Un sodalizio sentimentale e professionale. Lo si vede anche dal loro profilo Facebook: Mauro Daniela Matta. Così, come fossero una persona sola.

Insieme nella foto di copertina con la loro piccola Alice, postano molte immagini della Sardegna, in prevalenza mare. Sarà la nostalgia della loro Terra, ora che la coppia vive e lavora al nord d’Italia che più a nord non si può: frazione Entrèves, La Thuile (Aosta), località sciistica a due passi dal confine con la Francia, frequentata in gran parte da milanesi. Ma non solo. O sarà perché al mare, il loro mare, ci vanno per qualche mese all'anno e poi è difficile staccarsene per tornare su, quando riapre la stagione.

Mauro e Daniela, 44 e 46 anni, sono insieme dal 1992. Lei di Assemini, lui di Decimomannu, si sono conosciuti in discoteca quando erano ragazzini. "Fin dai tempi della scuola". Poi il matrimonio, "nel 2002, giusto Daniela?". Chiede conferma alla moglie, ma non è detto sia vero che non ricorda la data; lei comunque conferma.

Hanno lavorato sempre in coppia, prima in Sardegna, "in vari hotel anche cinque stelle, e diversi villaggi sia in Costa Smeralda sia nella zona sud", poi anche in Valle d'Aosta, con lo stesso titolare, spiega Mauro. Infine hanno deciso di partire: dai 15 gradi in media di Cagliari ai -5, "come oggi. Ma nei prossimi giorni arriveremo a -15".

Un'immagine della località sciistica a La Thuile, Aosta (foto Wikipedia)
Un'immagine della località sciistica a La Thuile, Aosta (foto Wikipedia)
Un'immagine della località sciistica a La Thuile, Aosta (foto Wikipedia)

Insieme hanno messo in piedi un ristorante, il Pepita café, che coniuga la tradizione locale con quella sarda. Un connubio che Daniela e Mauro rendono possibile perché ben coordinati, lui in cucina, lei in sala, con l’obiettivo di far sentire a casa i propri clienti offrendo prodotti di prima qualità. Il personale? "Tutto sardo, sono rappresentate tutte le province", dice con orgoglio.

Mauro, anche in Sardegna avevate una vostra attività?

"No, eravamo sempre dipendenti. In estate lì e in inverno in montagna".

Quando la svolta?

"Quando 14 anni fa è nata nostra figlia e abbiamo deciso che era ora di avere un nostro ristorante. Io del resto avevo questo pallino già da quando avevo terminato la scuola alberghiera".

Gli inizi sono stati complicati?

"Lavoravamo già a La Thuile, poi il titolare è andato all'estero e noi abbiamo rilevato tutto".

E il nome, Pepita café?

"Abbiamo ereditato anche quello. Ma abbiamo stravolto il menu".

Cioè?

"La cucina era tex mex (ossia statunitense e messicana, ndr), una cosa completamente diversa da quella che avevamo in testa. Pensavamo di rimanere solo qualche anno e invece... Ora però ci conoscono con questo nome, quando ci cercano sui social, sulle pagine internet vanno dritti su Pepita café. Cambiare è complicato".

Quanto vi è pesato lasciare la Sardegna?

"In fondo non ce ne siamo mai andati definitivamente; ogni anno torniamo per un mese e mezzo, anche due, in concomitanza con le basse stagioni della montagna, quindi tra maggio e giugno. Le temperature qui a 1.450 metri sono diverse, ovviamente, ma è tutta questione di abitudine".

Avete faticato ad ambientarvi?

"No, vivevamo qui già a metà degli anni Novanta, quando lavoravamo come dipendenti. Pian piano siamo entrati in questo ambiente, e anche nostra figlia è nata qui".

E Alice si sente più sarda o più valdostana?

"Per lei Sardegna equivale a vacanza, mare, cugini e parenti vari. Anche se nell'Isola ha frequentato, per nostra scelta, l'asilo e la prima classe delle elementari. Non si sente molto sarda, ma questo è normale".

Che tipo di clientela avete?

"Varia. In settimana soprattutto francesi, inglesi, in questo periodo anche molti russi. Nei weekend turisti milanesi e proprietari di seconde case. Ci sono anche molti sardi che vengono qui in vacanza e hanno delle proprietà".

Le recensioni vi condizionano?

"Siamo tranquilli, ne abbiamo avute anche di negative, capita. Può essere colpa nostra oppure problemi con clienti particolari. L'errore ci può essere, ma è anche vero che ormai la critica è sempre più frequente".

Il vostro menu ha più contaminazioni sarde o valdostane?

"Abbiamo piatti tipici di questa zona: dalla raclette alla bourguignonne, dagli affettati valdostani al tagliere di formaggi misti, ma abbiamo anche i culurgiones leggermente modificati, quasi fusion: con ripieno fatto di formaggio che viene da Gressoney. Speciali. Ma ci sono anche la fregola e il maialino rivisitato. Viene cotto confit e servito disossato, in modo un po' contemporaneo, con una salsa al cannonau. L'assenza di ossi viene molto apprezzata perché i clienti riescono a mangiarlo senza troppa fatica".

Tornerete in Sardegna?

"Chi lo sa, adesso non possiamo fare previsioni. Nostra figlia inizierà una scuola qui, bisogna seguire anche il suo percorso scolastico".

E quando siete andati via cosa hanno detto i vostri parenti?

"Hanno capito che era importante, per realizzarci, andare altrove. Erano dispiaciuti, come lo sono adesso, perché non ci vediamo tutti i giorni o tutti i mesi, ma il lavoro è importante. Seguiamo sempre il nostro sogno".

Sabrina Schiesaro

(Unioneonline)

(isardinelmondo@uninesarda.it)
© Riproduzione riservata