Un’auto che sfrutta le più moderne tecnologie costruttive, ma che ha gli anni Sessanta nel cuore. Un “bolide” che esalta al massimo la connessione fra veicolo e pilota e che racchiude in sé il meglio del “made in Italy”, ovvero bellezza, innovazione, sartorialità e piacere di guida.

Si chiama “Rina” ed è la nuova “barchetta” biposto di AM – Automobili Mignatta, presentata in anteprima mondiale in questi giorni. Costruita in fibra di carbonio, a mano, sin nei minimi dettagli, verrà realizzata a Valfenera d’Asti (Piemonte), in un’esclusiva tiratura annuale limitata ad appena 30 unità.

«Con Rina aspiriamo a far coincidere l’arte di fare automobili con la grazia pura, creando una bellezza caratterizzata da una nobile semplicità e da una quieta grandezza», spiega Josè Mignatta, patron di AM, casa che affonda le sue radici nel Piemonte dalla prestigiosa tradizione automotive. Ma lo stile della nuova speedster (motore V8 aspirato da 5 litri, cambio manuale transaxle a 6 rapporti e differenziale autobloccante) parla anche sardo.

Rina di AM (Foto Alessandro Accossato)
Rina di AM (Foto Alessandro Accossato)

Rina di AM (Foto Alessandro Accossato)

Chief designer del progetto è infatti Davide Dessì, 33enne originario di Quartu. «Rina –spiega proprio Dessì a L’UnioneSarda.it – è un viaggio nel design e nell'emozione, un omaggio alle vetture sportive italiane d’antan, da cui riprende le curve sinuose e morbide accompagnate da linee tese. Ogni dettaglio è pensato per esprimere purezza e sintesi, senza fronzoli, proprio come le vetture sportive degli anni Sessanta. Ne risulta una bellezza senza tempo, dove ogni tratto è funzionale e la forma è vera protagonista».

Da Quartu al Piemonte, per “firmare” auto-capolavoro. Come è iniziata l’avventura?

«La passione per le auto me la porto dietro sin da quando ero piccolo. Ho iniziato a disegnarle a due anni e da allora non ho più smesso. Sino a farne un lavoro. Dopo lo scientifico al Brotzu, mi sono iscritto a Ingegneria a Cagliari, ma non l’ho finita. Ho vinto infatti una borsa di studio per lo IED di Torino. Mi sono trasferito e mi sono laureato in Transportation Design. Da lì la mia carriera ha iniziato a decollare...».

Come è arrivato in Automobili Mignatta?

«Ho iniziato a lavorare con Italdesign e da consulente. Poi ho conosciuto Josè Mignatta, fondatore di AM e di JM, realtà attiva da un quarto di secolo nella lavorazione del carbonio e dei materiali compositi. Lui collaborava già con prestigiose case automobilistiche. E per anni mi ha chiesto: “Davide, quando la facciamo un’auto tutta nostra?”. Alla fine ci siamo decisi e siamo passati dalle parole ai fatti».

Quanto tempo è passato tra il primo disegno e la realizzazione?

«Il primo bozzetto di “Rina” risale allo scorso settembre. In questi giorni c’è stato il lancio. Pochi mesi dunque. Un tempo davvero record, considerato che il nostro team è composto da pochissime persone. Ma l’entusiasmo e la voglia di crederci ci hanno messo le ali».

(Foto Alessandro Accossato)
(Foto Alessandro Accossato)

(Foto Alessandro Accossato)

“Rina” si ispira alle due posti anni Sessanta. Vengono in mente l’Aurelia de “Il Sorpasso”, l’Alfa Romeo de “Il Laureato”, le auto de “La Dolce Vita”…

«Abbiamo voluto rendere omaggio al “saper fare” italiano che proprio in quegli anni ebbe la sua apoteosi. Un progetto per riscoprire bellezza, eleganza, cura dei dettagli e tutti quei valori dell’italianità, che – purtroppo – si stanno un po’ perdendo, nel settore automotive e non solo».

Perdendo… perché?

«Per un mix di fattori: dalle scelte di management che negli anni si sono rivelate sbagliate alle strategie a livello politico che si sono rivelate penalizzanti. Gli effetti, qui in Piemonte – regno dell’automotive italiano – si sentono più che altrove. Il settore è in crisi, tra licenziamenti, prepensionamenti, cassa integrazione. E purtroppo, di questa crisi, non se ne parla abbastanza».

Il futuro delle auto sarà davvero elettrico?

«Non credo. In Europa si è provato a individuare l’orizzonte del definitivo passaggio all’elettrico al 2035, ma penso che presto si dovranno rivedere i piani. L’elettrico è troppo costoso e le aziende come Tesla che ci hanno puntato vedono le proprie vendite in costante calo». 

Quale sarà allora il domani? 

«Da qui a cinquant’anni ritengo che si punterà sull’ibrido e sul biofuel, perché i segnali dicono che non ci sono i presupposti per fare affidamento solo ed esclusivamente sull’elettrico».

Torniamo alla sua carriera di designer. Quali sono i suoi modelli? 

«L’auto che mi ha ispirato e che mi ha fatto dire: “Voglio fare questo lavoro” è stata l’Alfa Romeo Brera, il cui primo concept era strepitoso. Ma negli anni mi hanno ispirato anche Paolo Martin con la sua Ferrari “Modulo”, Marcello Gandini e Flavio Manzoni, sardo come me». 

La Sardegna. L’essere nato nell’Isola ha influito sulla sua carriera?

«Sicuramente sì. Avere origini in un posto come la Sardegna, così diverso e così piccolo rispetto alla realtà delle grandi città e così lontano dal mondo dell’automotive mi ha dato la “fame” necessaria per provare a raggiungere i miei obiettivi». 

Il team di AM (Foto Alessandro Accossato)
Il team di AM (Foto Alessandro Accossato)

Il team di AM (Foto Alessandro Accossato)

I suoi prossimi progetti?

«Rina è una testa d’ariete per altri progetti con Automobili Mignatta. Stiamo già lavorando alle versioni coupè e spider. Poi chissà... Di certo voglio sfruttare la fiammella della creatività finché è accesa. Poi, quando si spegnerà – perché la creatività ha una data di scadenza – mi dedicherò ad altro. Magari tornando in Sardegna...».

Per fare cosa?

«In parallelo al mio lavoro, insegno alla Scuola politecnica di Design di Milano e so quanto sono importanti in questo settore la formazione, il ricambio e la capacità di alimentare la creatività. Dunque, in futuro mi piacerebbe creare una academy per giovani talenti del design o un laboratorio creativo. E mi piacerebbe farlo proprio in Sardegna, luogo perfetto – grazie alla sua bellezza e alle sue peculiarità – per regalare ispirazione».  

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