Spesso si pensa che la vita di un film inizi con la sua produzione e si esaurisca con l'uscita in sala.

Se questo non è vero per i grandi successi commerciali, lo è ancor meno per le piccole produzioni d'autore: opere che pur se a livello di grande distribuzione fanno fatica a compentere, hanno il valore artistico e la determinazione per riuscire ad affermarsi in quell'afterlife post-sala fatto di festival, accordi tv, proiezioni pubbliche e, naturalmente, premi.

Sotto questo aspetto, per il cinema made in Sardegna è stata una stagione eccezionale, tra debutti eccellenti, giovani azzardi coraggiosi e grandi successi di critica. A giudicare dai risultati ottenuti, il frontman di questa piccola scalata agli onori dell'industria nazionale è sicuramente il veterano Gianfranco Cabiddu.

Il suo "La stoffa dei sogni", dopo le nove candidature ai David di Donatello e la vittoria per la migliore sceneggiatura adattata, ha appena ricevuto due nomination ai Globi d'oro della stampa estera in Italia come miglior film e fotografia. Tra i nominati, anche Cesare Furesi con il suo "Chi salverà le Rose?", migliore opera prima.

Cabiddu, appena tornato da un importante tour negli Stati Uniti, realizzato anche grazie al contributo della Fondazione Sardegna Film Commission, dell'Ambasciata d'Italia, dell'Istituto di Cultura italiano e di Paco Cinematografica, ci ha raccontato di questo pellegrinaggio oltreoceano, di Globi d'oro e di come un film può crescere una volta chiuse le porte della sala.

Cabiddu, la sua "stoffa" come è arrivata negli States?

"È avvenuto tutto d'improvviso. "La stoffa dei sogni" è stato invitato contemporaneamente ai festival di Washington e Houston, ed è stato anche inserito in una rassegna sul cinema italiano contemporaneo che ha toccato quindici città tra cui Chicago, Phoenix e Detroit. Poi è arrivato nella Grande Mela, come protagonista di un incontro alla New York University e di una proiezione Museum of the Moving Image. In questo tour mi interessava capire se il film potesse funzionare all'estero".

L'aspetto linguistico non la preoccupava?

"Shakespeare e De Filippo sono macchine teatrali e cinematografiche perfette, ma effettivamente avevo paura dello switch linguistico. Giocando tra napoletano, sardo, testo shakesperiano e rielaborazioni di De Filippo, temevo che l'aspetto sonoro non funzionasse. Invece al pubblico e ai giornalisti è piaciuto molto ed è stata una ricompensa bellissima".

E dopo gli Stati Uniti?

"Stiamo chiudendo accordi in Germania, Svizzera e Austria e abbiamo chiuso una vendita in Cina, il mercato più grande del mondo. Da fine settembre il film è nella disponibilità di Sky e poi dovrebbe andare sulla Rai. Stiamo trattando per una distrubuzione digitale estera con Netflix. Mi piacerebbe realizzare proiezioni scolastiche. Due settimane fa ho partecipato a una giornata di studi alla Sapienza di Roma nella quale ho presentato il film al fianco dei docenti di cinema e di Isabella Imperiali, esperta di teatro shakesperiano. Sarebbe bello poter far avvicinare i giovani a un testo come 'La stoffa dei sogni', provando a instaurare un dibattito sulla rielaborazione dei classici, la lingua e l'identità".

Parliamo dei Globi d'oro. Se lo aspettava?

"Ci speravo. Sono molto felice per la nomination alla fotografia di Vincenzo Carpineta. Aveva mancato i David per un soffio ed è stato assurdo date tutte le nomination tecniche ricevute. Senza la fotografia, il resto non può essere espresso e valorizzato. Ovviamente sono orgoglioso di essere entrato nella cinquina della stampa estera come miglior film perché a giudicarmi sono stati giornalisti stranieri che guardano le nostre opere con altri occhi, esprimendo in un certo senso ciò che noi rappresentiamo per il mondo. Quando si è troppo autoreferenziali si crede di aver fatto qualcosa di bello che poi, magari, non parla al di là dei nostri confini culturali e geografici ed è un limite enorme".

Martedì, le nomination per i Nastri d'argento. Sarebbe lecito aspettarsi qualcosa.

"Preferisco non esprimermi. Non si sa mai".

Marco Cocco

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