Jovanotti cantala felicità:due puntiche si incontranosenza fretta
di Francesca FigusPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
L’unico ostacolo tra due punti è la fretta - raccontava quel pomeriggio Jovanotti, mentre trascinava i piedi sulle pietre sbriciolate di una terra desolata che sino ai Sessanta era miniera e in quei giorni diventava periferia di Carbonia.
Strano, incontrarlo lì, dove tutto era arancione di polvere e il cielo era azzurro, ma di un azzurro così denso che se allungavi la mano lo potevi afferrare.
- Jovanotti?
- Prego.
O preferisci Lorenzo?, e solite domande, soliti sorrisi, soliti imbarazzi. «L’unico ostacolo tra due punti è la fretta», diceva, e chissà se raccontava d’amore, o raccontava di musica. Doveva essere il 2006. Eppure Jovanotti già andava veloce. Nella vita e sul palcoscenico. Ma invocava la lentezza, e la sua bellezza. Cantava un bel disco, quell’estate. Però poi ci ha messo cinque anni per farne uno ancora più bello. Più forte. Più grande. L’ha chiamato “Ora”. A chi gli ha chiesto è un disco impegnato?, ha risposto, grattandosi la testa: «Impegnato?, sì, impegnato: impegnato nel senso in cui la musica lo deve essere: far divertire la gente».
In questi cinque anni Jovanotti ha perso un fratello e la madre; è stato tradito dalla sua donna, l’ha perdonata, l’ha sposata; ha visto il mondo, e tanti pezzi d’America. Ha studiato, letto, scritto. Ha disegnato fumetti. Ha assaporato il tempo, godendone le assenze e la brutalità. Ne ha riscoperto il sapore. Per registrare “Ora” ci ha impiegato nove mesi. Dentro ci ha messo tanta dance. «È un disco felice».
Se capitate, in questi mesi, in una città dove Jovanotti si ferma a cantare, fermatevi anche voi. Perché anche il concerto è un concerto felice. È andare sulla luna, come se il futuro fosse già qui, ora e adesso, pieno, tondo, tridimensionale. Perché la felicità, certe volte, è solo questione di due punti che si incontrano, senza fretta.