Con 17,9 milioni di morti all’anno (pari al 32% delle morti totali) secondo le stime dell’OMS, le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di decesso al mondo; considerata l’incidenza in aumento sia nei Paesi avanzati, sia nei Paesi in via di sviluppo, si prevede che entro il 2030 il numero delle vittime raggiungerà i 24 milioni all’anno.

È scientificamente provato che lo stile di vita giochi un ruolo cruciale nello sviluppo di queste patologie: una dieta ricca di sale, grassi e zuccheri raffinati, insieme alla sedentarietà fisica, al fumo di tabacco e al consumo di alcol, può infatti alzare la pressione sanguigna e favorire l’accumulo di colesterolo nelle arterie (aterosclerosi), aumentando il rischio d’infarto cardiaco e ictus cerebrale; il rischio aumenta ulteriormente negli uomini e nelle persone in età avanzata.

Le possibile cause

Accanto a quelleufficialmente riconosciute, ce ne sono altre ancora in fase di studio come le infezioni croniche, le quali - stando all’ipotesi più accreditata - promuoverebbero uno stato infiammatorio lieve, ma capace di danneggiare i vasi sanguigni nel lungo termine, favorendo così lo sviluppo dell’ipertensione e dell’aterosclerosi.

Tra le più studiate vi sono le infezioni da Helicobacter pylori (un batterio che può colonizzare la mucosa dello stomaco e causare gastriti e ulcere) ma le evidenze raccolte finora sono purtroppo contrastanti.

Partendo da questi presupposti, un gruppo di ricerca dell’Università di Sassari ha cercato di chiarire il legame fra le infezioni croniche da H. pylori, l’aumento di pressione sanguigna e la formazione delle placche di colesterolo nelle arterie; lo studio è stato recentemente pubblicato sul Journal of clinical medicine e porta la firma dei professori Giovanni Mario Pes e Maria Pina Dore (nel ruolo di coordinatrice) del Dipartimento di scienze mediche, chirurgiche e sperimentali.

I dati della ricerca

In seguito all’esame delle cartelle cliniche di ben 7.152 pazienti (i quali si erano sottoposti a endoscopia tra il 2002 e il 2019, presso l’Unità di gastroenterologia dell’AOU Sassari) è emerso che il 28,5% era iperteso e in questo gruppo erano più numerosi i soggetti in età avanzata, in sovrappeso, col diabete o il colesterolo alto, i fumatori o ex fumatori, rispetto al gruppo dei non ipertesi.

Di particolare rilevanza il fatto che, tra chi aveva l'ipertensione, erano più frequenti anche i casi d’infezione cronica da Helicobacter pylori (il 29,8% contro il 24,5%), come evidenziato dalla presenza di anomalie della mucosa gastrica nei campioni prelevati con la biopsia; inoltre, in uno specifico gruppo di 333 pazienti che si erano sottoposti a ultrasonografia delle carotidi (le arterie che portano il sangue al cervello) anche la presenza delle placche di colesterolo in uno o entrambi i vasi arteriosi era più frequente negli infetti cronici.

Sottoponendo questi dati all'analisi statistica, gli studiosi hanno calcolato che il rischio di sviluppare l’ipertensione era significativamente più alto negli infetti cronici, anche dopo aver escluso gli effetti legati ad altri fattori di rischio accertati (per l’appunto l’età, il sovrappeso, l’ipercolesterolemia, il diabete e il fumo); lo stesso valeva per il rischio di comparsa delle placche aterosclerotiche - anch’esso significativamente più alto in caso d’infezioni croniche - indipendentemente dai fattori di rischio tradizionali succitati.

In conclusione

I risultati ottenuti da Dore e colleghi confermano quanto emerso da precedenti studi, ossia che le infezioni croniche da Helicobacter pylori rappresentano un potenziale fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, ma sono necessarie ulteriori indagini per dimostrare l'esistenza del rapporto di causa-effetto. Non ci rimane che attendere gli sviluppi di ricerche future.

Jessica Zanza

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