Marco Belinelli, il “cinno” di San Giovanni in Persiceto, appende la canotta al chiodo: l'unico giocatore italiano di basket a vincere un titolo Nba si ritira, a 39 anni, e dice addio. Lo fa - proprio mentre gli azzurri di Gian Marco Pozzecco si preparano per l'Europeo - con un post su Instagram, dolce e intenso. Che, in pochi minuti, strappa decine e decine di commenti grondanti, nostalgia, ammirazione, riconoscenza.

«Ci ho messo il cuore. Ogni briciolo di me stesso. Ogni singolo giorno. La pallacanestro mi ha dato tutto… e io ho dato tutto a lei. Non è facile dire addio. Ma è il momento», scrive “il numero 3” della Virtus e della Nazionale. «Porto con me ogni emozione - aggiunge - ogni sacrificio, ogni applauso. Grazie a chi c'è sempre stato. Ai più giovani, lascio un sogno. Fate in modo che valga la pena». Giusto qualche minuto prima dell'annuncio ufficiale Belinelli - che nel video a corredo del post in cui scorre tutta la sua vita cestistica promette che la "Pallacanestro ci sarà. per sempre" - aveva pubblicato sui social le immagini di una carriera leggendaria: istantanee, pregne di memoria che avevano spinto al saluto, tra gli altri, anche Achille Polonara, compagno di squadra con la Vu Nera e alle prese con la lotta alla leucemia mieloide che si è rivolto al campione bolognese dicendosi «onorato di aver fatto parte del tuo viaggio».

Un viaggio iniziato e concluso con maglia della Virtus Bologna - in bacheca una Eurocup e due scudetti, l'ultimo qualche settimana fa nell'inedita finale contro Brescia - con la quale aveva debuttato nel massimo campionato di basket a soli 16 anni (e che adesso scrive su Facebook «è stato un bellissimo viaggio, concluso con la Virtus sul cuore e uno scudetto sul petto. Grazie di tutto, Beli») prima di fare il salto sull'altra sponda di “Basket City” e vincere, con la Fortitudo, uno scudetto e una Supercoppa.

Trampolino di lancio verso l'Nba e il suo mondo dorato, frequentato ininterrottamente dal 2007 al novembre 2020 Anni ruggenti, quelli nella "Association” che lo hanno consacrato a livello internazionale. Facendone l'italiano più celebre della palla a spicchi negli Stai Uniti. E dire che dei tre “paisà” di grido passati in quegli anni di inizio 2000 al di là dell'Oceano Atlantico più o meno insieme, Belinelli, appunto, Gallinari e Bargnani, il ragazzino di San Giovanni in Persiceto doveva essere il meno talentuoso. Quello che sì, ha un buon tiro ma in Nba chissà se basta. D'altronde non era stato prima scelta assoluta come il “Mago”, lui pescato al draft da Golden State con la numero 18 assoluta. Diventato “globetrotter” della Lega, mettendosi addosso nove canotte diverse in tredici anni - Golden State, Toronto, New Orleans, Chicago, San Antonio, Sacramento, Charlotte, Atlanta e Philadelphia - Belinelli si è spinto, nella stagione 2013-2014 fino al titolo Nba, nel sistema perfetto della San Antonio di Greg Popovich e alla vittoria nella gara del tiro da tre all'All Star Game. Prima di chiudere, nel 2010, la sua carriera Nba, con la maglia degli Spurs aveva fatto “impazzire” il pubblico di Philadelphia, con una serie di play-off a rasentare i 20 punti di media e pure per la vaga somiglianza con il “Rocky” giovincello la cui statua svetta sulla scalinata del Philadelphia Museum of Art, nel cuore della “Città dell'Amore Fraterno”.

(Unioneonline)

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