Le tre lettere che compongono l’acronimo Dsa indicano i Disturbi specifici di apprendimento, ovvero la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia. Con il primo termine si indica un disturbo nella lettura intesa come abilità di decodifica del testo; il disturbo nella scrittura intesa come abilità di codifica fonografica e competenza ortografica è la disortografia. Il disturbo relativo all’abilità grafo-motoria prende il nome di disgrafia, mentre la discalculia è il disturbo nelle abilità di numero e calcolo intese come capacità di comprendere e operare con i numeri.

I dati e l’approccio istituzionale

Secondo le ricerche più accreditate condotte a livello istituzionale, i Disturbi specifici di apprendimento sono di origine neurobiologica e, allo stesso tempo, hanno una matrice evolutiva e si mostrano come un’atipia dello sviluppo, modificabili attraverso interventi mirati.

La Legge 8 ottobre 2010, n.170 riconosce i Dsa e stabilisce che, agli alunni e agli studenti che vivono questa condizione, debba essere garantito il diritto allo studio sancito dalla Costituzione italiana. Per raggiungere questo obiettivo, vengono messe in campo molteplici iniziative promosse dal ministero dell’Istruzione e del merito (già Miur, ministero dell’Istruzione, università e ricerca). Il quale ha comunicato i dati relativi a un’indagine condotta nel 2019, quando i bambini e i ragazzi che hanno avuto una diagnosi certificata di Dsa erano 298.114 e rappresentavano il 4,9% della popolazione scolastica. Si tratta di un dato quintuplicato rispetto al 2010, quando la percentuale era al di sotto dell’1%.

A fronte di questi dati, lo scorso anno sono state introdotte nuove Linee guida - promosse dall’Associazione italiana dislessia e coordinate da un’apposita commissione composta da esperti di diverse società scientifiche - per integrare e aggiornare quelle che erano state introdotte con la legge 170 del 2010. Si tiene conto di una serie di fattori anche di natura ambientale e sociale, come le famiglie che possiedono una lingua di origine diversa da quella italiana. Occorre inoltre, secondo l’Aid, “quantificare l’effetto, chiaramente peggiorativo, che la pandemia da Covid-19 ha avuto su questa problematica”.

I segnali che si devono cogliere

Se è vero che i Disturbi specifici di apprendimento vengono diagnosticati e certificati solamente in età scolare, ci sono alcuni campanelli d’allarme che i genitori possono cogliere già prima che il proprio figlio o la propria figlia inizi il percorso scolastico alla scuola primaria. Tra questi, il ritardo nell’imparare a parlare; la difficoltà sia nell’imparare nuove parole sia nel pronunciare quelle più lunghe e complesse, mostrando difficoltà nel riconoscerle; difficoltà nel ricordare oggetti o elementi in ordine; poca coordinazione nei movimenti e difficoltà nello svolgere alcune abilità manuali come, per esempio, allacciarsi le scarpe. Crescendo, i bambini con Dsa mostrano difficoltà a esprimere verbalmente ciò che pensano, a comprendere un testo e a riassumerlo, a leggere e scrivere correttamente (per esempio, confondono alcuni fonemi e invertono le cifre dei numeri doppi), a collocare gli eventi dal punto di vista temporale (i giorni della settimana, la sequenza ieri-oggi-domani, i mesi dell’anno).

In caso di sospetto di condizione Dsa, l’avvio del percorso diagnostico può avvenire solo a seguito di un periodo di osservazione dell’alunno da parte dei docenti: il periodo non deve essere inferiore ai sei mesi, non può avvenire prima del secondo quadrimestre della seconda classe della scuola primaria e deve essere successivo all’attivazione di interventi di potenziamento didattico-educativi e di recupero delle possibili difficoltà di apprendimento. A quel punto, l’istituto produce la “Scheda di collaborazione scuola e famiglia” che contiene la descrizione delle abilità scolastiche dell’alunno; il documento deve quindi essere presentato all’Asl che, attraverso il Gdsap (Gruppo disturbi specifici di apprendimento), entro sei mesi rilascia la formulazione e certificazione della diagnosi che la famiglia consegna alla scuola. Ogni regione si può anche avvalere di strutture private abilitate al rilascio di questa certificazione, a seguito di  esami medici specialistici. 

