Il Pd di Emanuele Cani - il Pd ideale, quello che il segretario regionale vuole costruire - prende posizione e fa opposizione. Alla Giunta Solinas, ovviamente: "In poco meno di un anno - dice Cani - l'esecutivo ha lavorato soprattutto per stabilizzare e pacificare, attraverso meccanismi di gestione del potere, una maggioranza consiliare molto articolata. Non vedo alcuna riforma strutturale per la Sardegna, solo annunci".

C'è chi dice che non si vede neanche una forte opposizione.

"Io registro una presenza molto netta dei nostri consiglieri regionali su alcuni temi forti: sulla continuità territoriale, per esempio, condivido la richiesta di accesso agli atti del carteggio Regione-Ue, per costringere la Giunta a fare chiarezza. Però, certo, il Pd dovrà essere ancora più propositivo su varie questioni".

Quali?

"In sintesi, quelle legate al grande tema dell'insularità, che è ritornato centrale nel dibattito politico ed è molto sentito dai nostri militanti. E non riguarda solo i trasporti ma, per dirne una, l'energia. Io penso che ora il partito debba pronunciarsi in maniera chiara, e dire che la dorsale del metano dev'essere realizzata".

Ma a Roma siete alleati col M5S, che è contrario.

"Considero sbagliata quella posizione. Invito i rappresentanti sardi dei 5Stelle a rivederla, per il bene dell'Isola".

Lei aveva ipotizzato di collaborare col M5S anche in Sardegna, ma l'idea finora non sta facendo presa.

"No, è vero. Io confermo che ritengo difficile governare il Paese con un altro soggetto politico senza provare a costruire qualcosa di più stabile. Ma oggi, in Sardegna, non mi sembra che ci siano le condizioni. Noi comunque siamo concentrati sul nostro percorso congressuale, che dovrà rilanciare la proposta politica del Pd".

E come si può rilanciare?

"Io ritengo sempre più urgente approfondire il tema di una maggiore caratterizzazione autonoma e identitaria del Pd in Sardegna".

Sono decenni che si parla di un partito federato col vertice romano, ma non si è mai fatto.

"Perché abbiamo avuto poco coraggio. Il partito avrebbe dovuto spingersi un po' più in là. Valorizzare la nostra dimensione regionale aiuterebbe anche a recuperare una relazione, che oggi si è persa, con le forze identitarie".

Spesso i congressi del Pd consistono nelle sole primarie per la leadership. Anche stavolta?

"Penso anch'io che non possiamo limitarci a votare il segretario e l'assemblea regionale. Abbiamo avviato un percorso diverso, partendo dalla discussione nei circoli per elaborare idee da confrontare nel congresso".

Discussione su cosa?

"Sui grandi temi che riguardano la nostra regione, come quelli citati prima, rispetto ai quali intendiamo calibrare proposte precise".

Discuterete anche della proposta di rinnovamento del Pd lanciata da Zingaretti?

"Di sicuro. Dobbiamo cercare nuove forme di apertura alla società e di partecipazione alle scelte del partito".

Siete diventati troppo, ai vari livelli, il partito degli eletti?

"Sì, è una questione che ho denunciato più volte. Bisogna ridare centralità alla nostra comunità democratica".

È vero che ci sono state tensioni tra lei e il gruppo in Consiglio regionale?

"Nessuna tensione particolare, c'è sempre da regolare il rapporto tra il partito, che esprime il progetto politico, e chi rappresenta i cittadini nelle istituzioni. Io per esempio non ho gradito che molti componenti della segreteria di Zingaretti siano passati al governo. E al livello regionale è sbagliato pensare che il segretario debba avere per forza una corsia privilegiata per arrivare in Parlamento".

È accaduto spesso.

"Sì, ma stavolta dovremmo evitarlo. Fare il segretario regionale ha un grande valore, come fare il consigliere regionale o il parlamentare. Non dev'essere un trampolino".

Ma lei è in corsa per guidare ancora il Pd sardo?

"La priorità è costruire un progetto forte. Io voglio contribuire a creare una gestione unitaria, provando a trovare un leader che possa rappresentare tutto il partito".

Cioè sogna un congresso senza conta alle primarie?

"Il sogno è un partito in cui si ragiona molto dei contenuti, e poi si prova a individuare una figura condivisa".

Difficile, in un partito spesso lacerato dalla lotta tra correnti.

"Però se c'è una cosa di cui sono orgoglioso degli ultimi quindici mesi è che si sia parlato poco di correnti e conflitti. Le ultime assemblee le abbiamo sempre chiuse unitariamente, si è visto un partito più coeso".

Quindi il correntismo è una malattia da cui state guarendo?

"Questo non lo so, ma se ne parla meno. Ora dobbiamo proseguire in questo processo di pacificazione".

Forse sono venute meno alcune contrapposizioni personali.

"In parte. Ma c'è anche più consapevolezza del fatto che, in una fase di difficoltà, con le questioni personali bisogna un po' smetterla".

Giuseppe Meloni

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