Lasciare la Sardegna a 16 anni è stato difficile, ma sarebbe stato ancora più difficile restare. Come si fa a non ascoltare il desiderio di scoprire cosa c’è oltre, la fame d’imparare e conoscere, soprattutto quando ci si sente dire: “dimentica ciò che impari a scuola, ci vai solo per ottenere il diploma”? Nel cassetto il sogno, impossibile, di arrivare in nord America, visitare la Patagonia e finire in Oriente.

La storia

Simone Pilia, classe 1944, originario di Loceri, londinese d’adozione da più di sessant’anni, dopo la scuola alberghiera fa le sue prime esperienze fuori: prima la Svizzera, poi la Germania, subito dopo l’isola di Jersey, e infine Londra, definitivamente. «Ero appena arrivato. Una sera sono andato al cinema in macchina, la settimana dopo mi è arrivata una multa di 2 sterline; faccio subito un assegno e lo spedisco. Inaspettatamente mi torna indietro una lettera della Corte che diceva: “Credi che ci sia qualche attenuante per te?”. Io ho risposto: “No, l’unica attenuante è che sono ignorante, avrei dovuto informarmi meglio”. Ancora oggi non ci credo, ma mi hanno spedito indietro i soldi, con scritto: “Hai imparato la lezione ed è sufficiente, grazie”. Questo gesto è la prima cosa che mi ha fatto innamorare dell’Inghilterra. E sono ancora qua», racconta.

La carriera

Direttore di numerosi ristoranti, nel 1970 lascia per un attimo la ristorazione per fare la guida turistica, lavoro che gli permette di girare il mondo. Nel frattempo, il matrimonio con una donna irlandese e i due figli sembrano far cambiare strada al suo destino inglese. «Nel 1974 sono tornato in Sardegna con la mia famiglia, volevamo fare una prova, poi avremmo scelto se restare o tornare a Londra. Forte dell’esperienza come guida turistica, avevo fatto la domanda all’allora Esit (Ente sardo industrie turistiche), ma è stata un’amara delusione. Ho scoperto che i meriti e il bagaglio di esperienze importavano poco. Contavano le conoscenze, non ciò che eri. Dopo questa brutta esperienza ho deciso di tornare in Inghilterra e chiudere con la Sardegna, ma se dicessi che non provo nostalgia direi una falsità. Mi manca la sua essenza».

Illusione vana

Così torna al suo lavoro nei ristoranti, e s’innamora del popolo inglese. «Ero affascinato dai classici vecchi signori inglesi, ho cercato di imparare tanto dal loro modo di essere, ad esempio la calma e la diplomazia. Noi sardi abbiamo un carattere che ci spinge a scattare subito», ricorda. La sua vita è costellata di incontri speciali, a partire da quello con un signore distinto, Sir Alexander Matthew Busby (l’allora allenatore del Manchester United) che frequentava il ristorante dove lavorava nel primo periodo. «Un giorno mi disse che mi vedeva preoccupato, e in effetti lo ero. Gli risposi che non riuscivo a migliorare il mio inglese, a causa del mio accento sardo che non voleva andare via. Lui mi rispose: «Quello non perderlo mai, è la tua identità. Vedi, io sono scozzese, posso stare a Londra anche 400 anni, ma resterò sempre uno scozzese». Fu una bella lezione per me, così giovane». Per tanti anni ha diretto un ristorante ad Hampstead, quartiere residenziale a nord di Londra che ospita artisti, personaggi della cultura e dello spettacolo. «Ricordo con emozione l’incontro con Peter Sellers, il goffo ispettore Clouseau del film La Pantera Rosa, con l’attore Peter O'Toole di Lawrence d’Arabia, cantanti come Sting, Boy George e Madonna, scrittori come John le Carré, Elias Canetti, premio Nobel per la letteratura nel 1981, ho incontrato anche il nostro Zeffirelli», racconta ancora con emozione.

Oggi

Vive in un palazzo a Camden, vivace quartiere a nord della città, dove cura, gratis, il verde comune. Cespugli di mirto, corbezzolo, lentisco, rosmarino, salvia, cisto, ginestra: il suo piccolo mondo, la macchia mediterranea, direttamente dalla Sardegna. «Ho seminato Londra di murdegu», dice ridendo. Oltre allo spazio verde del palazzo, coltiva un pezzo di terreno in periferia, con le piantine e i semi portati dall’Ogliastra.

Fabiana Carta

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