“Glocal”, ossia cittadino del mondo ma attento e interessato al territorio che lo “ospita” e a quello di origine, a cui si sente sempre legato.

È questa la nuova tipologia di emigrato emersa durante il work shop di Ginevra promosso dalla Regione Sardegna in Svizzera, organizzato dalle Associazione sarde di Ginevra e di Losanna con la Federazione delle associazioni sarde in Svizzera, sotto la presidenza di Antonio Mura, presidente del Circolo di Lucerna, titolare del progetto regionale, e di Lorenzina Zuddas, presidente dell’associazione sarda di Ginevra, ospitante, e di Josiane Masala, presidente dell’associazione sarda di Losanna, e in collegamento con il presidente onorario della Federazione, Domenico Scala, Vice presidente Vicario della Consulta regionale dell’emigrazione, ossia massima carica non politica in questo campo.

Uno dei coordinatori dell’incontro, Leonardo Canonico, ha messo in luce i tratti della nuova emigrazione. Commercialista di origine campana, si riconosce nei valori della Sardegna e dei sardi, per i quali opera.

Il confronto è avvenuto tra vecchie e nuove generazioni di dirigenti e di soci dei circoli, quasi a consacrare il transito da una vecchia a una nuova fase. «In realtà una prima fase di ricambio - ha sottolineato il coordinatore Aldo Aledda, memoria storica dell’emigrazione sarda - era già avvenuta negli anni Novanta con l’avvicendamento della prima generazione di emigrati del Secondo Dopoguerra e che oggi, dopo trent’anni, ha bisogno anch’essa di un nuovo ricambio generazionale, forse anche più urgente e oculato perché sull’associazionismo sardo si ripercuotono gli effetti negativi della crisi del fenomeno associazionistico in genere e quelli particolari dell’ambito migratorio, caratterizzati dalla difficoltà degli organismi rappresentativi (CGIE, Comites, ecc.) oltre che dalla consistente riduzione delle risorse finanziarie pubbliche».

«Da un lato si è confermata tutta la disponibilità dei giovani nei confronti della Sardegna e dei coetanei che intendono fare un’esperienza di vita e di lavoro all’estero – spiega Antonio Mura, presidente della Federazione dei circoli sardi in Svizzera -, oggi esaltata ancora di più dal fatto che una di loro, una expat, Alessandra Todde, sia divenuta Presidente della Regione, a dimostrazione appunto che questa condizione non deve risultare penalizzante, ma costituire un valore aggiunto, come ha riconosciuto indirettamente la maggioranza dei sardi nel votare questa persona».

«Dall’altro lato, però – ha detto nel suo intervento Luca Pau, giovane dirigente del circolo di Ginevra -, esistono notevoli difficoltà di comunicazione con i coetanei rimasti nei centri sardi di origine che si rivelano ancora legati a interessi e a orizzonti molto limitati. Ciò è dovuto al gap dato per una parte da un surplus di formazione, di competenze e di preparazione e, per l’altra, in chi sta nell’Isola, in un deficit di tutte queste qualità». In questo contesto si è inserito il contributo da parte della responsabile giovani del circolo di Zurigo, Antonella Corrias, che ha sollecitato la formazione di corsi webinar tra scuole superiori sarde e figure esemplari di emigrati sardi in Svizzera, nei quali raccontare le esperienze story telling motivazionali per i giovani sardi.

Un momento dell'incontro (foto concessa)
Un momento dell'incontro (foto concessa)

Un momento dell'incontro (foto concessa)

Durante il work shop è stato sottolineato come oggi le associazioni di sardi in Svizzera appaiano piuttosto concentrate nel dare il loro supporto al crescente numero di coetanei che arrivano dall’Isola, per poter rispondere con sicurezza al messaggio lanciato dalla stessa regione Sardegna che non disdegnerebbe un’inversione di flussi, hanno sostenuto i numerosi giovani che si sono confrontati, oltretutto, con i dirigenti della generazione precedente, molti dei quali hanno già provveduto a fare il passaggio di consegna ai presenti. Questa posizione è stata illustrata in particolare da Elisa Manca, giovane docente dell’università di Berna, originaria di Alghero, che utilizzando anche gli strumenti del sistema universitario sardo, con cui mantiene linee di collaborazione, offre meritoriamente sostegno ai giovani sardi che si recano a studiare e a lavorare nel Canton Ticino. In questo senso è emerso chiaramente che il vuoto di forze giovanili che si sta creando nell’Isola può essere coperto solo da politiche più avanzate e più accorte di quelle attuali con risorse che possano attrarre l’attenzione della parte più qualificata della Generazione Z che si trova a provenire dalla Sardegna e produrre quindi risposte significative. Infatti, si è detto in particolare nella relazione di Elisabetta Melinu, buona parte delle competenze di elevato livello acquisite dai giovani sardi in Svizzera non può essere spesa nell’Isola per assenza di progetti e di iniziative nei settori più innovativi dell’economia, della transizione tecnologica e della difesa dell’ambiente.

