci conoscevamo da sempre. Quando poi giocavo con l’Inter andavo a mangiare a Milano alle Colline Pistoiesi, il ristorante del padre. Eravamo come fratelli, ma è da un pezzo che non lo sentivo. Dire che mi dispiace è poco».

Adriano Reginato: «So che non stava bene, ma non pensavo che ci lasciasse così presto. Io ero il più anziano di quel gruppo, lui il più giovane: era un po’ come un fratello minore».

Gigi Piras: «La mia prima partita in rossoblù, nel 1973, fu contro l’Atalanta in Coppa Italia, ed entrai proprio al posto di Gori. Nei ritiri precampionato noi, che eravamo i più giovani, facevamo a gara a portagli in camera, durante gli spostamenti, il televisore nella camera che gli veniva assegnata. Anche perché ci dava cinquantamila lire. Un grande attaccante, lascia nella storia del club un ricordo indelebile».

Renato Copparoni: «Nell’anno dello scudetto ero stato convocato per qualche partita di Coppa Italia. Ero un ragazzino: andai al ristorante Corallo, dove il Cagliari pranzava, per presentarmi a Scopigno e alla squadra, e lui mi volle accanto a sé, nel suo tavolo. Ricordo anche, prima di una partita, una lunga passeggiata con la sua Alfa Romeo Giulietta Sprint con mangiadischi, per l’epoca un lusso. Una persona di cultura, sempre sorridente e pronto allo scherzo».

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