Anche in cima al Kilimangiaro hanno portato la Sardegna, quella che – pur vivendo in Olanda – conservano negli occhi e nel cuore. Luciano Pitzurra e Chiara Puletti, entrambi 35 anni, hanno fatto sventolare sulla vetta di quasi 6mila metri la bandiera dei Quattro Mori.

«Una delle più grandi emozioni della nostra vita – racconta Luciano, ricercatore all’Università Acta di Amsterdam, dentista specializzato in paradontologia e implantologia e che lavora tra la propria clinica e l’ateneo - Abbiamo sempre amato le avventure e negli ultimi anni siamo stati davvero fortunati. Siamo riusciti infatti a vivere momenti indimenticabili tra immersioni mozzafiato dalle Filippine ai Caraibi, fino ai trekking nei parchi del Nord America».

Lui e Chiara, medico di emergenza all’Academic medical center (AMC) di Amsterdam, hanno sempre pensato che scalare il Kilimangiaro fosse un grande sogno: «Sapevamo che questa esperienza sarebbe stata diversa e intensa, in passato siamo stati in Africa ma volevamo dare più spazio al contatto con la natura e metterci in gioco».

Detto fatto: «Siamo partiti domenica scorsa in 4, con due colleghi greci, dal Marangu gate, attorno ai 1800 metri. Da quel momento è iniziata la scalata, prima attraverso la giungla, poi attraverso tutte le zone climatiche, come Moorland, deserto alpino e zona artica. All’inizio fa caldissimo ed è umido, i paesaggi sono incredibili tra incontri ravvicinati con scimmie e alberi immensi».

Ripercorrere quei giorni fa ancora vibrare il cuore: «Ogni 10 km di salita, il paesaggio cambia, diventa più roccioso, inizia a fare più freddo, e l’aria diventa sempre più rarefatta. Anche qui la natura è impressionante e si inizia a controllare a fatica il respiro passo dopo passo. Sei insieme ai tuoi compagni di avventura ma in qualche modo sei solo con te stesso, le tue difficoltà e i tuoi pensieri».

Un momento della salita (foto concessa)
Un momento della salita (foto concessa)

Un momento della salita (foto concessa)

Il percorso procede: «Passiamo per i campi di Horombo hut (3690 metri) per arrivare fino all’ultimo campo chiamato Kibu Hut (4700 metri). A quel punto la mountain sickness, ossia il mal di montagna, inizia davvero a farsi sentire. Si dorme male, i muscoli recuperano con difficoltà, ogni passo pesa». Doccia e acqua calda? «Non se ne parla. Però grazie alle guide, ai portaborse tipo sherpa e al cuoco, l’esperienza rimane unica».

E poi c’è l’ultima salita: «Devastante. Partiamo alle 11 di notte, diretti verso il Gilman’s point. Sono 5 km di arrampicata tra la neve e le rocce spesso a 4 mani. Fortunatamente il cielo è sereno, la luna piena e le stelle a quell’altezza brillano un po’ di più. A fine salita si raggiunge il lato del cratere del Kibo peak, quasi all’alba, a 5685 metri. Qui uno dei nostri compagni di avventura si ferma. Abbiamo tutti la nausea, mal di testa, le labbra viola e le gambe pesanti. Ma mancano ancora due check point. Il primo si chiama Stella point, a 5756 metri. Ci si arriva costeggiando il costone del cratere che guarda ad est, mentre sorge il sole. Qui si riuniscono i climbers che vengono dal lato nord, come noi, con quelli dal lato sud».

Luciano Pitzurra e Chiara Puletti (foto concessa)
Luciano Pitzurra e Chiara Puletti (foto concessa)

Luciano Pitzurra e Chiara Puletti (foto concessa)

«L’alba dal tetto dell’Africa è stata commovente – ricorda Luciano -, le immagini straordinarie. Gli ultimi metri per arrivare all’Uhuru peak pesantissimi. Di ossigeno ce n’è poco, i muscoli bruciano, fa freddo. Uhuru in swahili significa libertà. Questa è la sensazione che proviamo appena arrivati in cima». L’emozione più forte? «Ci siamo commossi. Ognuno ha lottato contro se stesso durante la salita, con la convinzione di poter arrivare in alto a poco a poco, o come dicono in swahili “pole pole”, piano piano».

Il rientro al Kibo hut alle 11 del mattino, dopo 12 ore. «Poche ore dopo di nuovo giù fino all’Horombo hut. E infine in un giorno giù attraverso la foresta fino al punto di partenza».

Ma le emozioni per Luciano Pitzurra e Chiara Puletti non sono finite: «Ora ci godremo qualche giorno di riposo nel Serengeti prima di volare verso Mafia Island, famosa per le immersioni con gli squali balena, dove la nostra avventura continua».

© Riproduzione riservata