Perché gli strumenti dell’associazionismo sardo possano mostrarsi sia all’altezza dei compiti cui tradizionalmente sono stati concepiti, ossia di accompagnare i nuovi arrivati nella loro esperienza migratoria, sia di quelli più recenti di partnership con la Regione nelle politiche di avanguardia, sembra imprescindibile migliorare l’assetto organizzativo delle associazioni e della relativa Federazione spostando sempre più in alto i disegni organizzativi, fino ad abbracciare il movimento complessivo dei sardi all’estero ed eventualmente richiedendo ai giovani dirigenti prestazioni professionali sempre più elevate anche con la possibilità di compensare in prospettiva impegni che andassero oltre l’ordinaria dedizione volontaria.

In questo senso occorrerà percorrere le strade più sicure dell’intervento pubblico ed eventualmente privato, come ha sostenuto Samuele Caboi, un giovane economista appena nominato segretario dell’associazione di Ginevra, espressione di una nuova generazione di dirigenti che si accingono a prendere le redini delle associazioni. Un disegno nel quale sembra imprescindibile presentarsi con un movimento giovanile, forte e motivato, è peraltro contenuto in un progetto in corso di realizzazione illustrato da Genri Fais, dirigente del circolo di Losanna, che mira a creare un percorso social con un servizio di informazione, collegamento e assistenza dei giovani sardi che si recano in Svizzera e la possibilità di estenderlo a tutto il mondo. A ogni buon conto è emersa la necessità, rappresentata dal dirigente federale Gigi Masia, di procedere a una revisione legislativa nella misura in cui i meccanismi attuali manchino della necessaria flessibilità sulla quale possono contare soltanto disegni organizzativi più ambiziosi e coraggiosi e sistemi di gestione amministrativa più semplici.

E, infine, il motivo conduttore che ha attraversato tutto il Work Shop, sia quello di Zurigo sia quello di Ginevra, è stato il pensiero generale dei giovani, riassunto da Antonio Mura, presidente della Federazione: «Tornare in una Sardegna che invecchia e perde popolazione? No, grazie! Nessuno ci ha costretti a uscire dalla nostra terra, anzi grazie per averci formati e istruiti, ma dopo abbiamo trovato solo sottoccupazione o nulla da fare nelle cose per cui avevamo studiato. Le nostre stesse famiglie, a differenza delle emigrazioni storiche, sia pure con dolore hanno approvato e per quanto hanno potuto ci hanno aiutato. Siamo sardi dentro e ci porteremo la nostra terra ovunque siamo nel mondo e quando ci manca fisicamente torniamo per incontrare le nostre famiglie e i nostri amici. Rientrare, poi, con quale attività? Si potrebbe fare in qualche ambito vantaggioso come quello turistico. Ma per che cosa, per farci spolpare da un fisco rapace e mangiare da una burocrazia barocca? Meglio la Svizzera, anche in termini di qualità dell’esistenza, dove tutto gira per farti stare meglio, dal fisco ai servizi, all’organizzazione sociale e alla vita quotidiana. E, da ultimo, che non vi attraversi un attimo la mente che siamo noi, con la nostra “fuga”, i responsabili dello spopolamento, dell’invecchiamento oppure dell’impoverimento della Sardegna. Cercate le responsabilità nella vostra classe politica e dirigente, nel sistema sociale e di funzionamento dei servizi che vi siete dati nel tempo e, soprattutto, nel microsistema amministrativo e clientelare che gestisce i piccoli centri e che più che trattenere espelle i giovani».

(Unioneonline/s.s.)

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