A seguito di quanto pubblicato il 20 marzo 2019 con il titolo "Il ruolo dei circoli sardi e quei provvedimenti 'diramati a cose fatte'" e il 22 marzo 2019 con il titolo "Progetti illustrati con slide prima del voto" si invia la presente per portare un contributo informativo e pertinente sulle questioni analizzate.

Lo faccio da ex-consultore, nominato nell'ultima legislatura come esperto in materia di Emigrazione da parte del Consiglio su proposta della Giunta della Regione Autonoma della Sardegna, e quindi in qualità di testimone diretto sul fronte Consulta, e lo faccio da ex-commissario di un circolo aderente alla F.A.S.I., quindi testimone diretto di ciò che avviene all’interno della Federazione delle Associazioni Sarde in Italia.

Partendo dalla precisazione della Redazione che le dichiarazioni rilasciate nell’articolo del 20 marzo non sono anonime ma note e quindi le generalità degli autori sono state verificate e validate, è lecito esprimere delle perplessità nei confronti di chi o di coloro i quali hanno scelto di fare tali affermazioni usando l’anonimato invece di avere un confronto democratico nelle sedi istituzionali preposte. Quando, e se, si è convinti della veridicità delle proprie affermazioni e, soprattutto, quando non si parla solo a titolo personale ma anche e per conto di altri non si dovrebbe esitare di "metterci la faccia". Perché non è stato fatto? Forse è una questione di metodo, forse è questione di educazione, forse è semplicemente un’altra questione.

Prima di tutto, per giusta e corretta informazione di chi legge, è doveroso ricordare che la Consulta per l’Emigrazione non ha potere decisionale bensì consultivo. Solo in qualche e sporadico caso ha funzioni di indirizzo. Sicuramente offre la possibilità di trovare una mediazione, grazie alla discussione e al confronto, soprattutto quando si parla di piani triennali e di risorse da destinare all’emigrazione organizzata ma non ha potere decisionale.

Entrando nel merito del decreto assessoriale, come già scritto dalla presidente F.A.S.I. tale documento ha avuto massima diffusione tra le associazioni sarde, in più e più occasioni. Ad esempio, si può ricordare l’incontro presso il 1° Municipio di Roma dove hanno partecipato i circoli della circoscrizione Centro-Sud e nel quale è stato relatore l'ingegnere G. Saba, funzionario dell’Assessorato Assessorato del lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale della RAS.

Relativamente alle criticità, con l’introduzione della Legge per il Terzo Settore è ovvio che l’argomento "origine sarda" non è un requisito fondamentale per iscriversi ad un circolo. Del resto, già da decenni tutti i circoli sardi (giustamente e orgogliosamente) non si pongono questo problema. Tuttavia, altra cosa è l’applicazione della Legge 7/91 che regola il riconoscimento delle associazioni dei sardi e l’accesso ai finanziamenti pubblici ponendo dei vincoli precisi.

Più di una volta, all'interno della Consulta, è stata avanzata la richiesta di mettere mano alla legge e operare una revisione. Purtroppo non ci è stato permesso di farlo ma sicuramente i consultori che verranno eletti non mancheranno di sostenere questa istanza. Anche sulla durata della carica di presidente per tre mandati, ci sono stati consultori che non erano d’accordo su questo provvedimento: chi ben conosce il fenomeno dell’emigrazione sa che tre mandati possono essere congrui per la carica di consigliere ma per il presidente possono essere sufficienti due incarichi.

Il pensiero degli esperti è che se dopo due mandati un gruppo dirigente non è stato in grado di costruire "un dopo di noi" ha praticamente fallito la sua missione. Eppure il decreto stabilisce altro e il buonsenso ci impone di credere che si sia stati di “manica larga”, forse troppo.

Rispondendo più precisamente alla richiesta di chiarimento se tre sia il numero di mandati consecutivi o massimi che una persona possa ricoprire, la risposta in realtà si trova nella ricerca di quale è la missione futura dei circoli: si vuole favorire una continuità generazionale oppure si preferisce morire? In parole povere, non è importante il numero dei mandati del presidente o dei membri del consiglio: le cariche non possono essere a vita e non si deve impedire nei fatti, la crescita, il ricambio e il rinnovo della classe dirigente.

Ricollegandosi alla parte centrale dell'articolo in cui sembra che il rivolgersi alla stampa sia l’unico strumento "per spiegare, in modo costruttivo, le ragioni che si vorrebbe venissero presentate alla riunione nazionale di domenica", il metodo appare abbastanza creativo e singolare. In primis l'aggettivo "costruttivo" sembra piuttosto dissonante, visto che non si riesce a capire chi impedisce la presentazione di tali istanze nelle sedi appropriate. Poi se si vuole fare chiarezza, il presidente che non vuole esporsi e i suoi interlocutori spieghino quanto scritto nell'articolo al punto in cui si afferma che "nella riunione di un anno fa in Consulta erano presenti persone che non dovevano esserci ma che, anche ammettendo che potessero rimanervi, dal verbale risulta che hanno addirittura proposto dei provvedimenti". Onestamente, se c’erano forse noi consultori non ce ne siamo accorti e quindi bravo chi non era alla riunione ma se n’è accorto. Ora però ci facciano capire: di chi e cosa parliamo?

La decisione di intervenire è dovuto al fatto che non è possibile tacere. La F.A.S.I. va salvaguardata a qualsiasi costo: le persone passano, vanno e vengono, ma le istituzioni rimangono. Sta a noi proteggerla, sta a noi farla crescere, sta alla nostra capacità di rafforzarci e rinnovarci tramite quel "gioco", che vale la pena sempre difendere, che è la democrazia. E non si può relegare l’emigrazione a semplici diatribe interne (dettate spesso da individualismi e personalismi che non hanno niente a che spartire con la storia dell’emigrazione organizzata). Né tanto meno si può offuscare, ma ancor peggio infangare, la vita e la capacità di esistere e resistere della realtà dei circoli sardi e dei suoi volontari. Volontari: veri ambasciatori a tutto tondo della nostra isola, silenziosi ma efficaci. Tutti i giorni aprono le nostre sedi, rispondono ai corregionali, organizzano iniziative e attività, condividono spazi e tempi: a loro, sinceramente, questa pretestuosa litigiosità non interessa un bel nulla, anzi, li disturba.

Per rispetto dei 30.000 soci bisogna saper superare incomprensioni tramite la dialettica, il confronto e la condivisione di obiettivi e progetti. Questo è ciò che chiede chi, all'inizio di ogni anno, paga al suo Circolo, la sua quota per avere una tessera F.A.S.I.. Una tessera che non è un pezzo di carta ma una forte volontà di affermazione di una appartenenza e di una identità.

Elio Turis - Firenze

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