Lorenzo Tuveri, fuori il secondo Ep: «Parla di me e di altri miliardi di persone»
«Uno spazio sincero – racconta il 24enne di Guspini - fatto di parole che sembrano scritte per chiunque abbia mai amato, perso, sperato o semplicemente vissuto»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Fuori oggi su tutte le piattaforme di streaming il secondo Ep di inediti di Lorenzo Tuveri, 24enne di Guspini, nella vita lo studio all’università, un lavoro e la sua grande passione: la musica.
«Canto da quando sono piccolo – racconta – e dal 2019 ho iniziato a scrivere la mia musica. La scrittura mi fa sentire libero e in continua ricerca personale. Sono un emergente e non è per niente facile ma proprio per questo ora non voglio smettere di crederci».
L’album si chiama “come me, miliardi”: «Uno spazio sincero, fatto di parole che sembrano scritte per chiunque abbia mai amato, perso, sperato o semplicemente vissuto. Lo definisco un viaggio sonoro che sussurra verità semplici e profonde, raccoglie storie intime, frammenti di vita quotidiana. Ogni brano è uno specchio: parla di noi, di chi siamo. Dalle insicurezze, ai piccoli momenti di luce che ci fanno sentire vivi, è musica che abbraccia, consola e ci ricorda che non siamo soli. In ogni traccia viene raccontata una storia diversa che in primis è la mia, ma subito dopo è quella di tutti quelli che vi si ritrovano».
Cinque i brani contenuti, con un ordine logico e preciso: «Si parte da Ricordi Duracell, che è stato l’inizio del viaggio. Prosegue Pierrot, una ballad moderna e profonda, poi Tutto Un Senso, un brano con cui ho avuto la possibilità di sperimentare nuove sonorità, raccontando la vita di tutti i giorni. La penultima traccia, Metti Che è un atto di coraggio, parla della fine di una storia d’amore. Dell’accettazione e dell’elaborazione fino alla consapevolezza del presente».
Infine l’ultima traccia, Buonanotte: «Una dedica universale. Ha un testo vero e profondo e con pochi strumenti, principalmente il piano, do la buonanotte a chiunque in quell’istante mi stia ascoltando. È un abbraccio a chi si sente perso, a chi ha perso e a chi ha imparato ad amare le proprie cicatrici. Non promette che tutto passerà, ma ricorda che non si è soli. Ma soprattutto ricorda che ognuno di noi ha il diritto di sentirsi a pezzi, di fermarsi, di respirare. E questa canzone vuole essere proprio questo: uno spazio sicuro, una fiamma che non brucia, ma riscalda piano».
(Unioneonline/D)