Dal Quirinale stop a Di Maio: voto a giugno impossibile. Il dilemma di Salvini
Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Dal Quirinale gelo e silenzio, dopo l'intervista di Renzi e il video di Di Maio che mettono una pietra tombale sul dialogo che pareva avviato tra Pd e M5S.
La strada per Mattarella si fa sempre più stretta, e il Capo dello Stato già oggi ha lanciato un segnale ai partiti, nel corso delle celebrazioni della Festa dei Lavoratori ("Non mancano difficoltà, tuttavia dove c'è il senso di un destino da condividere, dove si riesce ancora a distinguere il bene comune dai molteplici interessi di parte, il Paese può andare incontro con fiducia al proprio domani"), ma non parlerà almeno fino a venerdì.
Aspetterà la direzione del Pd Mattarella, nell'auspicio che dalla conta interna ai dem (al cui interno lo scontro si fa sempre più aspro) esca fuori una decisione definitiva, una posizione chiara sul dialogo con i pentastellati.
Ma una cosa è certa, la soluzione proposta da Di Maio - il voto a giugno - non è percorribile. Per una questione di tempi tecnici, visto che le procedure per il voto all'estero richiedono un preavviso di almeno due mesi.
Dunque se ne riparlerebbe in autunno, le prime date utili sono a settembre. In piena sessione di bilancio, quando bisognerà disinnescare le clausole di salvaguardia che prevedono l'aumento automatico dell'Iva.
Neanche questa soluzione piace al Colle, anche per un altro, semplice motivo: tornando alle urne con questa legge elettorale si potrebbe riproporre lo stallo che l'Italia vive ormai da due mesi scarsi.
Restano come ipotesi l'accordo Lega-M5S, il governo di minoranza del centrodestra, chiesto a gran voce da Forza Italia e Fdi, un po' più timidamente dalla Lega, e l'appello lanciato da Renzi nel corso dell'intervista a Fabio Fazio. Ovvero un governo di tutti per cambiare le regole del gioco - Costituzione e legge elettorale - e poi tornare alle urne. Un esecutivo che nascerebbe sotto la regia del Colle e che servirebbe per traghettare il Paese verso acque meno agitate.
SALVINI A UN BIVIO - Un'altra incognita è la posizione di Matteo Salvini, forte della schiacciante vittoria leghista in Friuli, dove Fedriga ha ottenuto la presidenza con il 57% dei voti e la Lega ha triplicato Forza Italia. Il leader leghista si è limitato a mostrare - via social - un due di picche a Di Maio e non ha ancora risposto all'appello a tornare al voto del capo politico pentastellato. Salvini si trova di fronte a un bivio, è arrivato il momento di prendere decisioni per troppo tempo rinviate.
Archiviate le regionali e cannibalizzata Forza Italia, il leghista potrebbe anche staccarsi da Berlusconi e realizzare il sogno di Di Maio, un governo Lega-M5S. Ma gli converrebbe fare il numero due del pentastellato quando può essere numero uno? E quando, anche tornando alle urne, alla luce degli ultimi risultati in Molise e Friuli, sarebbe il grande favorito? Nella serata di ieri la Lega in un comunicato ha lanciato un nuovo appello alle altre forze politiche - escluso il Pd - per formare un governo centrodestra-M5S che faccia il bene del Paese. Segno che - nonostante l'hastag #andiamoagovernare - Salvini ha paura di bruciarsi, ovvero di ricevere l'incarico da Mattarella e non riuscire a raggiungere i numeri per la fiducia. Nel caso, c'è sempre la carta Giorgetti, il volto moderato della Lega buono per tutte le stagioni. E per tutte le coalizioni.
(Unioneonline/L)