«Vincerà a mani basse la parte più estrema del centrodestra, con un però: dopo vedremo se riuscirà a formare un governo e, soprattutto, a tenerlo in piedi». La senatrice Elvira Evangelista conta sul fatto che non sarà così: «È una destra sovranista, estrema, conservatrice», scandisce la senatrice 54enne nuorese, eletta fra i Cinquestelle con i quali ha però rotto a inizio anno, e ora in Italia Viva con Matteo Renzi: «La destra al potere causerebbe subito diversi problemi a livello nazionale e internazionale». Avvocata cassazionista, 54 anni, mai prima in cariche elettive ma attiva nel campo dei diritti civili, Evangelista sa che, con la candidatura al secondo posto nel Terzo polo (Iv e Calenda) nel collegio unico sardo per il Senato, assai difficilmente potrà spuntare un secondo mandato: «La mia è una candidatura di servizio, e mi impegno molto per Italia Viva in questa campagna elettorale. Difficile conquistare un seggio, con la riduzione del numero dei parlamentari e questa legge elettorale, ma anche alle precedenti elezioni ero seconda in lista e M5S nel mio collegio prese 52mila voti, e fui eletta. Vedremo tutto domenica al voto».

Che vi vedrà prendere quale percentuale?

«Allora, se parliamo di dato nazionale, aspiriamo al 10-12%».

E in Sardegna?

«Ah, questa è un’incognita. Mi piacerebbe avere lo stesso dato che auspico a livello nazionale, il che consentirebbe di eleggere alla Camera il capolista e forse anche un secondo candidato. Il fatto è che, per le tendenze che ci sono, l’Isola non può essere assimilata né al Nord né al Sud, e poi qui come altrove non si capisce quanto stia crescendo il Movimento Cinquestelle, che anche stavolta lo sta facendo a scapito del voto per il Pd, senza intaccare le preferenze per il centrodestra. E poi non si è in grado di capire come andrà la Lega, e nemmeno Fratelli d’Italia».

A proposito di Cinquestelle, perché lei ha rotto col movimento, in gennaio?

«Perché ero stata eletta in un movimento antisistema e in un certo senso rivoluzionario, poi mi sono ritrovata in un partito vero e proprio spostato sulla sinistra radicale, soprattutto se si parla di temi come la giustizia, di cui ero vicepresidente di commissione. Infine, ho visto M5s diventare il partito di Conte. A quel punto, ho fatto le valigie e sono andata a Italia viva».

Senza rimpianti.

«Con molti rimpianti, ma per la deriva presa dal Movimento, non per me che cercavo e cerco coerenza. Io vengo dalle aule di giustizia, quindi svolgevo già una funzione sociale, e mi ero occupata di tanti temi come la scuola e il ruolo delle donne. Per questo, ero entrata come attivista in M5s, salvo uscirne quando è diventato qualcos’altro».

Quali sono i temi sardi su cui Iv s’impegnerà?

«Certamente riempire di contenuti il principio d’insularità inserito in Costituzione, una vittoria in cui tutti abbiamo contribuito in Sardegna e nelle altre isole, ma che ora dev’essere declinato con leggi e decreti che ci consentano di colmare molti gap infrastrutturali, soprattutto nei trasporti e nella giustizia».

La Sanità è regionale.

«D’accordo, ma a livello nazionale si può fare tanto, a partire dagli investimenti per macchinari e strutture. E poi, e questo è un problema del Paese ma che nell’Isola si avverte di più, bisogna sedersi attorno a un tavolo e rendere assai meno severo il numero programmato nelle facoltà di Medicina. Anche se, in realtà, il problema riguarda più le scuole di specializzazione, per le quali riconosco che la Regione ha fatto molto, ma si deve fare di più. A meno che non decidiamo che i medici non servano più».

E poi c’è il nodo dei trasporti.

«Anche interni, non soltanto legati alla continuità territoriale per quanto riguarda gli aerei. In Commissione, al Senato, ho fatto interpellanze e osservazioni sul programma di Rfi, cioè Reti ferroviarie italiane, soprattutto sull’assenza di binari statali lungo la costa est. Rfi aveva mostrato una certa apertura, a patto però di collegare la dorsale ovest con quella est senza scartamento ridotto da Nuoro a Macomer, però ha posto un problema di rapporto tra costi e benefici. Ma non tutto deve convenire economicamente subito, quando si parla di infrastrutture».

E poi?

«E poi Conte, con Salvini e Forza Italia, sul più bello ha portato alle dimissioni il premier Draghi e alle elezioni anticipate. E addio alla trattativa con Rfi: abbiamo perso condizioni favorevoli che, forse, non si ripresenteranno più».

Quindi, non votare la fiducia a Draghi è stato un errore?

«È stata un’operazione molto grave iniziata con una provocazione dei Cinquestelle, che cercavano da mesi un incidente parlamentare per mandarci alle urne e capitalizzare il consenso di Conte. Ci avevano provato col termovalorizzatore di Roma, ma non era bastato, allora ci hanno riprovato con le armi all’Ucraina, intanto Di Maio si è portato via sessanta parlamentari. A quel punto, con l’aiuto di Lega e Forza Italia, hanno creato l’incidente sulla fiducia per andare al voto subito, prima che il consenso scendesse. Ed eccoci qui, ai seggi, in anticipo durante una guerra, una crisi economica e alimentare causata dal conflitto. Pessimo affare, soprattutto per i sardi».

Luigi Almiento

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