È una «fase di transizione» quella che le associazioni sarde nel mondo vivono in questo momento: «Esce di scena la classe dirigente emigrata nel secondo Dopoguerra ma stentano ad affermarsi le energie nuove, che preferiscono modalità di aggregazione e sistemi di relazione diversi da quelli che le hanno precedute». Quello di Domenico Scala – vicepresidente vicario della Consulta per l’emigrazione della Regione Sardegna – è stato uno degli interventi, lo scorso fine settimana, al teatro Doglio di Cagliari dove i rappresentanti dei circoli sardi si sono riuniti per la conferenza dell’emigrazione organizzata dalla Regione.

Scala, classe 1947, originario di Alghero, vive in Svizzera e da 50 anni è impegnato nel mondo delle associazioni. Nelle sue parole i numeri dello spopolamento e la preoccupazione per un nuovo fenomeno che porta sempre più giovani a lasciare l’Isola per raggiungere Paesi non solo europei: tanti sono quelli che partono per il Sudamerica o per l’Australia, così come sono migliaia quelli che, pur non essendo nati in Sardegna, hanno con questa un legame forte in quanto figli e nipoti di chi, decenni fa, ha fatto la valigia e se n’è andato. 

Il vicepresidente vicario ha anche sottolineato uno dei problemi avvertiti dai circoli sardi all’estero: «Il modello associazionistico sostenuto dalla Regione presenta un’impronta marcatamente italiana e, come accade in Italia, è caratterizzato dal prevalere delle preoccupazioni formali e burocratiche su quelle sostanziali». Insomma, ha detto Scala, «chi vive all’estero ha interiorizzato da decenni la convinzione che il rispetto delle leggi e l’etica pubblica costituiscano una condizione irrinunciabile per una sana convivenza civile». E da sempre si lotta contro l’immagine dell’emigrato «visto come il furbetto che cerca di frodare l’ente pubblico, al quale il controllore regionale di turno cerca di rendere più difficile l’esistenza con maggiori richieste di documenti, ricevute, fideiussioni, modulistica. Se vogliamo che si accostino al nostro mondo i giovani che sono scappati dall’Italia, non dobbiamo assolutamente riproporre le prassi negative, irritanti, sfibranti e vessatorie dalle quali sono fuggiti».

Considerando poi che «così come vi è un’Italia fuori dall’Italia, vi è anche una Sardegna fuori dalla Sardegna», e volendo fare «un discorso serio di rientro di giovani per combattere lo spopolamento delle aree della nostra Isola», l’unico argomento che può portare risultati è quello di coinvolgere i circoli dell’America Latina per i quali l’Italia è «molto più attrattiva di quanto non lo possa essere per i discendenti degli emigrati sardi in Europa, Australia o Nord America». 

E per fare gli interessi della Sardegna dovrebbero essere rivalutati i sardi all’estero nel loro ruolo rappresentativo e politico, ma occorrono «visione, progettualità e volontà per superare le rendite di posizione» senza perdersi in una «erogazione pubblica fine a se stessa, senza finalità e senza ritorno».

Per Scala fondamentale è e resta importante ripetere ciclicamente una conferenza come quella che si è tenuta a Cagliari il 28 e 29 aprile, «magari in coincidenza con i tempi della legislatura regionale».

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