Una nuova "carica" di pazienti sempre più giovani affetti da Covid-19 e con un quadro clinico iniziale già molto serio.

Cambiano le caratteristiche dei soggetti colpiti dal virus Sars-Cov-2 e l'età risulta essere un elemento preoccupante.

È la situazione descritta da Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana malattie infettive (Simit) e professore associato di Malattie Infettive all'Università di Roma Tor Vergata.

"Oggi, circa il 25% dei pazienti ospedalizzati è costituito da 40-60enni - spiega - una percentuale di gran lunga maggiore rispetto alle scorse ondate pandemiche".

"Riaprire quasi tutto, in queste condizioni - avverte - sarebbe come gettare benzina sul fuoco".

"Nella prima ondata pandemica, ma pure dopo - spiega Andreoni, anche primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata - i pazienti che vedevamo in percentuale maggiore erano soggetti di età superiore agli 80 anni. Ora il quadro è abbastanza cambiato, con una percentuale crescente di soggetti molto più giovani colpiti dal virus e che presentano, spesso sin dall'inizio della malattia, un quadro già piuttosto serio. Hanno in generale tra i 40 e 60 anni, ma non mancano casi in età ancora inferiore".

L'elemento dell'abbassamento dell'età, spiega, "preoccupa per vari motivi, anche tenendo conto del fatto che si tratta di una fascia di popolazione in età produttiva".

Ad allarmare è però anche la modalità con la quale la malattia tende a presentarsi in questi pazienti: "In generale, si tratta di soggetti che arrivano in ospedale presentando quadri gravi di insufficienza respiratoria e con una situazione radiologica caratterizzata da parametri un pò modificati rispetto a quelli che eravamo abituati a vedere. Hanno spesso bisogno di un sostegno respiratorio, anche se non sempre necessitano del ricovero in terapia intensiva".

"Sono situazioni che, per questa peculiare fascia d'età, fino a poche settimane fa si riscontravano molto più raramente", conclude l'esperto.

(Unioneonline/v.l.)
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