Calcio nelle arterie, cura possibile con la litotrissia

Vorrei sapere se i depositi di calcio nelle arterie coronariche sono pericolosi e come possono essere affrontati, oltre che con i farmaci. È vero che si possono aggredire come i calcoli dei reni?

Il caso specifico va inquadrato e trattato dal cardiologo che segue il lettore. Si sa però che il calcio, quando si deposita in eccesso nelle coronarie o attorno alle valvole cardiache, può diventare un pericolo per il cuore. Oggi esiste la possibilità di intervenire per ‘polverizzare’ gli accumuli di calcio in eccesso. Con la litotrissia intravascolare, una tecnica che utilizza le onde d’urto degli ultrasuoni per spezzettare gli accumuli di calcio come fossero un guscio d’uovo, in maniera efficace ma sicura al tempo stesso, tanto da poter essere impiegata anche in anziani fragili e nei pazienti candidati alla sostituzione della valvola aortica per migliorare l’esito dell’intervento. La calcificazione delle coronarie e delle valvole cardiache è un riscontro comune all’aumentare dell’età. Con il tempo il calcio tende a depositarsi in questi tessuti e calcificazioni gravi si possono osservare anche fino al 30% dei pazienti sottoposti ad angiografia coronarica, mentre le stenosi valvolari sono il risultato della calcificazione delle valvole associata all’invecchiamento. L’irrigidimento indotto dal calcio è molto pericoloso, perché pregiudica la corretta funzione di vasi e valvole; se tuttavia con l’angiografia, una TAC coronarica, un’ecografia intravascolare o con la tomografia ottica computerizzata si verifica la presenza di calcificazioni coronariche ampie, queste oggi possono essere trattate in un numero sempre maggiore di pazienti con la litotrissia intravascolare, restituendo elasticità ai vasi e riducendo il rischio di infarti e insufficienza cardiaca. La litotrissia intravascolare è l’applicazione sui vasi arteriosi della strategia utilizzata per polverizzare i calcoli renali a base di calcio: nella coronaria da trattare viene inserito un catetere speciale, equipaggiato con micro-emettitori di onde d’urto a ultrasuoni in un palloncino simile allo stent. La pressione creata dalle onde d’urto non ha effetti sui tessuti ma spezzetta selettivamente il calcio, che però non si ‘sbriciola’ andando in circolo e rischiando così di occludere piccoli vasi. I pezzetti restano fra due strati di tessuto fibroso, come fossero in un sandwich: non fanno danni altrove ma essendo ‘sbriciolati’ non oppongono più resistenza, la rigidità della coronaria è inferiore al 50% ed è possibile inserire uno stent che la mantenga aperta. Posizionare uno stent senza aver prima ridotto la calcificazione del vaso, potrebbe essere pericoloso, perché la rigidità della coronaria impone di usare una pressione molto elevata per gonfiare il palloncino e questo può portare a una dissezione del vaso.

Giovanni Esposito, presidente Società italiana di Chirurgia interventistica

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Tutti i pregi e i difetti della nutraceutica

La nutraceutica fa bene a tutti?

Il termine “nutraceutica” è la sintesi di due termini: nutrizione e farmaceutica. In sostanza, la nutraceutica indica quegli alimenti o le sostanze attive presenti al loro interno ai quali si attribuiscono, oltre al valore nutrizionale di base, uno o più benefici aggiuntivi, come prevenire malattie croniche, migliorare la salute, favorire la longevità o sostenere alcuni apparati o funzioni corporee. In quest’ottica la dieta nutraceutica serve a tutti, ma guai a pensare di sostituire un corretto stile di vita con una manciata di “super nutraceutici”. Il vero potenziamento della salute di un individuo si compie quando si impara a regolare interamente le proprie abitudini in funzione di un miglioramento. Sintetizzando, inutile imbottirsi di integratori, se poi si fuma tanto o si beve molto alcol o si mangia junk food. Solo un nutrizionista specialista può stabilire se la nostra condizione di salute o il percorso alimentare che stiamo facendo necessiti di integrazioni o alimenti specifici.

Pietro Senette, nutrizionista e ricercatore

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Allergie primaverili, come affrontarle

È possibile prevenire le allergie primaverili con farmaci?

Una volta accertata l'allergia abbiamo tre possibilità: evitare il polline causale, la terapia coi farmaci, il vaccino antiallergico. Evitare il polline è impossibile. Si può limitare il tempo trascorso all'aperto nelle ore centrali della giornata quando è più alta la concentrazione; non aprire le finestre nelle ore più calde; non stare all'aperto dopo la pioggia; consultare il calendario dei pollini; utilizzare i filtri antipolline e tenere i finestrini chiusi in auto; lavare i capelli quotidianamente; indossare mascherina e occhiali da sole all'aria aperta; evitare i luoghi in cui è stata falciata l'erba. La terapia medica si avvale dei cortisonici inalatori, spray nasali e bronchiali, degli antistaminici, dei cromoni, dei broncodilatatori degli antileucotrienici. I farmaci curano i sintomi, ma prevengono se assunti qualche giorno prima dei picchi pollinici. Il vaccino antiallergico, blocca l’allergia per molti anni, riducendo la produzione degli anticorpi IgE che provocano l’allergia. Quindi mentre i farmaci vanno utilizzati ogni anno per molti mesi e per tutta la vita, il vaccino consente di avere molti anni di benessere.

Paolo Fancello, medico allergologo Assl Cagliari e Sanluri

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Insonnia e orexina, una nuova frontiera

Da qualche tempo soffro di problemi del sonno. Oltre alla melatonina e alla luce, ci sono altre sostanze che entrano in gioco in questo meccanismo? Ho letto qualcosa sull’orexina.

Uno dei grandi nemici del sonno è la luce, che ormai domina nella nostra vita anche oltre il tramonto del sole. La prolungata esposizione alle sorgenti luminose (TV, pc, tablet, smartphone, luce domestica artificiale) nelle ore serali e notturne interferisce con uno dei meccanismi naturali del nostro organismo: il ritmo sonno-veglia. In questa regolazione cronobiologica un ruolo chiave viene giocato dalla melatonina, ormone prodotto dalla ghiandola pineale (epifisi). Il ritmo sonno-veglia viene anche regolato da altre molecole tipo le orexine. Se scarseggiano, il cervello ha difficoltà a rimanere sveglio e vigile. Si apre una nuova frontiera per la cura dell’insonnia: una lunga e faticosa ricerca per offrire ai pazienti insonni una possibile soluzione. In questo nuovo filone di studi si tentava di agire con un meccanismo innovativo “anti-veglia”, ovvero tutto ciò che poteva bloccare l’orexina”.

Liborio Parrino, direttore del Centro di Medicina del sonno, Università di Parma

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