Un volto sardo nella nuova campagna pubblicitaria lanciata dal noto marchio “Philadelphia”. È quello di Martina Tore, 33 anni, nata a Nuoro ma cresciuta a Olbia, dove la famiglia si era spostata per motivi di lavoro.

Nello spot che verrà trasmesso prima di una delle serate dell’Eurovision Song Contest, su Rai Uno, da oggi al 14 maggio, l’attrice è tra i protagonisti del breve filmato di promozione.

“Una grande campagna – conferma Martina a L’Unione Sarda – basata su temi importanti”. Argomenti sociali che le stanno a cuore – ma non si può anticipare nulla -, e non è la prima volta che recita portando in scena argomenti delicati. L’anno scorso, a Olbia, sotto la regia di Giada Degortes, ha fatto parte di uno spettacolo incentrato sulle donne che, durante la pandemia da coronavirus, si sono tolte la vita. “Un’occasione per indagare sulle loro storie, quelle di tre donne di età molto vicine tra loro, che sembravano avere una vita molto soddisfacente – spiega l’attrice -, con famiglie piene d’amore, due con rapporti molto stretti con la Chiesa, insomma anche con una parte spirituale accentuata. Eppure vittime del male di vivere. Io ho interpretato una di queste donne, e mi è servito per capire la profondità e la necessità di fare questo mestiere, importante da un punto di vista sociale. È necessario che qualcuno dia voce a questo tabù che è la depressione, la funzione del teatro è anche questa”.

I suoi studi l’hanno aiutata in quest’analisi?

“Probabilmente sì. Dopo il liceo scientifico ho capito che la matematica non mi interessava ma ero più affascinata dalle materie letterarie. Mi sono laureata in Storia e filosofia tra Bologna, Torino e l’Erasmus a Valencia”.

E alla recitazione quando è arrivata?

“Dopo un percorso molto diverso. Ho lavorato per Maserati, in sostanza vendevo auto, d’estate a Porto Cervo nei magazzini di Harrods, in inverno in montagna a Courmayeur, Livigno, Cortina, Ortisei. Ero la figura di contatto tra il cliente e il concessionario. Un’esperienza durata 5 anni e molto formativa. L’empatia mi ha sicuramente dato un vantaggio, non è un vanto ma un bell’aspetto delle persone che conta sempre”.

Poi cos’è successo?

“Ho ricevuto una proposta molto interessante da Mercedes. Mi sarei dovuta trasferire a Perugia, invece ho scompigliato le carte e fatto una scelta ‘di pancia’: un’audizione in un’accademia di recitazione a Roma. È andata bene, sono riuscita ad entrare, ed è cominciato tutto da lì”.

Un primo piano di Martina Tore (foto concessa)
Un primo piano di Martina Tore (foto concessa)
Un primo piano di Martina Tore (foto concessa)

Aveva deciso quale sarebbe stato il suo futuro?
“Volevo in realtà conoscere il mondo della recitazione, mi interessava sperimentare sul campo l’emozione dell’essere umano e poterle attraversare, trasmetterle. Io poi ero la più grande, avevo 28 anni, gli altri erano tutti giovanissimi. Questo un po’ mi ha spaventata ma non mi ha fermata. Lo so che, come gli sportivi, chi fa carriera è chi inizia prestissimo, eppure ero troppo curiosa per farmi condizionare dalla mia età, seppur non avevo certo quell’aspettativa o quello slancio che hanno i ragazzini verso il sogno della vita”.

Ci sono stati spettacoli che le hanno lasciato dentro qualcosa in più?

“Sì, ‘Cechov fa male’, nel 2019, al fianco di attori professionisti come Sergio Basile e Barbara Scoppa. Tra l’altro è molto attuale perché racconta degli anni ’30 e ’40 in Russia, il periodo della repressione del ruolo del teatro che veniva utilizzato dalla politica come forma propagandistica e ne limitava l’uso per cui era invece nato: la libertà di potersi esprimere. E c’è chi per questo, per la volontà di fare il teatro libero, è morto”.

Perché hanno scelto proprio lei per lo spot di Philadelphia?

“Hanno detto che il mio viso corrispondeva al personaggio che cercavano, con tratti non specificamente italiani, piuttosto europei in generale”.

Come è arrivata al provino?

“Attraverso un’agenzia milanese che ha proposto le mie foto, da lì il casting”.

Nel ruolo di attrice dovrà parlare in italiano senza inflessioni, senza accento sardo.

“Purtroppo sì. E dico purtroppo perché mi è dispiaciuto molto togliere quella nota che caratterizza le mie radici, mi sembra quasi di fare un torto alle mie origini. Gli studi di dizione hanno neutralizzato la parlata, la mia terra non si sente più nel mio accento, non nego che sia stato un passaggio un po’ doloroso”.

L'attrice sarda Martina Tore (foto concessa)
L'attrice sarda Martina Tore (foto concessa)
L'attrice sarda Martina Tore (foto concessa)

Sogni nel cassetto?

“Ci sono ma cambiano in continuazione. Ho ancora poca esperienza per decidere, finora posso dire che più che altro penso al teatro, e continuo a studiare. Ora sto preparando un progetto a Roma, una commedia, probabilmente per la fine di settembre, con la regia di Francesco Proietti”.

Si ispira a qualche personaggio famoso?

“Non uno in particolare: cerco di avvicinarmi a chi, con grande serietà, prende questo mestiere come una disciplina e non si accontenta di tv e popolarità. A chi va a sudare sul palco di un teatro, anche piccolo. Attori umili, che hanno però una preparazione tale per cui non hanno bisogno di innalzarsi. Insomma chi è loquace senza fare troppo rumore”.

Il suo motto su Facebook è: “Escluso il Cane... Tutti gli altri son Cattivi”. Cosa significa?

“È una frase di una canzone di Rino Gaetano. Ho un amore smisurato per i cani, penso che l’essere umano abbia picchi di cattiveria che fanno star male non solo i destinatari ma anche chi li manifesta. Il cane non conosce la cattiveria ma l’istinto, l’aggressività è solo difesa, non è capace di fare male intenzionalmente. Gli uomini invece usano la loro cattiveria, questa cosa non si riesce a scardinare”.

Fidanzata?

“Sì, con un ragazzo di origine napoletana. Mi ha sempre sostenuto in questo percorso, in questa scelta che non è ordinaria e che non è compresa da tutti. Anche mia sorella è una persona importante nella mia vita: Emanuela, che ha sette anni più di me e vive a Londra, è stata molto incisiva nel mio percorso umanistico, è un’assistente sociale, inclusiva con gli ultimi della società e lontana da ogni pregiudizio sociale. È un ottimo modello per me”.

In famiglia cosa dicono di questa sua carriera?

“Siamo tutti molto uniti. Mio padre, quando sono uscita con un ‘vado a studiare recitazione a Roma’, si è detto contento: ‘Non ti ci vedevo tutta la vita dentro una concessionaria o in giro a vendere macchine’. Mia madre ha avuto più timore. Anche se ora vede i primi risultati ed è la prima a comprare biglietti aerei per raggiungermi a Roma, tante volte si è messa di traverso: ‘Datti un tempo Martina – ripeteva – perché altrimenti rischi di perdere dei treni’. E ancora adesso mi chiedo: sì, ma quali? Con un sorriso, forse parlava di quelli che per tutti i genitori sono ‘i treni’, ma i figli hanno i loro”.

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