L'amore della sua vita è sempre stata la chitarra. Cui Eric Clapton si dedicava con tanta enfasi, sin dagli esordi, da spezzare le corde dello strumento con una certa regolarità durante le esibizioni dal vivo.

Quando questo accadeva, il chitarrista originario del Surrey rimaneva sul palco per sostituirle: tempi morti durante i quali il pubblico inglese era solito battere le mani ad un ritmo molto lento, un modo per esprimere noia e frustrazione. E proprio dalla sua velocità di esecuzione e dal lento applauso di un pubblico ansioso, nel 1964 Giorgio Gomelsky, manager degli Yardbirds, coniò il soprannome con cui Clapton è noto ancora oggi.

A 75 anni, però, ''Slowhand'' non spezza più le corde come agli inizi dei '60, ed il pubblico lo applaude solo per continuare a sentire la musica di un chitarrista leggendario.

Il mito di Eric Clapton ha inizio proprio con gli Yardbirds, band in cui militano per un periodo anche Jimmy Page dei Led Zeppelin e Jeff Beck. Ma l'animo instabile lo spinge ad unirsi prima ai Bluesbreakers di John Mayall e successivamente ai Cream, con cui nel 1967 pubblica l'album seminale ''Disraeli Gears''. Poi la formazione del primo supergruppo della storia, i Blind Faith, insieme a Ginger Baker, batterista dei Cream, e Steve Winwood dei Traffic. Terminata anche questa esperienza, si unisce ai Derek & The Dominos, con i quali registra ''Layla'', uno dei suoi brani più famosi. In questi anni, Clapton collabora anche con Bob Dylan, Beatles e Rolling Stones. Capolavoro assoluto l'assolo eseguito in ''While My Guitar Gently Weeps'', il brano dei Fab Four scritto da George Harrison, con il quale Clapton collaborerà anche durante le registrazioni dell'album ''All Things Must Pass''. Ed è proprio della moglie dell'amico Harrison, Pattie Boyd, che si innamora Slowhand, un amore non corrisposto che lo spingerà all'isolamento e a rifugiarsi sempre di più in droga e alcol.

Il 1970, quindi, segna l'inizio della carriera da solista ed un decennio tormentato dalla dipendenza, in cui, come sembra sempre accadere ai grandi artisti, riesce comunque a pubblicare alcuni dei suoi più grandi successi: tra questi il disco del 1974 ''461 Ocean Boulevard'' (che include il singolo ''I Shot The Sheriff'') e ''Cocaine'', cover dell'originale di JJ Cale, uscita insieme all'album ''Slowhand'' del '77.

Gli '80 sono segnati dalla relazione con Lory Del Santo, conosciuta a Milano nel 1985, e dalla morte di loro figlio, Conor, scomparso tragicamente in un incidente a soli 4 anni. Con un'ironia quasi crudele, Clapton ritroverà il successo commerciale nel '92 grazie ad ''Unplugged'' (celebri le sessioni live di Mtv di quegli anni), album in cui è presente la prima versione dal vivo di ''Tears In Heaven'', dedicata al figlio Conor. Dopo il successo di ''Unplugged'', con cui vince anche sei Grammy, Clapton ritorna alle origini musicali, le sue radici blues, pubblicando ''From The Cradle'', disco con milioni di copie vendute in tutto il mondo.

Nonostante, infatti, il pubblico ami prevalentemente tracce dalla natura pop come ''Wonderful Tonight'' e ''Let It Rain'', gli idoli di Clapton rimangono bluesman come Muddy Waters e Robert Johnson.

(Unioneonline/v.l.)
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