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Strategie in atto a tutela dello studio

I Disturbi specifici dell'apprendimento "coinvolgono uno specifico dominio di abilità, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Essi infatti interessano le competenze strumentali degli apprendimenti scolastici", come spiegato dalla Consensus Conference dell'Istituto superiore di Sanità. È dunque evidente quanto sia fondamentale il ruolo della scuola, in diverse fasi: dal monitoraggio dello studente al rilascio della dichiarazione che dà il via all'iter di certificazione dei Dsa, fino ai percorsi stabiliti dalle Linee guida. Le quali evidenziano, per esempio, l'importanza di coniugare la didattica individualizzata con quella personalizzata: la somma di questi due approcci rappresenta "la condizione migliore per l'alunno e lo studente con Dsa, permettendogli di raggiungere un apprendimento significativo", come si legge proprio in esse.

I punti cardine della Legge n.170

Le Linee guida - contenute nella Legge del 2010 e che sono state aggiornate e integrate nel 2022 - stabiliscono anche l'obbligatorietà del Piano didattico personalizzato, predisposto dal consiglio di classe e relativo alle discipline coinvolte nel disturbo; quest'ultimo contiene poi l'insieme delle attività che i docenti intendono attuare e attivare entro il primo trimestre, secondo le forme che ritengono più idonee. All'interno del Piano sono, per esempio, indicati gli strumenti compensativi - didattici e tecnologici - che il corpo docente intende utilizzare con gli studenti che presentano Dsa: la sintesi vocale (che trasforma un compito di lettura in un compito di ascolto); il registratore (che evita allo studente di prendere appunti); i programmi di video scrittura con correttore ortografico; la calcolatrice; mappe e tabelle. Questi strumenti vengono adotatti a seconda del disturbo - dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia - presentato dallo studente; si diversificano inoltre a seconda del grado di istituzione scolastica che il bambino o il ragazzo frequenta (si pensi, per esempio, a interrogazioni programmate o all'utilizzo del vocabolario). Il documento evidenzia inoltre le misure dispensative, cioè "gli interventi che consentono all'alunno o allo studente di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose  e che non migliorano l'apprendimento", come riportato dalle Linee guida. Un altro aspetto preso in considerazione da queste ultime sono le tempistiche di elaborazione di un compito: un alunno o uno studente con disturbi specifici di apprendimento ha a disposizione un tempo aggiuntivo pari al 30%.

La Legge del 2010, garantendo il diritto allo studio anche ai soggetti con Dsa, ingloba ovviamente anche gli studenti universitari. Gli atenei sono quindi tenuti a prevedere servizi specifici in tal senso, come l'utilizzo di tutor specializzati e la consulenza per l'organizzazione delle attività di studio. Affinché quanto stabilito dalla normativa risulti realmente efficace, dando la possibilità allo studente di raggiungere comunque gli obiettivi di apprendimento, sono fondamentali due aspetti. Il primo è una sinergia tra insegnanti e genitori. Il secondo è che la gestione e la programmazione non siano in capo solo a qualche docente, ma frutto di una partecipazione di tutto il consiglio di classe. Per garantire una didattica realmente formativa e inclusiva, non dovrebbero esserci più di due alunni con Dsa o disabilità in classi di 20 alunni.

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Le prove Invalsi

Nel 1999, su proposta dell'allora ministro della Pubblica istruzione, dell'università, della ricerca scientifica e tecnologica Luigi Berlinguer, fu creato l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, meglio noto come Invalsi. Nel 2007 sono state introdotte le prove attraverso le quali la scuola italiana valuta il grado di preparazione degli alunni della scuola primaria e degli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado in italiano, matematica, inglese e cultura generale. Le prove sono considerate obbligatorie: in caso di assenza si deve recuperare con la sessione supplettiva e costituiscono la conditio sine qua non per essere ammessi agli esami di fine ciclo della scuola secondaria di primo grado (di terza media) e di maturità. Il risultato delle prove non fa comunque media con i voti scolastici, in quanto esse non sono soggette a voti né a punteggi e non incidono in alcun modo sulla valutazione finale dell'esame. L'Invalsi ha predisposto le prove nazionali standardizzate anche per l'anno scolastico in corso, tenendo conto degli studenti e degli alunni che presentano Disturbi specifici d'apprendimento.

L'uso di strumenti compensativi

Le persone con Dsa devono partecipare alle prove Invalsi, ma per lo svolgimento delle stesse il consiglio di classe può predisporre adeguati strumenti compensativi coerenti con il piano didattico personalizzato e con i quali si ha familiarità in quanto già utilizzati nel corso dell'anno scolastico: dizionario, calcolatrice, donatore di voce per l'ascolto individuale in audio-cuffia. Tuttavia, il loro uso non deve pregiudicare la validità delle prove scritte. Inoltre, è possibile che studenti e alunni con Dsa usufruiscano di tempi più lunghi per la compilazione delle prove, in genere un quarto d'ora per ciascuna prova Invalsi. Queste misure si applicano solamente alle persone con Dsa e Bisogni educativi speciali (Bes) certificati.

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