«Come, i nomi?». «Dai, i nomi, i nostri nomi, i nomi di ognuno di noi scritti lì, sulla felpa, all’altezza del cuore. Che poi siamo a un pranzo di classe, è divertente, è come fare l’appello, e presentarci, ancora una volta».

Il pranzo di classe

Quella mattina Angelica Sorrentino aprì l’armadio e tirò fuori un paio di felpe blu. Le portò in tipografia, ci fece stampare i nomi delle amiche e arrivò in piazza Costituzione con il sorriso divertito di chi ama giocare. Ma quella mattina Angelica Sorrentino, mentre le ragazze indossavano le felpe e i ragazzi dicevano ma dai, che belle, ne fai una anche a me?, quella mattina, non sapeva che era nata fkyouridèntity.

Giovani e favolosi

Angelica Sorrentino, Gabriele Aru e Giulia Ibba sono tre giovani favolosi. Hanno poco più che vent’anni, sono nati a Cagliari, dove vivono, e dove studiano. «Io e Gabriele medicina, Giulia economia». Sono i fondatori di un marchio che, oggi, a parlare di moda, è uno dei progetti sardi più interessanti. Due numeri, giusto per farvi capire: con fkyouridèntity producono, in un mese, 700 pezzi per un giro d'affari di 70 mila euro. Felpe e t-shirt, costumi da bagno, borse, asciugamani. Il logo, se di logo vogliamo parlare, è il nome che ogni cliente decide di farci ricamare sopra. Un nome, un’iniziale, una parola. L’identità, in burocratese, è l’autenticità. Per un ventenne è qualcosa di più forte ancora. Perché è la voglia, il bisogno, la necessità di trovare il proprio posto nel mondo.

Anche in Azerbaigian

E così, quelle quattro felpe messe su per il pranzo di classe, sono diventate il doppio; e poi ancora, e ancora, ancora. Era il 2019. A Cagliari le volevano tutti. «Le compravamo on line, le facevamo stampare in città, le rivendevamo a 10 euro in più». Poi, una pagina Instagram, ha portato l’idea sino in Grecia, in Spagna, in Germania. Francia, Finlandia, Regno Unito. Stati Uniti, Canada, Azerbaigian. Arabia Saudita ed Hong Kong. «fkyouridèntity era diventata un’azienda». Partita iva, e-commerce, campionario, collezioni. Le felpe sono diventate sempre più belle, le stampe sono diventate ricami.

Il valore di un artigiano

«L’ufficio erano le nostre camere, il magazzino la stanza di mio fratello che studiava fuori», ride, adesso, Gabriele. Angelica è la creativa, Giulia, a organizzare la logistica, non la batte nessuno. «È stato tutto così veloce» ma anche «così razionalizzato, soppesato, studiato». I guadagni reinvestiti. La qualità cercata con rigore. «Ogni pezzo è realizzato a mano, con estrema cura, da artigiani che vogliamo in Sardegna». Ogni pezzo è unico, «perché, unico, sei tu, che lo scegli».

La borsa in iuta

«Lo sliding doors?, sì, c’è stato, quando abbiamo deciso di puntare sulla borsa in iuta. Abbiamo riempito le spiagge di mezzo in mondo. Sono uscite le prime imitazioni». Difficoltà? «Lacrime, litigi, telefonate buttate senza dirsi neanche ciao». E gli esami, da dare, che all’Università mica si scherza. «Se ce la facciamo a fare tutto?». Ci vogliono coraggio, grinta, passione. Determinazione, tenacia, costanza. «Ci ripaga il fatto di essere indipendenti». E di leggere, «negli occhi dei nostri genitori», l’orgoglio «per un lavoro che neanche la pandemia ha buttato giù». In quei mesi «siamo cresciuti del 600 per cento».

Poi c’è Leone. «Il figlio di Fedez e Chiara Ferragni». Indossa le vostre felpe? «Le felpe e le t-shirt». Qualcuno dirà che non sa neanche scrivere il suo nome. Ma guardarsi allo specchio, e riconoscersi, è la sfida più grande che facciamo tutti, ogni giorno, anche i bambini.

Francesca Figus

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