Quando ci si rivolge al proprio medico curante perché si sospetta di avere un’allergia, sarà lui a indirizzare il paziente verso gli specialisti giusti. E, quasi certamente, scatterà la prescrizione dei “prick test”, i test allergici più diffusi. Di cosa si tratta?

I prick test

I prick test sono degli esami cutanei per il controllo delle reazioni allergiche a diversi tipi di sostanze: non solo pollini, ma anche alimenti, veleno di insetti, polvere, acari, peli di animali e farmaci.

Sul corpo del paziente vengono applicate piccole quantità di allergene, favorendone la penetrazione nella pelle con dei piccoli aghi sterili, provocando così una puntura quasi impercettibile. Se si verifica un’eruzione cutanea -  come ad esempio rash o chiazze rosse - il paziente è allergico a quella determinata sostanza. Non sempre però si ha una certezza completa: c’è sempre la possibilità di una falsa positività. La diagnosi consente però di pianificare eventuali interventi terapeutici per provare a desensibilizzare il paziente nei confronti degli allergeni. Il test, condotto in ambulatorio, è semplice e rapido: dura dai 20 ai 40 minuti; in questo periodo viene monitorata l’eventuale reazione cutanea che fa sospettare la presenza dell’allergia. È un test che non presenta rischi e che può essere fatto fin dalla primissima infanzia, anche se prima dei tre anni viene sconsigliato in quanto difficilmente interpretabile, soprattutto per determinate allergie (polvere, latte, uovo, pesce e pollini).

L’immunoterapia

Un trattamento utilizzato spesso per i pazienti che presentano una sola allergia, con sintomi particolarmente forti (come gli attacchi di asma), è l’immunoterapia specifica: questa terapia prolungata si può effettuare sia con iniezioni sottocute sul braccio sia con la somministrazione per via orale di minime dosi degli allergeni principali in dosi crescenti, fino a determinare una tolleranza nei confronti del polline al quale si è allergici.

Si tratta di un metodo fortemente consigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che agisce quasi come un vaccino: una strategia efficace, in grado di modificare la storia patologica del paziente allergico.

Gli altri test

Lo specialista può anche procedere, per scartare i dubbi relativi a un potenziale falso positivo, con le analisi del sangue per le allergie: da un campione possono essere determinati allergeni multipli. Un altro test, effettuato quando si sospetta che una dermatite sia “da contatto”, è il cosiddetto “patch test”. Delle piccole quantità di sostanze vengono posizionate all’interno di piccole celle di plastica o di alluminio adese a un supporto tipo cerotto o patch, applicate sulla cute del paziente e mantenute per 48-72 ore. Esaurito il tempo, il medico provvede alla rimozione del cerotto e a verificare il risultato: durante il test, il paziente può sviluppare un forte prurito e in tal caso è chiamato ad avvisare il medico. Non esiste comunque il rischio di reazioni gravi come lo shock anafilattico. È fondamentale prestare attenzione alla tenuta della patch durante le ore dell’esame: il supporto adesivo non deve staccarsi. Per questo motivo, il paziente deve evitare un’eccessiva sudorazione.

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