Il visitatore che tra un giro e l’altro capita in via Carmine non può che restare colpito dal magnifico edificio, progettato nel XVIII secolo dall’architetto Giuseppe Viana, oggi sede dell’Università. Se per un momento chiude gli occhi, in luogo del vociare dei giovani silenziato dal Covid, come in un sogno può farsi trasportare da lento e solenne salmodiare dei frati. La pandemia ha annullato la verve universitaria ma non la sua funzione, l’attività e la formazione che Consorzio Uno ha garantito nei 25 anni di presenza. Era il 1996 quando il progetto tra Regione e Provincia per la costituzione del Consorzio, con l’adesione di Camera di commercio, Associazione degli industriali, del Commercio e dei Servizi e altri privati, si mette in moto. Allora gli studenti non superavano i 30, oggi sono 650.

Le proposte

Il Consorzio Uno che nasce «per promuovere e diffondere la cultura universitaria nell’area oristanese», negli anni si indirizza in particolare sui corsi riguardanti i beni culturali, il turismo e l’industria agroalimentare. Legati quindi «ai valori sociali ed economici non solo dell’Oristanese ma della Sardegna». Gian Valerio Sanna, ex assessore regionale e presidente del Consorzio Uno, ricorda che l’idea di far nascere i poli universitari a Nuoro e Oristano risale nientemeno che alla commissione di inchiesta Medici nata nel 1960 come antidoto alla criminalità. Solo negli anni ’90 la proposta prese corpo. «Dopo 25 anni occorre un ripensamento che prefiguri scenari avanzati legati e norme regionali per un’Università diffusa. Ovvero Cagliari e Sassari capisaldi di ieri e domani con le sedi periferiche di Nuoro, Oristano e le altre che la Regione vorrà per fare un tutt’uno. Senza quindi dover più attendere la solita delibera annuale con l’immancabile provvisorietà», aggiunge Gian Valerio Sanna.

I corsi

In attesa, il Consorzio Uno, che per gli oristanesi è Università, procede spedito. Francesco Asquer, 55 anni, di Cagliari, direttore generale: «Nonostante i due anni di pandemia, la presenza nelle forme imposte è stata assicurata con sei corsi di studi». Questi, per conseguire la laurea di I livello in “Economia e gestione dei servizi turistici”, “Biotecnologie industriali e ambientali”, “Tecnologie alimentari”, “Viticoltura ed enologia” che prepara anche alla professione di enologo. Il corso di “Qualità e sicurezza dei prodotti alimentari” che si conclude con la laurea magistrale di II livello e infine la “Scuola di specializzazione in beni archeologici «che ha come obiettivo la formazione di specialisti nel settore della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e archeologico». «I corsi di Enologia e Servizi turistici sono quelli più partecipati, di grande interesse anche la scuola di specializzazione in beni archeologici», precisa il direttore.

Il cambiamento

Negli anni i corsi di “diploma universitari” vengono trasformati in corsi di laurea triennale. Viene chiuso il corso di Economia e Amministrazione delle imprese e si passa ai Beni culturali e archeologici, Archeologia subacquea, Enologia, Biotecnologie. «Nel corso degli anni, 1208 studenti hanno conseguito la laurea triennale, 11 la specialistica, 5 la magistrale, 78 il diploma universitario e 137 il diploma di specializzazione», precisa ancora il direttore Francesco Asquer. All’Università di Oristano non guarda solo la provincia ma tre quarti della Sardegna la trova interessante per la formazione e le possibilità di trovare un’occupazione. Lo dicono i numeri e le zone di provenienza degli studenti. Il 60 per cento arriva da fuori provincia. «Il Medio Campidano e i paesi serviti dalla ferrovia, in particolare. Una parte arriva anche dal Nuorese, pochi da Cagliari e Sassari ma è normale data la presenza delle due Università», sottolinea Asquer. Occupazione. «Ottima per i laureati in Viticoltura ed enologia, tenendo presente che questo di Oristano è l’unico corso del genere in Sardegna». Oristano e l’Università, due corpi e un’anima. 

Antonio Masala

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