Leucemia linfoblastica acuta, l’efficacia dei monoclonali

Che tipo di malattia è e come si affronta la leucemia linfoblastica acuta?

La leucemia linfoblastica acuta dell’adulto è una rara forma di tumore ematologico e del midollo osseo. La remissione completa duratura è l’obiettivo della terapia, poiché significa che non c’è più traccia di malattia. I parametri che vengono presi in considerazione sono: la normalizzazione dell’emocromo, l’esame del midollo osseo per confermare l’assenza di malattia e il benessere complessivo del paziente. Oggi, il primo approccio terapeutico per i pazienti fino a 40-50 anni è la chemioterapia intensiva iniziale con 4-5 farmaci, esattamente come viene utilizzata in età pediatrica. È un regime piuttosto forte, ma ben tollerato e porta alla remissione nel 90% dei casi. I maggiori progressi degli ultimi 15 anni riguardano proprio il cercare di applicare, con alcune modifiche, i regimi terapeutici per i bambini agli adulti. Questo prevede di verificare, dopo il trattamento iniziale e i primi cicli di consolidamento della remissione, altrettanto intensivi e con diversi altri farmaci, la presenza di MRD. Di norma il 90% dei pazienti è in remissione e di questi la metà è remissione MRD negativa, valore che raggiunge il 75% dopo i cicli di consolidamento. Questo è un indicatore prognostico molto importante perché significa, con la sola chemioterapia, una probabilità di guarire anche superiore al 70%. Diversamente, i pazienti che risultano MRD positivi e/o esprimono una genetica di malattia ad alto rischio, vengono sottoposti, oltre a ulteriori cicli di chemioterapia, anche al trapianto di midollo/cellule staminali da donatore allogenico. Inoltre, di prassi, tutti i pazienti ricevono un trattamento profilattico del sistema nervoso centrale mediante la somministrazione di chemioterapici tramite punture lombari medicate, per evitare che si possa verificare una ripresa di malattia a livello meningeo, la meningite leucemica. È una terapia a 360 gradi che dura più di sei mesi, oltre a due anni di mantenimento a basse dosi nei pazienti non trapiantati, e che porta nei pazienti fino a 40 anni a una sopravvivenza globale intorno al 70%. Per i pazienti che per le loro caratteristiche possono essere sottoposti a trapianto allogenico, il controllo della MRD si attua grazie all’azione dei linfociti del donatore, di fatto un marcato effetto immunoterapeutico. Negli ultimi dieci anni l’immunoterapia praticabile con l’impiego di anticorpi monoclonali ha avuto uno sviluppo incredibile. Inizialmente è stata utilizzata nei pazienti con recidiva di malattia o resistenti dopo chemioterapia o trapianto, ma visti gli importanti risultati si è cominciato a pensare di utilizzarla in prima linea.

Renato Bassan, direttore ematologia Ulss 3 Venezia, ospedale Dell’Angelo Venezia Mestre

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Acari della faccia, terapie complesse

Ho delle antiestetiche croste in faccia. Il medico di base ha ipotizzato siano causate dall’acaro demodex. Esistono delle cure?

Il suo medico ha probabilmente ragione anche se una diagnosi di certezza può essere effettuata solo dallo specialista dermatologo. Il demodex folliculorum è un saprofita dei follicoli del viso, come pieghe naso - geniene, mento, guance e attaccatura dei capelli. Fa parte del fisiologico microbioma cutaneo di tutti gli individui, ma in alcune persone può proliferare scatenando reazioni infiammatorie che si manifestano con dermatiti di varia natura. In breve il demodex è considerato uno degli attori più importanti nella patogenesi della rosacea pustolosa, di forme di blefarite e di dermatite periorale. con un meccanismo però ancora non del tutto chiaro. Basandosi sulla teoria patogenetica per controllare queste manifestazioni si possono utilizzare farmaci topici a base di Metronidazolo, acido azelaico o tetracicline per bocca, oltre a vari prodotti specifici detergenti e lenitivi. Tutti questi farmaci sono comunque di stretta pertinenza specialistica, non essendo scevri di effetti collaterali, e andranno quindi prescritti dal dermatologo.

Giuseppe Fumo, medico specialista in Dermatologia

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Mangiare in vacanza, senza troppo stress

Come stare in forma quando si è in vacanza?

Stare a dieta mentre si è in vacanza è una grande sfida. Da un lato, c’è la volontà di mantenere i risultati tanto sudati per arrivare alla prova costume in forma. Dall’altro c’è la voglia di rilassarsi e non pensare a nulla, concedersi delle sfiziosità e approfittare del fatto che una volta all’anno non tocca a noi cucinare. È certo, la dieta in vacanza è difficile e le ferie sono fatte per staccare la spina, ma ci sono alcuni accorgimenti per non ritrovarsi, al ritorno, con degli spiacevoli chili in più. Può essere una buona strategia concedersi un pasto libero, preferibilmente un piatto tipico o un peccato di gola con il sorriso ma evitando di strafare abbuffandosi. A pranzo è giusto cercare di mangiare qualcosa di leggero evitando di saltare pasti e spuntini perché vi ritroverete quasi sicuramente a recuperare con gli interessi nel pasto successivo. Completa il vademecum estivo l’assidua frequentazione dei i nostri migliori alleati, frutta e verdura, che devono sempre essere presenti.

Pietro Senette, nutrizionista e ricercatore

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Tumore al seno, cure rivoluzionarie

Qualche tempo fa avete parlato di nuove cure mediche per il tumore della mammella. Di cosa si tratta?

Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nel nostro Paese con addirittura 55mila nuove diagnosi ogni anno. Attualmente è in corso una vera rivoluzione nella terapia, basata su cure sempre più mirate ed efficaci. Si sta delineando infatti un nuovo sottotipo, cioè con bassa espressione della proteina HER2, che ha importanti conseguenze terapeutiche, perché può ridefinire la cura per circa la metà delle pazienti colpite dalla malattia metastatica, oggi non trattate con terapie mirate perché considerate HER2 negative. Nello studio Destiny-Breast04, trastuzumab deruxtecan, un nuovo anticorpo coniugato, cioè una molecola che nasce dall’unione di un anticorpo monoclonale con la chemioterapia, ha dimostrato una riduzione del 49% del rischio di progressione della malattia o di morte rispetto alla chemioterapia proprio in pazienti con bassa espressione di HER2.

Saverio Cinieri, presidente Associazione Italiana Oncologia medica

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