Cosa intendiamo dire quando parliamo di diritto alla salute? La riflessione, dati ed evidenze alla mano, da un medico cagliaritano, che analizza lo stato della medicina moderna fra nuove cure, tecnologie a disposizione e big data, con un focus su quanto ad oggi è stato fatto e sul percorso ancora da compiere.

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Il punto da cui partire è anzitutto interrogarci se è mai maturata nella nostra società la convinzione, che l'evidenza scientifica ha reso evidente da tanti anni, che diritto alla salute vuol dire in primo luogo diritto a conservare un buon stato di salute senza malattie.

Purtroppo diritto alla salute nella vulgata di tutti è il diritto ad accedere alle cure, agli ospedali, ai farmaci, agli specialisti, gratuitamente. Di conseguenza, ignorando ciò che noi medici diciamo da sempre, la sanità è ancora tutta orientata alla cura delle malattie dopo che si sono manifestate. I medici di medicina generale si occupano prevalentemente di formulare una diagnosi, di proporre esami di approfondimento, di consigliare una visita specialistica o un ricovero ospedaliero per malattie che, non solo quelle cardiovascolari, spesso si sono già manifestate.

VISITE ANCHE SE IN BUONA SALUTE - Non è nei loro compiti visitare persone in buona salute; fare un esame obbiettivo che ne testimoni il benessere o le patologie presenti; mantenere un contatto col proprio paziente per visite periodiche successive. In linea di massima non dispongono di una cartella clinica, ma più spesso di schede che riportano gli esami, le consulenze fatte quando lo stato di salute si è compromesso.

Ma l’offerta di cure continua ad espandersi. Dopo i poliambulatori vengono attivate "Le case della salute" che dovrebbero accompagnare i pazienti più fragili nel loro percorso di cura e riabilitazione.

Spesso in questa offerta sanitaria il paziente viene "spezzettato" da ciascuno specialista. Servirebbe un titolare della salute del paziente, un medico che si assuma la responsabilità di "governare" i processi clinici dei vari specialisti e di prendere le decisioni avendo una visione globale della persona che ha in cura.

Ma ci sono altri dati da prendere in considerazione e derivano da casistiche raccolte dalla attività di diversi reparti e non dalle schede di dimissione ospedaliera.

Sono dati non raccolti sistematicamente e quindi parziali, ma che comunque ci possono far vedere come sia ampio il campo della prevenzione che dobbiamo coprire per ridurre quelle che si chiamano morti precoci.

Si fa riferimento perciò agli interventi chirurgici per stenosi della carotide, per aneurismi dell’aorta, per by-pass aorto coronarico ed ai trattamenti di rivascolarizzazione che si avvalgono di tecniche di angiografia interventistica per curare, nel loro insieme, patologie cardiovascolari. A tutto ciò dobbiamo aggiungere le patologie vascolari del sistema nervoso centrale, cioè gli ictus e patologie non cardiovascolari, ma che hanno bisogno anch'esse di un progetto di prevenzione, cioè le fratture degli anziani.

CULTURA E CONSAPEVOLEZZA - La strada da percorrere è lunga, ma il percorso da fare è chiaro. Molte malattie, le malattie cardiovascolari che costituiscono la prima causa di morte, si possono prevenire.

In primo luogo serve la cultura e la consapevolezza ad iniziare dai medici, dalla loro formazione. Poi è necessario che i cittadini diventino consapevoli e protagonisti della loro salute. In questo modo sarà più facile che vadano dal loro medico quando stanno bene per chiedere di essere visitati ed aver consigli su come prevenire queste malattie.

Sarebbe auspicabile che nello studio del loro medico trovassero sempre un infermiere che mantiene aggiornata la loro cartella clinica, che prepari il paziente per la visita e gli consegni un promemoria per la visita successiva perché è necessario tenere sotto controllo i parametri che si modificano con l'età.

La raccolta dei dati clinici di tutti i cittadini potrebbe avvenire nello studio del medico di fiducia, già un punto di riferimento dei cittadini.

Abbiamo bisogno di costruire una cartella clinica ed una raccolta e registrazione dei dati che non può essere fatta solo dai medici. I medici devono saper curare le persone, essere aggiornati, avere tempo per studiare. Lo sbaglio di fare dei medici degli impiegati al computer che fissano appuntamenti, tengono le agende dell'ambulatorio, fanno le richieste degli esami sempre al computer è uno sbaglio che pagheremo caro. Servono esperti di data base sanitari, di statistici e di esperti di Data Mining. Questo è il futuro che dobbiamo costruire. Serve perciò investire molti soldi per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Finora per prevenzione si è intesa quella delle malattie infettive con le vaccinazioni con circa il 5 % della spesa sanitaria. Parlare di costi senza parlare dei benefici certi è un vecchio vizio. Bisogna saper investire in sanità.

E ad ogni modo la scienza economica ci viene in soccorso. Non dobbiamo inventare nulla di nuovo.

Abbiamo bisogno di economisti sanitari che lavorino per la sanità. Devono studiare indicatori per valutare i programmi di spesa necessari a fronte degli obbiettivi che vogliamo raggiungere nel tempo. In sintesi, dobbiamo saper spendere ora qualcosa per risparmiare in soldi e salute in futuro.

Antonio Barracca - (Medico specialista - già dirigente ospedaliero - Cagliari)

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